Recensione: The Los(t) Angered Sessions

Di Pasquale Ninni e Leonardo Ascatigno - 18 Giugno 2022 - 8:30
The Los(t) Angered Sessions
Band: Anatomy of I
Genere: Death 
Anno: 2022
Nazione:
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72

Talvolta il trascorrere del tempo non scheggia minimamente il ricordo, la nostalgia e il piacere della rimembranza, anzi addirittura ne amplifica valori, vissuto, esperienze e parentesi aperte, ma mai chiuse, che complice il proprio ego, possono essere serrate quando un certo traguardo, o la definizione della propria identità, le rendono fondanti a tal punto da riprenderle, rielaborarle e poi sigillarle.

Questo, in altre e sintetiche parole, hanno fatto gli Anatomy Of I con la loro ultima fatica musicale intitolata The Los(t) Angered Sessions, un album composto da registrazioni lasciate in sospeso dal 2005/2006 allorquando alcune vicissitudini impedirono il completamento delle registrazioni stesse.

Questa volta i tempi sono stati maturi per produrre un disco di alto livello e dall’ascolto che si rivela sempre piacevole data anche, oltre a tutto il resto, la miscellanea presente tra le più diverse influenze tra i generi.

Che la band fosse in grado, in sede di verifica e selezione, di distinguersi per bravura e capacità, lo si era capito sin dagli esordi quando nel loro progetto del debutto avevano messo mano, a mo’ di garanzia, Steve Di Giorgio e Dirk Verbeuren.

La progressive death metal olandese riesce a concepire un lavoro raffinato, curato e maturo e, aspetto da non sottovalutare, in alcuni passaggi davvero originale; così come originale e ipnotica è la cover del disco dove un occhio che avvicina e uno che allontana pongono l’ascoltatore in una sospensione sensoriale che affascina e conferisce un’estensione emozionale, ma che a tratti inquieta.

Mettendo in play il lettore il brano Drowning segna l’inizio del disco. A primo impatto il sound ricorda in molti passaggi Heartwork dei grandissimi Carcass (capolavoro del 1993, ma ancora attualissimo), e cosa ancora più sorprendente è che il timbro vocale di Michael Dorrian (chitarrista, cantante nonché mente della band) si avvicina in maniera davvero incredibile a quello di Jeff Walker (soprattutto per il disco sopracitato).

Sono molto belle e attrative le aperture durante i chorus di Day Of Wrath, davvero ricche di mood e che si alternano a tutta una serie di parti frammentate in struttura (compresa la parte strumentale).

Continuando con l’ascolto ci si imbatte in un intro simil Doom per Vitrified Brain Fragments, lento ma che lascia intendere sorprese in sospensione che arrivaranno durante l’ascolto. Il chorus è molto particolare, a tratti frammentato con giochi di rullante atipici. È notevole lo sforzo che premia la creatività e soprattutto l’originalità di questa, come già scritto in precedenza, progressive death metal band olandese (definizione da loro stessi coniata). Di notevole impatto è il finale, epico e bellissimo.

Banished Messiah ha un riffing thrash metal (a proposito di mescolanze) di incredibile impatto, ostinato fino all’inverosimile. Suonato semplice eppure molto “fresco” e mai banale. Dote dunque da non sottovalutare quella di riuscire a sfornare idee ritmico-melodiche di tutto rispetto pur mantenendosi in zone apparentemente di comfort. La nota un po’ sottotono è un blast beat un po’ fuori contesto nella parte centrale della canzone.

La formazione suona “forte” e vede, oltre a Dorrian, il buon Edwin van den Eeden (ex-Sinister) alla batteria, Erwin Harreman (Supreme Pain) all’altra chitarra e Roderick Ras (Houwitser) al basso.

Malice And Deceit è un pugno nei denti, fast al punto giusto e corrosiva nel drumming. Non certamente la migliore canzone dell’intero disco, ma è godibile e trasuda coerenza stilistica da tutti i fill.

Death old School con punte di Melodic Death per The Creation Of Chaos, qui i riff sono a tratti nordici e il solo centrale è di facile presa per l’ascoltatore, date le indovinate linee melodiche. I break chitarristici sono all’ordine del giorno in questo platter, con un conseguente effetto stancante. Nulla di male, s’intende, fermo restando che il suono secco dei due axe-man contribuisce a rendere il tutto molto brutale e alieno.

C’è anche del Power Metal in The End Of Eternity, almeno calcolando lo start strumentale. Degno di attenzione è lo special strumentale dopo il solo di chitarra.

La violenza sonora si inasprisce sempre più con Hollow Victory, dal riff inziale quasi adolescenziale, ma che si tramuta in corso d’opera in un qualcosa che fa balzare dalla sedia in meniera istantanea e rapida. L’eco della band di Bill Steer è sempre dietro l’angolo, quasi fosse un tributo (dannatamente naturale e affascinante) insomma, magari per il semplice fatto che The Los(t) Angered Sessions non è da intendere esattamente come un nuovo album degli Anatomy Of I, ma piuttosto una tracklist delle prime registrazioni del gruppo rimaste in sospeso dal 2005/2006, come già scritto in apertura.

Nel promo anche due bonus track, ovvero le già presenti Drowning e Banished Messiah con alla voce Rune Ross. Forse non sarà il regalo più originale per i propri fan, ma è un comunque un buon modo per far parlare di sé (per chi scrive la versione originale dei brani sopracitati è tutt’altra cosa).

Un disco assolutamente consigliato per chi ha voglia di ascoltare qualcosa di particolare e ben suonato.

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