Recensione: The Poison Chalice

Di Roberto Castellucci - 19 Settembre 2023 - 9:30
The Poison Chalice
Etichetta: Napalm Records
Genere: Thrash 
Anno: 2023
Nazione:
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74

I Legion of the Damned, nati nel 2005 in Olanda, propongono fin dal loro primo album, “Malevolent Rapture” del 2006, un succulento blend di Thrash, Black e Death Metal continuando il sentiero tracciato prima di loro da gruppi fondamentali come Sodom e Necrodeath…no, scusate. Riformulo.

Gli Occult, nati nel 1992 in Olanda, propongono fin dal loro primo album, “Prepare to Meet Thy Doom” del 1994, un succulento blend di Thrash, Black e Death Metal continuando il sentiero tracciato prima di loro da gruppi storici come Sodom e Necrodeath…per poi cambiare nome e diventare, per l’appunto, Legion of the Damned. Ecco il motivo per cui ho inscenato questo ‘doppio inizio’ di recensione: “The Poison Chalice”, il nuovo album dei Legion of the Damned, può essere contrassegnato come ottavo full-length del gruppo e/o tredicesimo, se si contano anche i cinque dischi pubblicati tra il 1994 e il 2003 dagli Occult. “Elegy for the Weak”, quinta e ultima fatica degli Occult, presenta infatti la medesima formazione che darà poi alla luce la prima opera dei Legion of the Damned, il succitato “Malevolent Rapture”.

Per scrivere questa recensione, come sempre faccio quando incontro gruppi che conosco relativamente poco, ho recuperato la discografia dei Legion of the Damned partendo proprio dall’album del 2006…senza minimamente sapere dell’esistenza di una loro precedente incarnazione. “Malevolent Rapture”, non a caso, mi è subito sembrato un disco molto maturo e suonato da musicisti capaci…e lo credo bene, trattandosi della sesta pubblicazione di una masnada di metallari più che trentenni! Un gruppo dalla carriera così lunga, solitamente, si trova a dover sopportare numerosi stravolgimenti nella formazione e i Legion of the Damned non fanno eccezione. In “The Poison Chalice” ritroviamo due membri fondatori degli Occult e dei Legion of the Damned: il cantante Maurice Swinkels e il batterista Erik Fleuren, sempre presenti in tutte le pubblicazioni della loro ‘creatura’ artistica. La differenza rispetto al passato è il numero di componenti della band, che supera la canonica line up di quattro membri per la prima volta dai tempi di “Elegy for the Weak”.

Con “The Poison Chalice” assistiamo quindi ad un aumento nel numero di musicisti coinvolti: alla formazione di “Slaves of the Shadow Realm”, ultimo disco in studio dei Legion of the Damned datato 2019, si è aggiunta l’ascia di Fabian Verweij, già chitarrista dei paesani olandesi Disquiet. Il nuovo chitarrista giunge per portare una ventata di aria fresca alla musica della band: “The Poison Chalice” potrebbe essere scelto come esempio da manuale per spiegare quante novità sia in grado di apportare allo stile musicale di un gruppo un ‘semplice’ cambio di formazione. Ovviamente rimaniamo pur sempre in territorio Blackened Thrash, quindi aspettatevi parecchi rimandi alla vecchia scuola rappresentata dai già scomodati Sodom e Necrodeath. Questi richiami, però, risultavano molto più evidenti nei dischi precedentemente prodotti dalla ‘nostra’ Legione. Nei 4 anni che separano “The Poison Chalice” dal penultimo album i membri della band olandese sembrano aver ripassato un bel po’ di Thrash Metal statunitense, aggiungendo così un’ulteriore fonte di ispirazione alla loro vena compositiva. Dopo aver ascoltato qualche brano dei succitati Disquiet si può tranquillamente individuare il principale responsabile di questi cambiamenti: senza dubbio il nuovo chitarrista ha fatto sentire la sua presenza, soprattutto in un brano come “Skulls Adorn the Traitor’s Gate” o nell’ottima “Progressive Destructor”, in cui entrano in gioco forti e riconoscibilissimi elementi mutuati dai ‘cattivi maestri’ Slayer. La produzione dei Disquiet, in una certa misura, è rivolta ad un pubblico moderno; la proposta dei Legion of the Damned, da sempre rimasta orgogliosamente e cocciutamente ancorata al passato, in “The Poison Chalice” sembra in qualche modo assorbire questa tendenza al rinnovamento, svecchiandosi in modo tangibile sia a livello di produzione che di songwriting. Mi si perdonerà l’estrema schematicità ma è pur necessario mettere un po’ d’ordine: in un certo senso, fino al 2019, la band sembrava ispirarsi quasi esclusivamente al Metal estremo anni ’80, eccezion fatta forse per “Descent into Chaos”, album del 2011 che sporadicamente pareva volgersi verso sonorità vicine ai Testament anni ’90 (il periodo tra “Low” e “The Gathering”, per intenderci). In “The Poison Chalice” queste intuizioni entrano in gioco molto meno in sordina rispetto al disco del 2011, diventando preponderanti in molti brani e lasciando addirittura spazio a soluzioni chitarristiche ‘quasi’ melodiche. Le virgolette scritte a protezione della parola quasi sono volute: quando parlo di melodia mi riferisco, ad esempio, a certi momenti di “Saints in Torment”, primo brano del disco, e in particolare a “Savage Intent”, in cui i Nostri rallentano i BPM consegnandoci una cavalcata che non sfigurerebbe in un album dei Judas Priest…provare per credere!

Questa mia insistenza sulle novità nello stile musicale del gruppo ha come ulteriore scopo quello di avvertire i fan di lunga data dei Legion of the Damned, che potrebbero ritrovarsi un po’ disorientati da questo relativo cambio di rotta intrapreso dal gruppo. Non vorrei che mi si fraintendesse: “The Poison Chalice” è un bel disco, ben prodotto, ben scritto e ben suonato, che contemporaneamente porta con sé il medesimo sapore dell’episodio pilota di un’interessante nuova serie TV. La piacevole esperienza di ascolto, pur generando un sacco di belle aspettative per il futuro, lascia nell’appassionato una piccola sensazione di incompletezza, come se i Legion of the Damned avessero ancora qualcosa di importante da dire ma se lo riservassero per un prossimo album…che ovviamente accoglieremo con gioia, se i risultati positivi venissero nuovamente confermati. I due album precedenti a “The Poison Chalice”, “Ravenous Plague” del 2014 e “Slaves of the Shadow Realm”, a tutt’oggi risultano infatti poco convincenti rispetto ai dischi del primo decennio del XXI secolo e sensibilmente inferiori all’attuale “The Poison Chalice”: se quest’ultimo lavoro rappresenta davvero un nuovo inizio, teniamoci pronti perché le premesse per lo sgancio di una futura ‘bomba sonora’ ci sono tutte! Buon ascolto!

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