Recensione: The Wolves Go Hunt Their Prey

Di Gaetano Loffredo - 1 Settembre 2007 - 0:00
The Wolves Go Hunt Their Prey
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Anno: 2007
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80

Ci avevano abbandonati nella spettrale regione dei Carpazi, nel corridoio di una lugubre magione ereditata da un uomo d’affari, ma sono venuti a riprenderci. I lupi ci mostreranno il cammino che conduce alla civiltà dei Faraoni, i lupi ci condurranno ai piedi di Seth, il Dio del deserto secondo la teogonia menphita, colui che presiede il regno dei morti. Benvenuti nell’Antico Egitto.

Due anni dopo il maestoso concept intitolato Carpathia – A Dramatic Poem, i The Vision Bleak riaffiorano proponendo un lavoro meticoloso, studiato allo sfinimento e registrato in sei lunghissimi mesi: The Wolves Go Hunt Their Prey, titolo che è la radice di un testo sviluppato nel disco che lo ha preceduto (quello del terzo brano di Carpathia, la title track).
L’esteriorità da marcia funebre che prima ha contraddistinto il debutto The Deathship Has A New Captain e solo in seguito Carpathia, è rimasta immutata nelle melodie sacre e profane che il duetto teutonico rilancia orgoglioso. Bene così: il sound è definito, personale, il gruppo riconoscibile dalla prima all’ultima nota.

La fervida creatività dell’accoppiata Ulf Theodor Schwardorf (guitars, bass, shrieks) – Allen B. Konstanz (vocals, drums) ha concepito un disco che immediatamente identificherete come un figliastro nato in cattività, trattasi infatti di musica leggermente più pesante, dove la componente metallica si erge imperiosa nei quarantadue minuti suddivisi poeticamente in tre terzine.
L’abbandono di violino, pianoforte e soprano (ancora il numero tre?) non deve intimorire i fedelissimi che ritroveranno le possenti orchestrazioni, evidenziate da una produzione in grande, grandissimo stile, produzione che esalta una scelta dei suoni da veri intenditori.

E’ la disarmante capacità compositiva (ma questo già lo sapevamo) a costituire la classica “marcia in più” di una band che non rinuncia mai a proporre le bizzarrie sonore che prendono forma tanto nelle introduzioni (Amala & Kamala e The Black Pharao Trilogy: Introduction) quanto negli interessanti spezzoni acustici cementati all’interno dei due terzi che concludono la trilogia del faraone nero: The Shining Trapezohedron e The Vault Of Neprhren-Ka. E’ qui che riscoprirete tutta l’epicità e tutto il fervore operistico che hanno reso popolare Carpathia.

Forza e melodia in questo gothic metal che più di una volta attinge dal death, The Demon Of The Mire il fulgido esempio, ma che si tiene ben saldo alle radici di un suono impenetrabile, dove le atmosfere Lovecraftiane hanno la precedenza su tutto, sempre e comunque.
Non mi resta che segnalare altri due brani, She-Wolf, quello di apertura, e By Our Brotherhood With Seth, quello di chiusura, i nuovi anthems strizza-cervello che vi tormenteranno nelle notti di dormiveglia.

Il percorso dei The Vision Bleak è costellato da sprazzi di genio. Lasciatevi accompagnare, dunque, dalla narrazione evocativa di Konstanz e dalle melodie della chitarra di Schwardorf attraverso la nuova visione della terra che avvolge il Nilo, armatevi di pazienza e provate a scoprire quanto sia bello entrare nel loro mondo analizzando i testi che accompagnano l’opera (che nella lussuosa versione limitata offre, in aggiunta al regolare disco, un DVD live ed un coupon che permette di ordinare una t-shirt esclusiva).

Grandi atmosfere, grande musica.

Gaetano Loffredo

Tracklist:
1.Amala & Kamala
2.She-Wolf
3.The Demon Of The Mire

The Black Paraoh Trilogy:
4.Introduction
5.Part1: The Shinning Trapezohedron
6.Part2: The Vault Of Nephren Ka

7.The Eldrich Beguilement
8.Evil Is Of Old Date
9.By Our Brotherhood With Seth

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