Recensione: Theatre of Fate

Di Luca Recordati - 28 Giugno 2020 - 11:03
Theatre of Fate
Band: Viper
Etichetta:
Genere: Power  Progressive 
Anno: 1989
Nazione:
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93

Finalmente ho il piacere di poter recensire “Theatre of Fate” secondo album dei Viper, prima band di Andre Matos.

A scanso di equivoci e prima che corriate a leggere il voto, va detto che questo album è una piccola gemma nascosta, che andrebbe tirata fuori e osannata per quello che è: un piccolo capolavoro.

Se vi siete imbattuti nei Viper, sarà stato di sicuro per via di Andre Matos, compianto frontman, che mostra i primi precoci segni di una carriera fatta di molti alti e pochi bassi. La vera stella però è Pit Passarell, bassista e songwriter di quasi tutte le tracce, ma questo aspetto verrà raccontato più avanti.

Andando con ordine, il Brasile ha scritto il suo nome nella cartina geografica del metal per la scena thrash e proto-black con gruppi come Sepultura, Sarcofago e Vulcano, solo per citarne alcuni. La scena Power, che doveva ancora eruttare e diventare una delle più prolifiche degli anni ’90, doveva ancora nascere. I progenitori sono stati di sicuro gli Helloween, partiti come band speed, cosi come i Viper, che pubblicano “Soldiers of Fortune” nel ’87 e poi “Theatre of Fate” nel ’89, vero primo disco power della band e che andrà ad anticipare quanto fatto da Matos con Mariutti, Bittencourt e Loureiro degli Angra.

La band di Sao Paulo ha ricevuto lo status di cult band, visibile nel DVD live “To Live Again” uscito nel 2015. In questo live Matos si riunisce coi suoi vecchi amici e compagni di band in un tripudio di gioia di un pubblico festoso, che a sua volta regala il doveroso tributo ad un gruppo importante, ma che ahimè è rimasto troppo nel underground.

Le influenze sono di sicuro le zucche di Amburgo (per chi non lo sapesse sono gli Helloween) e la musica classica, poi ampiamente usata negli album degli Angra. I Viper hanno anticipato svariate band e tra quelle che mi vengono in mente ci sono gli Angra, gli Avantasia di “Metal Opera” e in un certo senso anche gli Stratovarius.

Come detto precedentemente, il vero asso nella manica, non è tanto Andre Matos, uno dei frontman con un estensione vocale tra le più ampie in assoluto, ma Pitt Passarell, bassista del gruppo, che anche grazie all’apporto del suo frontman, riuscirà a scrivere brani orecchiabili (qui usato in senso positivo), cantabili ma anche non banali; alcune idee usate in questo album sono quasi progressive, anticipando di gran lunga il prog power, sviluppato dagli Angra. Fa simpatia vedere quanto fossero semplici queste idee, ma efficaci, perché la band era veramente affiatata. Per capire, bisogna ascoltare “Prelude to Oblivion”, che sarebbe potuto finire su “Angels Cry” degli Angra per l’inserimento della musica classica oltre a passaggi prog, e la strumentale “Illusions”, che inserisce il flauto e anticipa il suo utilizzo in svariati album power. Se vogliamo invece analizzare meglio i brani più prog vanno citate: “Living for The Night” (guardatevi la performance live sul DVD, paragonabile quasi a “Fear of The Dark” dei Maiden dal “Rock in Rio”), che parte come fosse una ballad, accompagnata dalla sola chitarra acustica, per poi trasformarsi quasi in un brano power-speed in cui la cantabilità (vi si stamperà in testa), i cambi di tempo e la velocità la fanno da padrone. “To Live Again”, altra perla, che parte in quarta e ha più aspetti prog, rispetto alla precedente canzone, e ha un assolo di assoluto valore. “At Least a Chance” invece mette tutto quanto detto in precedenza e aggiunge quel tocco classico in più da Angra, per intenderci. “Theatre of Fate” inoltre accentua più gli aspetti speed, quasi ricordando alcuni brani degli Helloween di “Walls of Jericho”; pur essendoci sia aspetti prog, sia classici, per la prima volta emerge nettamente il basso di Passarell, quasi a voler passare il testimone a Matos, che scriverà l’ultimo brano “Moonlight”. Questo ha una sua epicità di fondo e fa capire quanto Matos fosse bravo anche a comporre canzoni. Il frontman abbandona il cantato tipicamente power, per abbracciare un cantato che suona più Angra. La canzone pertanto è una degna conclusione per un album che non ha sbagliato neanche un colpo, se non quello di rimanere oscurato in un panorama musicale colmo di troppe band.

Cercate quindi di procurarvi la remastered, edita dalla No Remorse, sia se siete amanti del power tout-court, sia se siete amanti degli Angra, di Matos e di quel futuro prog-power, perché come ampiamente scritto, non ve ne pentirete. Mi piace pensare che Matos possa deliziare gli abitanti del Paradiso con la sua meravigliosa voce. Grazie per averci regalato tanta gioia, sia con i Viper, sia con gli Angra.

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