Recensione: Till Minne

Di Alessandro Calvi - 2 Dicembre 2007 - 0:00
Till Minne
Band: Trelldom
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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55

Creati da Gaahl (cantante dei Gorgoroth) nel 1992, non si può certo dire che i Trelldom abbiano inflazionato la propria discografia con innumerevoli uscite, ne che siano famosi per la facilità con cui cambiano i componenti della band. Questo “Til Minne…” infatti è solo il terzo album del gruppo norvegese che fa seguito a “Til Et Annet…” del ’98 e a “Til Evighet…” del ’95. Inoltre, nonostante il tanto tempo trascorso la band è rimasta immutata, con il trio Gaahl, Sir e Valgard che capeggia anche in copertina.

Con un simile padre fondatore è quasi scontato cosa doversi aspettare dalla proposta musicale del gruppo.
Black metal norvegese, gelido e feroce, niente di più e niente di meno.
E questo è esattamente ciò che i Trelldom ci danno nelle otto tracce dell’album. L’attitudine della band è subito evidente fin dall’iniziale titletrack “Til Minne…”, in cui una batteria perennemente in doppia cassa e chitarre quasi a zanzara spianano il passo alla voce di Gaahl. Sul finire del pezzo troviamo anche un momento più lento e quasi d’atmosfera a dare maggiore spessore al brano. Scelta che si ripresenterà anche in altre tracce del cd. Nonostante le brevi e rade apparizioni della voce pulita, è comunque sempre il growl, in alcuni punti assolutamente solforico, del mastermind della band a farla da padrone.
Interessante “Fra Mitt Gamle…”, che si discosta dalle ritmiche ossessionanti dei primi due brani per dedicarsi a una mescolanza di generi e di ritmiche. Si tratta di una delle canzoni più elaborate del cd in cui sia la musica, che, in particolare, la voce danno il meglio di se spaziando in uno spettro piuttosto ampio di variazioni.
Proseguendo nella tracklist citiamo “Steg”, brano caratterizzato da un solo riff e da un solo ritmo di batteria che prosegue in loop per quasi 8 minuti per poi fare posto a una ritmica e a un riff diverso, ma sempre ciclico e ossessivo, e in cui la parte vocale è semplicemente una voce narrante. Indubbiamente curioso e apprezzabile esperimento dal punto di vista della critica, ma piuttosto disarmante sotto quello del mero ascolto.
Infine la conclusione del disco è demandata a un pezzo di violino folkloristico di circa 3 minuti che poi fa spazio alla voce narrante e a un altro lungo passaggio di rumori inquietanti che risponde al nome di “Eg Reiste I Minnet”.

Due parole anche per la produzione che risulta sporca e a tratti confusa come nella migliore tradizione del black metal degli albori. In realtà l’impressione è che l’effetto sporco sia stato ottenuto in un secondo tempo, dato che per tutto il cd non si avverte minimamente l’effetto di white noise che invece era caratteristico dei primi dischi del genere e soprattutto la voce è stata resa in maniera quasi perfetta.

Per concludere una pubblicazione che indubbiamente renderà felici i sostenitori del black grezzo degli albori, i quali troveranno sicuramente pane per i loro denti. Un disco però altrettanto ovviamente ostico per tutti gli altri e che, pur se valido, dimostra una certa discontinuità e mancanza d’idee. La diffusa brevità delle canzoni avrebbe dovuto infatti portare a una maggiore varietà tra le stesse, invece sia dal punto di vista del songwriting che, soprattutto, delle ritmiche, l’album soffre di un certo appiattimento stilistico. Non bastano a questo riguardo le “voci fuori dal coro” di un paio di song per risollevare le sorti globali del disco.

Tracklist:
01 Til Minne…
02 Bortkomne Svar
03 Fra Mitt Gamle…
04 By My Will
05 Vinternatt
06 From This Past
07 Steg
08 Eg Reiste I Minnet

Alex “Engash-Krul” Calvi

 

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