Recensione: Tophet

Di Stefano Ricetti - 26 Gennaio 2011 - 0:00
Tophet
Band: Etrusgrave
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2010
Nazione:
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80

Tophet, secondo e nuovo capitolo discografico dei piombinesi Etrusgrave, esce due anni dopo il debutto ufficiale Masters Of Fate che aveva, per la prima volta, impresso a fuoco il moniker dei Nostri all’interno dell’elite dell’HM italiano di questi ultimi anni. Squadra che vince non si cambia, recitava un antico adagio calcistico di qualche tempo fa e infatti il gruppo propone la stessa line-up del disco precedente e si affida ancora una volta alle amorevoli cure dell’etichetta My Graveyard Productions, sempre in prima linea quando c’è da supportare l’arte fatta musica. Quindi il mastermind Fulberto Serena alla chitarra, il fedele pard Luigi Paoletti al basso, Tiziano Sbaragli alla voce e Francesco Taddei alla batteria.
      
La strumentale Nothung Schvert apre le danze, avanzando con la grazia marziale dei Diamond Head ispirati dei momenti d’oro per poi chiudersi fra le braccia di un’ambientazione degna della colonna sonora del film In Nome Della Rosa. Gli Estrusgrave calano il carico da novanta con il clangore della chitarra di Fulberto Serena che detta i ritmi di Angel of Darkness, una song lunga oltre otto minuti dove i toscani dimostrano di puntare subito al sodo, senza per questo scrollarsi di dosso l’allure epicheggiante che da sempre li contraddistingue, richiamando, a tratti, la vena leatherebeliana dei Judas Priest.

Return From Battle tiene fede al titolo altisonante che ne decide il nome sfoderando riff massicci alternati a passaggi malinconici con un Tiziano “Hammerhead” Sbaragli in grande spolvero, considerando che il suono e la produzione degli Etrus’ talvolta tende a privilegiare gli strumenti a detrimento della voce. Il quarto episodio in scaletta, The Silent Death, possiede la saggezza dei brani antichi, partendo trasognato per poi trasformarsi in una colata lavica di Metallo sempre e comunque ragionata, senza cadere nel tranello dell’avventatezza, particolare che non fa certo difetto a Fulberto&Co. Per l’occasione, al flauto traverso il bassista Luigi Paoletti.

Davvero strana e particolare la title track, che mesce in un connubio di classe la cadenza delle schitarrate dei Black Sabbath più ariosi con un gusto per la melodia oscura tipicamente italiano ben  estrinsecato dall’ugola del singer. Per chi scrive l’highlight del disco, senza dubbio alcuno.

Subulones, settantiana fino all’ultima briciola di sabbia contenuta nella ideale catacomba etrusca sede del gruppo ammalia dal primo secondo fino all’ultimo, sempre portando in dote le influenze di un tale baffone – oggi distinto signore attempato – dalle origini riconducibili ad Aston, quartiere degradato di Birmingham. Classe, riff e songwriting di alto lignaggio, nient’altro da aggiungere.

Hastings, probabilmente, avrebbe reso molto di più se lasciata a se stessa, continuando le trame espresse dopo i primi, magnetici, passaggi, ma tant’è. Trattasi di song di razza, comunque. Chiusura in crescendo, e che crescendo, con Colossus Of Argil, uno dei caposaldi del Dark Quarterer sound, qui interpretata e suonata alla maniera degli Etrusgrave, caratterizzando il pezzo, si, ma puntando sulle sfumature, ben attenti a non violentarne il sacro spirito e la carica primordiali.                    

Tophet, rispetto a Masters Of Fate, pare concepito più “di pancia”, sempre centrando il bersaglio, anche se da una posizione leggermente differente. La sensazione è che i Nostri abbiano comunque altre frecce al proprio arco, da scoccare nel prossimo futuro. L’album va a sommarsi alle altre opere di band come Adramelch, Dark Quarterer e per certi versi gli stessi Zephyr, ossia quel ristretto manipolo di gruppi che a proprio modo è stato capace di creare una proposta musicale originale, riconoscibile e dalle sfumature fieramente italiche, resistenti alla prova del tempo. Libretto di dodici pagine con i testi delle canzoni e le foto in bianco e nero della band, a opera di Margherita Bonivento. Copertina realizzata da Mato ’83.  

Stefano “Steven Rich” Ricetti

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Tracklist:
1 – Nothung Schvert (Intro)
2 – Angel of Darkness
3 – Return from Battle
4 – The Silent Death
5 – Tophet
6 – Subulones
7 – Hastings
8 – Colossus of Argil (Dark Quarterer, cover)
 
Line-up:
Fulberto Serena – chitarra
Luigi Paoletti – basso, flauto in The Silent Death
Tiziano Sbaragli – voce
Francesco Taddei – batteria

 

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