Recensione: Trinity
I Tierramystica sono una band folk metal brasiliana, fondata nel 2008, che unisce l’heavy metal al misticismo e alle melodie della musica andina e brasiliana, con strumenti nativi come charango, zampoña e ocarina, oltre a testi ispirati alle antiche culture. Finora il gruppo brasiliano aveva realizzato 2 album in studio: “A New Horizon” (2010) ed “Heirs of the Sun” (2013), prima di questo “Trinity”, che costituisce un ritorno dopo 12 anni di silenzio, con testi che si rifanno alla trinità mitologica del serpente, del puma e del condor, a rappresentare i tre regni Inca: Uku Pacha (mondo interiore), Kay Pacha (mondo terreno) e Hanan Pacha (mondo spirituale); sebbene, dalle informazioni ricevute, non si tratti strettamente di un concept album, diverse canzoni esplorano questa triade simbolica. La tracklist, stando alla bio inviataci, sarebbe composta da 12 brani, anche se per questa recensione ne abbiamo avuti a disposizione solamente 10, non avendo ricevuto la decima (che su Spotify è indicata come bonus-track per l’edizione giapponese) e la dodicesima traccia (vero e proprio mistero, dato che non c’è nemmeno sulla predetta piattaforma); oltretutto anche l’ordine della stessa tracklist appare incerto, con brani posizionati diversamente tra quanto indicato e quanto ricevuto. Quello che è certo è che ci troviamo davanti a musica particolare, con composizioni acustiche influenzate dalla musica andina, arricchite con strumenti nativi sudamericani e già l’intro strumentale “Awakening” ne è un chiaro esempio. Fortunatamente non tutti i brani sono a questa maniera e già la successiva “Chaski Way”, pur mantenendo una notevole presenza di strumenti etnici, si presenta più vicina al power folk, con ritmi brillanti, grazie ad una buona prestazione del batterista Duca Gomes, ed una buona dose di elettricità fornita dalla chitarra di Alexandre Tellini e dal basso pulsante dell’ottimo Marcelo Caminha Filho (entrato in formazione recentemente).
Anche le successive “Eldritch War” e “Raindancer” (invertite nell’ordine nel promo ricevuto) si mantengono su queste coordinate, mettendo anche in evidenza un discreto cantato da parte di Gui Antonioli che non sarà mai un André Matos o un Edu Falaschi (tanto per rimanere in Brasile), ma si destreggia in maniera decente e con una buona espressività. E’ con l’acustica “Fly As One” che gli strumenti etnici diventano maggiormente protagonisti, sacrificando la componente metal, rischiando di diventare finanche ostici e non particolarmente coinvolgenti per un vecchio metallaro come il sottoscritto. La tracklist proseguirà con una certa preponderanza della parte folk rispetto a quella più “metallica”, ma comunque ci sono canzoni piacevoli, come la lenta “Bedtime Stories” (altro brano in cui Antonioli canta molto bene!) o la veloce “Cosmovision”, fino ad arrivare alla conclusiva “Death Whistle” (come detto, la traccia finale “Stardust” non ci è stata fornita).
Personalmente avrei leggermente ridimensionato le parti degli strumenti etnici, facendo risaltare maggiormente la componente metal ed un po’ meno quella folk, ma si tratta prettamente di gusti personali che, in quanto tali, sono sempre ampiamente opinabili. Ciò che è incontestabile è che questo “Trinity” è un buon disco in grado tranquillamente di strappare la sufficienza, dato che si lascia ascoltare gradevolmente e mette in mostra una band dalle buone potenzialità come questi Tierramystica; ora speriamo di non dover aspettare altri 12 anni per un nuovo album…
NdR. Il disco è inizialmente uscito a settembre come autoproduzione in formato digitale, ma verrà stampato su cd ad inizio dicembre dalla Elevate Records e, per il solo mercato giapponese, dalla RedRivet Records.
