Recensione: Tussen Hun En De Zon

Di Vittorio Sabelli - 22 Novembre 2014 - 17:57
Tussen Hun En De Zon
Band: Tarnkappe
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2013
Nazione:
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75

Immaginatevi immersi in una foresta norvegese in un qualunque dicembre o gennaio, il buio, la neve, le gesta di chi ha reso possibile l’ascesa mondiale del black metal oltre due decadi fa, e la mente porterebbe subito a un’ambientazione tipica dei Darkthrone piuttosto che dal primo Burzum.

Riaprendo gli occhi ci troviamo di fronte ai Tarnkappe, formazione olandese che si cimenta a riportare in auge le band citate con una proposta di vecchio e sano black metal che rasenta un tecnicismo nullo, ma tanta energia, grinta e urla passionali sparate a mille dentro un ampli distorto.

Nulla di nuovo sotto il profilo innovativo, non c’è davvero mezza idea nuova, ma quel che mi chiedo è perché continuo ad ascoltarlo a raffica. La risposta è semplice: “Tussen Hun En De Zon” (“Between Them And The Sun” in inglese) appartiene a quella categoria di album che hanno un loro fascino al di fuori di ogni contesto razionale.

Analizzando il disco e il materiale proposto in maniera conscia direi che il lavoro è al limite della sufficienza, ma il sound proposto e l’unione degli strumenti vanno ben oltre una valutazione di tipo tecnico-critico.

La band, composta da membri di Lugubre, Kjeld and Salacious Gods,  si cimenta nella proposta di riportare in auge condizioni, atmosfere e colori tipici della “seconda ondata”, e lo fa in maniera convinta, decisa, in cui la voce disperata di Hrodulfr è la chicca che va a colmare il vuoto altrimenti lasciato in fase compositiva. Non che i brani siano poi così poveri in fase di creazione, ma ci sono solo alcuni momenti significativi, che si discostano parzialmente dal ‘copiato’.

Torniamo alla voce, vero punto di forza dell’intero progetto: un pianto disperato, uno spasmo, un continuo lamentarsi che si impadronirà delle vostre menti lasciandovi scorrere questi quarantotto minuti in maniera piacevole con un dolce e inquietante sensore di deja-vu.

Probabilmente la band a cui più si accostano gli olandesi sono gli Arckanum, per via di quel suono organico, naturale, intimo e distruttivo, che non ha niente di particolare se non un fascino e una luce tutta sua.

Le idee dei brani muovono su diversi sottogeneri del black metal per quasi tutto il disco, ma il finale ci lascia deviando su un affluente del fiume principale, così la conclusiva, atmosferica “Wouddwalen”, ci lascia di sorpresa, accostandosi a dischi di athmospheric black metal, in cui solo keys ed effetti si fondono con la natura per tutti i suoi novi minuti.

Per chi vuole avere tra le orecchie ancora la vecchia scuola scandinava, e norvegese in particolare, consiglio di immergersi immediatamente in questo primo lavoro dei Tarnkappe, sotterraneo, puro, vero, senza manomissioni in studio e suonato con tanto rispetto e passione da parte dei tre olandesi.

Vittorio Sabelli “Dawn Of A Dark Age”

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