Recensione: Unarmed – Best Of 25th Anniversary

Di Luca Dei Rossi - 13 Febbraio 2010 - 0:00
Unarmed – Best Of 25th Anniversary
Band: Helloween
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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60

Ehm…

Quella descritta sopra è esattamente la reazione, seguita da un paio di colpi di tosse, che ho avuto ascoltando per la prima volta questo disco.

E, se devo essere sincero, mi trovo in difficoltà. Sarà l’amore sfrenato che provo per gli Helloween di Kai e di Kiske, sarà che a release del genere non sono abituato. Non so. Ma per questi e per altri motivi, ho deciso di fare un discorso parallelo alla recensione dell’album in sé.

Dove finisce il genio e inizia la pagliacciata? Due mondi agli antipodi, questi, ma paradossalmente così vicini e uniti da un filo sottilissimo e il più delle volte irriconoscibile. Il genio è, nell’accezione comune di tutti i giorni, quello che capisce subito la lezione di matematica, chi arriva ad una conclusione scientifica o filosofica complicatissima: chi capisce le cose più difficili al volo e ne è quindi naturalmente portato. Nella musica, però, è già più difficile una catalogazione di questo tipo e, in un genere contaminato come il Metal, lo è ancora di più. Possiamo quindi considerare pagliaccio chi si sforza di fare pur non avendone le capacità ed essendone pienamente consapevole? Forse. Mi spiego meglio: se nel Metal è genio colui che più di trent’anni addietro diede il via a questo genere, pagliaccio lo fu chi per imitarlo sfornò album imbarazzanti. Se nel Metal genio è chi riesce a dar vita a qualcosa di nuovo unendo generi musicali che mai avremmo potuto immaginare fusi ad una musica così potente, pagliaccio è chi combina elementi a caso solo per poter essere chiamato innovatore, sfornando quindi di conseguenza album altrettanto imbarazzanti di quelli nominati poco più su.
Come definizione potrebbe andare. Ma purtroppo c’è sempre un piccolissimo problema: a parte per alcuni casi in cui il pagliaccio è anche stupido e viene quindi subito smascherato, altre volte alcuni lavori sono discussi, in quanto il fattore “de gustibus…” porta a far amare o odiare incondizionatamente certi album, senza permettere alle vie di mezzo di esistere.

E questo Best Of? Si colloca proprio lì. Unarmed, uscito in onore dei 25 anni degli Helloween, o si amerà o si odierà. Senza vie di mezzo. Devo essere sincero: se c’è qualcosa che apprezzo particolarmente di questo album è proprio il coraggio che gli Helloween hanno avuto di rivisitare le canzoni più importanti della loro carriera e della storia del Power stravolgendole in questo modo. La band tedesca in fondo lo sapeva: ciò che hanno fatto è un azzardo bello e buono, hanno giocato il jolly, l’asso nella manica: l’effetto sorpresa. Ultimamente infatti non hanno dato di che stupire profondamente (per carità, gli ultimi lavori sono buonissimi, niente da ridire), quindi una delle soluzioni migliori era stupire. E, metteteci la mano sul fuoco, ce l’hanno anche fatta.

Non stupitevi quindi se ascoltando l’opener crederete di ascoltare la nuova siglia de “La Corrida: Dilettanti Allo Sbaraglio”: Dr. Stein (tratta da Keeper Of The Seven Keys Part II) è stata infatti completamente trasformata: le chitarre elettriche sono completamente sparite per lasciare spazio al pianoforte, alle trombe, e a tutto ciò che possa ricordare l’ultimo lavoro di Roy Paci & Aretuska. Trombe squillanti e melodie di pianoforti accattivanti hanno trasformato una delle canzoni più belle degli Helloween in una ballata dai toni scherzosi e ironici. Meno stravolte, se vogliamo, le successive Future World (tratta da Keeper Of The Seven Keys Part I), che diventa una mezza ballata da balera, e la terza If I Could Fly (tratta da The Dark Ride), che tra violini e chitarre acustiche si fa davvero apprezzare. Fin qui, Dr. Stein a parte, tutto relativamente “ok”. Una perla, che vale davvero molto, alza l’umore dei nostalgici come me: The Keeper’s Trilogy, un medley delle più belle canzoni partorite dalla band (Halloween, Keeper of The Seven Keys e King Of 1000 Year) vede un lavoro mostruoso di riarrangiamento, per poter essere suonato nientemeno che dall’orchestra di Praga. Il risultato, di diciassette minuti e rotti, è davvero incantevole: la parte strumentale è ricca di sapori e di colori, complice l’apparato strumentale davvero notevole fornito dall’orchestra. Le canzoni si susseguono tra ottoni (di cui trombe, tromboni e flicorni bassi), archi (violini, viole, violoncelli) e percussioni in un atmosfera magica. Non voglio nemmeno immaginare il lavoraccio che ci sarà stato dietro per riuscire a confezionare cotanta bellezza di canzone, ma visto il risultato, direi che ne è decisamente valsa la pena. Eagle Fly Free, snaturata completamente, mostra una timidezza paradossale per la band che ci troviamo davanti. La sensazione ascoltandola è di trovarsi in un’atmosfera di totale intimità: percussioni dal sapore quasi tribale e maracas accompagnano la voce di Andi Deris (che per l’occasione ha pensato bene di abbassare le tonalità che usava Kiske) insieme ad occasionali apparizioni del pianoforte. Ciò che lascia interdetti, piacevolmente o negativamente decidetelo voi, sono le ben più acclamate Future World e I Want Out (tratte rispettivamente da Keeper Of The Seven Keys Part I e Part II), due pilastri del Power Metal completamente trasformate, stravolte, denudate della loro potenza innata, scosse e sferzate a dovere per farle diventare più leggere e (decisamente) orecchiabili. Future World, con un incipit che fa il verso agli intro di chitarra della Morisette, e I Want Out, dove il riff portante viene sostituito da un coro di voci bianche, fanno capire che la musica è cambiata: il passato non ha alcuna attinenza con il presente, e gli Helloween non hanno problemi a riproporre le loro immortali canzoni in maniera così spiazzante. Fallen To Pieces (tratta da Gambling With The Devil) si quieta per abbandonarsi a sonorità blues, sempre contornate da violini, pianoforte, trombe e chi più ne ha più ne metta. L’album si conclude con A Tale That Wasn’t Right (tratta da Keeper Of The Seven Keys Part I), che da dolce semi-ballad che era, si trasforma in colonna sonora da film hollywoodiano, grazie anche alla seconda collaborazione dell’orchestra.

Gran coraggio quindi da parte degli Helloween, che trovano il modo di stupire riproponendo le loro hit in modo completamente stravolto e interamente fuori dai loro canoni. Quindi? Sta a voi decidere. Come ho detto a inizio recensione, questo album o si amerà o si odierà. Dovrete essere voi a decidere, autonomamente, se questo Best Of è l’ennesima “commercialata” o il risultato dell’estro genialoide del quintetto tedesco. E’ per questo che, non me ne vogliate, il voto in fondo alla recensione è un voto di rappresentanza: non ha alcuna attinenza con la qualità dell’album. Perchè? Semplice: album del genere sono obiettivamente impossibili da quantificare in un freddo voto in centesimi. Il compito del recensore è “semplicemente” quello di descrivere il lavoro di una band nel modo più oggettivo possibile, valutandolo numericamente per dare in linea di massima un’idea a chi ha intenzione di comprarlo o soltanto di avere informazioni. Questo Unarmed è impossibile da catalogare, vista la bassissima attinenza con il resto dei lavori della band e la quasi nulla attinenza con il Metal in sé. Quindi il voto di cui sotto scaturisce semplicemente dalla media matematica di chi adorerà questo album e chi lo odierà.
Sta a voi decidere.

Luca Dei Rossi

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Tracklist:
1.    Dr. Stein
2.    Future World
3.    If I Could Fly
4.    Where The Rain Grows    
5.    The Keeper´s Trilogy
6.    Eagle Fly Free    
7.    Perfect Gentleman    
8.    Forever & One    
9.    I Want Out
10.    Fallen To Pieces
11.    A Tale That Wasn`t Right

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