Recensione: Vast Reaches Unclaimed

Di Alessandro Rinaldi - 28 Febbraio 2023 - 14:15
Vast Reaches Unclaimed
Band: Majesties
Etichetta: 20 Buck Spin
Genere: Death 
Anno:
Nazione:
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82

I Majesties sono un nuovo progetto del metallo nero di matrice statunitense. Le menti creative di Inexorum e Obsequiae hanno dato vita a questa band:  Tanner Anderson (Obsequiae) alla voce e batteria, Carl Skildum (Inexorum) dalla chitarra e Matthew Kirkwold (Inoxerum) al basso.  Quindi, al di là del passato dei membri della band, poco si sa del nuovo terzetto, se non la scelta della proposta musicale: un Melodic Death Metal di livello, che richiama quello di matrice svedese degli anni ’90 – e già questo potrebbe bastare ai fans del genere, per gettarsi nel fuoco dell’Inferno per ascoltare Vast Reaches Unclaimed, che, anticipiamo, è di alto livello.

L’artwork è opera di Juanjo Castellano, rappresenta una sorta di versione cupa di Krypton: i colori principali sono il rosso e il grigio, con tante stalagmiti di pietra, e uno sperduto viaggiatore che, brandendo una torcia, cerca una via d’uscita; una grafica che, tra gli altri aspetti, ricalca le tematiche e lo spirito dei testi.

L’etichetta 20 Buck Spin ha  deciso di pubblicare l’album, oltre che in cd, vinile e digitale,  anche in cassetta, un formato che, almeno negli ultimi tempi, è ritornato in auge e che fa gola a molti collezionisti.

Iniziamo dalla fine: questo, è  un ottimo disco, compatto, omogeneo, con un sound coerente dalla prima all’ultima canzone, che tesse una trama ben definita. Una parte delle fortune di Vast Reaches Unclaimed è dovuta all’eccezionale lavoro in studio, che ha equilibrato alla perfezione i suoni  e ha contributo in maniera netta e decisa a creare quelle atmosfere prettamente orecchiabili, o se preferiamo Melodic, pulendo in modo a dir poco maniacale il suono; ciò ha dato un aiuto concreto alla voce di Tanner Anderson, che emerge in tutta la sua rabbiosa oscurità, graffiando e tirando la pelle dalle orecchie di chi ascolta. Ma il segreto del successo di questo album sta nelle complesse linee di chitarra che lo caratterizzano. Già, perché è come se una fitta ragnatela si estendesse dalla prima all’ultima canzone, compatta e allo stesso tempo granitica; una piacevole continuità che si estende a tutti e dieci i brani di questo Vast Reaches Unclaimed. La ripetizione delle trame di Skildum non rende l’album noioso, sebbene il leitmotiv sia piuttosto chiaro: l’abilità compositiva del chitarrista brilla più che mai, i suoi riff non sono noiosi ma epici e avvincenti, e guidano la neonata band verso un sound che, a più riprese, evoca gli In Flames degli anni ’90 . Al netto dei gusti e delle preferenze musicali, non si possono discutere né il talento compositivo, né l’abilità tecnica di Carl Skildum, che ha alzato l’asticella di questa band, consegnandogli, una candidatura come disco death dell’anno.

Aspettiamo con enfasi il loro secondo lavoro,  per vedere quanto i Majesties sapranno confermarsi agli alti livelli che ci aspettiamo.

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