Recensione: VEGA

Di Pier Tomasinsig - 1 Dicembre 2008 - 0:00
VEGA
Band: JANVS
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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80

Inizialmente sorti come progetto solista di Matteo “Vinctor” Barelli (Malombra, Spite Extreme Wing), gli
JANVS esordiscono sul mercato discografico nel 2004 con Nigredo, album che -prodotto in un numero veramente
esiguo di copie- ottiene non pochi riscontri favorevoli in ambito underground. Il 2005 vede l’ingresso in formazione di Claudio
“Malphas” Fogliato (Tronus Abyss) al basso e Francesco La Rosa (Denial, Malombra) alla batteria,
successivamente sostituito dall’attuale drummer Massimo Altomare (Black Flame, Mortuary Drape). Risulterà ovvio a
questo punto a chiunque conosca la scena estrema italiana che, sebbene gli JANVS rappresentino una realtà piuttosto recente,
ci troviamo di fronte a musicisti validi e navigati, come testimonia la notevole qualità di tutti i lavori proposti dai nostri fino
ad oggi, a partire dal secondo album FVLGVRES (2007), una piccola perla di black metal “mediterraneo” e sperimentale.
A poco più di un anno di distanza la band genovese, ormai stabilmente accasata presso ATMF Records, torna a far parlare di se con
VEGA terzo capitolo di un percorso musicale in continua evoluzione.

Evoluzione, si è detto, ed è questo un punto che merita chiarire da subito: non sono pochi infatti i cambiamenti che il sound del
combo nostrano ha subito nel breve lasso di tempo intercorso tra gli ultimi due album. Per dirla in due parole, gli JANVS di
oggi suonano più melodici, più ricercati e più progressivi di quanto avessero mai fatto, complice anche il massiccio
uso del cantato pulito. Non mi pare un’esagerazione affermare che di “black metal” ormai nella musica del combo genovese è rimasto
poco e nulla, giusto la presenza dello scream sui generis di Matteo Barelli e qualche passaggio più tirato qua e la.

I primi minuti della opener Torri di Vetro per la verità potrebbero dare un’impressione diversa: la traccia quasi “erompe”
nello stereo con un riffing molto veloce e dinamico, melodico ma incalzante, in cui si trovano non pochi elementi di continuità con
gli JANUS che conoscevamo. Eppure nei frequenti cambi di tempo, nella complessità di certe soluzioni, nelle numerose aperture
melodiche, nei break atmosferici e nelle fulminee ripartenze, in certe linee di chitarra dilatate, malinconiche e sognanti si
avverte chiaramente che qualcosa è cambiato. Il pezzo mostra infatti una marcata impronta progressiva, di derivazione palesemente
settantiana, e una consapevole ricerca verso una maggiore complessità nel songwriting. Se Torri di Vetro, nella sua varietà
di influenze, vi ha lasciati perplessi, aspettate di sentire la successiva, spiazzante Saphire: traccia estremamente eterea e
melodica, quasi completamente cantata in clean, dove -soprattutto nella liquida dolcezza delle chitarre- possono tornare alla mente
in qualche misura i connazionali Novembre. Un pezzo veramente eccellente sotto il profilo “strumentale”, che trova forse
qualche limite proprio nel cantato in clean di Vinctor, per la verità non troppo armonioso ed aggraziato.
La successiva Tarab, a riprova della versatilità compositiva dei nostri, si sviluppa nella contrapposizione tra le
suggestioni ambient-psichedeliche delle tastiere, dai riverberi vagamente spaziali, e le sonorità orientaleggianti sapientemente
evocate dai fraseggi di chitarra, per un risultato finale esotico e straniante. Dopo il pregevole intermezzo tastieristico-strumentale di Dazed, ad opera di Diego Banchero dei Malombra, si torna a sonorità più prossime al recente passato

degli JANVS con Mediterraneo, fiero tributo al “Mare Nostrum” i cui testi sono scritti e cantati da Argento dei
“cugini” Spite Extreme Wing, un pezzo molto riuscito, dal piglio veloce ed immediato, dove a farla da padrone troviamo linee
di chitarra vivaci e dinamiche (sempre caratterizzate da una forte dose di melodia) ed un refrain estremamente anthemico, quasi
cantabile.
La title-track Vega, tanto distante dalle origini black della band quanto raffinata ed emozionale, si muove tra i solchi di
un progressive drammatico e malinconico, dal gusto melodico a tratti pop, ed è valorizzata da una prestazione del guest vocalist
Riccardo Morello che potrei solamente definire commovente. Chiude in bellezza Vesper II, lunga suite estremamente intensa e
coinvolgente, tanto nei passaggi più delicati e sognanti quanto nei frangenti maggiormente aggressivi, come il disperato stacco
black che esplode, improvviso, a metà del quarto minuto. Probabilmente la traccia più riuscita del lotto, anche grazie a lyrics
veramente toccanti.

Risulterà chiaro a questo punto che l’orizzonte musicale verso il quale gli JANVS mostrano di volersi avventurare è

distante ed ambizioso e non si presta a facili classificazioni. Siamo ormai in un contesto che trascende quasi ogni riferimento al

black metal, a favore di una pressochè totale libertà espressiva. Libertà di fondere al metal estremo, inteso in senso ampio, le

influenze meno ortodosse, dal progressive -anche quello di scuola italiana- a certa psichedelia, fino a soluzioni ai limiti del pop.

Questo potrà certamente risultare spiazzante per più di un ascoltatore, e non stento ad immaginare che molti tra i fan della prima

ora degli JANVS potranno essere delusi dal complessivo “ammorbidimento” che ne è conseguito. Così come capisco che si possa

avvertire una certa sensazione di disomogeneità all’ascolto di VEGA, complice il notevole eccletismo al quale

quest’album sembra essere informato.
Tuttavia non è detto che si debba necessariamente vedere questo come un limite. Al contrario, personalmente apprezzo molto la
visione “globale” della musica che lavori come questo sottintendono, il coraggio di distaccarsi da ogni etichetta, di rifiutare tutti quei paletti (il più delle volte autoimposti) che delimitano i diversi generi in modo che troppo spesso si tende a ritenere

invalicabile. Discorso che vale, beninteso, quando questa attitudine non vada a scapito della qualità e della genuinità della musica

proposta. E certamente non è questo il caso di VEGA in cui, ricordiamolo, la sperimentazione non è mai

finalizzata a se stessa, quanto piuttosto a raggiungere la massima potenzialità comunicativa.

Non stiamo infatti parlando di un lavoro studiato a tavolino, freddo e distaccato, ma al contrario di un opera di grandissima

intensità emotiva, che denota intelligenza e gusto nel songwriting, cura negli arrangiamenti, ottima preparazione tecnica e grande

sensibilità, anche e soprattutto nella stesura dei testi -rigorosamente in italiano- caratterizzati da notevole profondità e da una

vena quasi “poetica”. La qualità insomma, possa piacere o meno la direzione intrapresa dagli JANVS, non manca.
L’unico dubbio su quest’album riguarda il target a cui potrebbe rivolgersi: troppo melodico e sperimentale per la frangia di

ascoltatori più estrema e purista (alla quale l’album è vivamente sconsigliato), pur sempre troppo estremo e comunque troppo

distante dagli schemi consueti del metal progressivo per piacere ai fruitori abituali del suddetto genere. In realtà direi che

VEGA si colloca in quella ristretta nicchia di prodotti che veramente si possono definire di “avanguardia” e si

rivolge, puramente e semplicemente, a tutti quegli ascoltatori che, al di la delle etichette, vivono la musica innanzitutto come

nutrimento intellettuale e spirituale.

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topic relativo alla scena black italiana

Tracklist

1. Torri di Vetro
2. Saphire
3. Tarab
4. Dazed
5. Mediterraneo
6. vega
7. Vesper II

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