Recensione: Vengeful Spectre (殒煞)

Di Elisa Tonini - 30 Marzo 2020 - 7:30

Dopo il black metal e derivati scandinavo/occidentale oramai anche la Cina si è ritagliata uno spazio di tutto rispetto in quell’ambito, talvolta con risvolti più o meno legati al folklore locale. Da band come Ritual Day, Zuriaake(葬尸湖), Black Kirin (黑麒麟) ed Enchentenka (迷魂殿) arriviamo ai presenti Vengeful Spectre (殒煞). Nati in primavera del 2019, la band scrisse il singolo “Wailing Wrath” che fu in seguito pubblicato nella compilation “Death Kult Over Black Congregation”, uscita tramite Pest Productions. Nel 2020 la band ritorna con l’omonimo album di debutto.

“Vengeful Spectre” è un concept-album della durata di 36 minuti che descrive una storia degli spadaccini orientali circa la guerra, la cospirazione, il tradimento e la vendetta. Questo background si tramuta essenzialmente in una complessa mistura vicina al black/death dei Behemoth per la ritmica granitica, ed agli Emperor di “Nightside Eclipse” per la furia maestosa ed oscura. Emergono a tratti sfumature dall’aria depressive e passaggi virtuosi. Su tutto spicca la raffinatezza eterna e selvaggia degli elementi originari della musica folk cinese, in particolare gli strumenti tradizionali, capaci di sottolineare in modo vivace ma anche austero il fondo combattivo e senza compromessi. Quanto al cantato si viaggia perlopiù su uno scream acre, eppure assai consistente nel trascinare i sei brani dell’opera. In fatto di catturare l’ascoltatore, questo lavoro dispone di una coerenza assoluta lungo il suo percorso, proponendo nella sua interezza brani di qualità quasi eccelsa, forse solo vagamente sottotono nel brano finale. La produzione è nitida eppure velata di un’efficace patina grezza. Se deve esserci un brano che spicca tra tutti quello è “Rainy Night Carnage”, il pezzo più diretto del disco. L’ispirazione furente ma controllata è esaltata dalle vibranti scorribande dei toni bassi degli elementi elettrici e quelli luminosi degli strumenti tradizionali. Da citare – ma questo pure anche nelle altre tracce – l’esplosività della batteria, micidiale nella sua forza e nella sua precisione. Subito dopo in termini qualitativi c’è “Desperate War”, brano dallo spirito diretto come “Rainy Night Carnage” ma a differenza di quest’ultimo è più atmosferico e, se vogliamo, per certi versi meno tradizionale. L’implacabile tenacia di base si combina perfettamente con un cuore epico e misterioso.
“The Expendables” e “Wailing Wrath” sono strutturalmente simili, essendo più dilatate ma comunque incrollabili e multicolori nelle ritmiche e negli arrangiamenti. “The Expendables” però vince leggermente in quanto a bellezza delle melodie e per i curiosi e fugacissimi assoli di chitarra quasi alla “Bela Lugosi is Dead” dei Bauhaus.
In “Wailing Wrath” le tinte depressive aumentano il lato triste e cupo, umori evidenziati ulteriormente in “Despair and Resentment”. La tonalità spiritualmente sommessa di quest’ultimo brano potrebbe farlo apparire più debole rispetto al resto, ma in realtà ha un certo caratterino ed un breve ma prorompente uso del growl (altra cosa in comune con “Wailing Wrath”). Certamente è un ottimo brano nel suo genere anche se risulta un filino messo in ombra dalle altre canzoni(l’intermezzo “Hermit” non si conta).

Con l’album omonimo i Vengeful Spectre ci propongono un disco di alto livello ed ottimamente prodotto. Si può dire che ogni singolo componente dia forza all’altro con decisione e gran gusto melodico. La sicurezza e convinzione infusi in questo debutto sono sorprendenti, un’opera col botto, tra le migliori della scena locale. A questo punto è lecito sperare che il gruppo mantenga questa linea qualitativa, un debutto che i più potrebbero solo sognare, di qualunque nazione essi siano. Per chi ama il connubio folk e metal ma anche per quelli che apprezzano il black metal meno “caotico”.

Elisa “SoulMysteries” Tonini

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