Recensione: Vice

Di Alex Casiddu - 17 Dicembre 2012 - 0:00
Vice
Band: Redline
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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65

I Redline arrivano direttamente da Birmingham – città che ha dato i natali a mostri sacri come Black Sabbath e Judas Priest – e nonostante si siano formati sei anni fa, solo oggi pubblicano “Vice” il loro esordio discografico per Escape Music.

Il quintetto d’oltremanica non tradisce le proprie origini e si destreggia attraverso un classicissimo heavy metal di stampo ottantiano, con chiari riferimenti a Judas Priest (ovviamente), Saxon, Dio e qua e là a Whitesnake e UFO.

I due brani in apertura – “Battle Cry” e “King of the mountain” – sono dei proiettili che sfoggiano subito il lato “duro e puro” della band, fatto di doppia cassa e riff taglienti come una lama, autentico HM.
L’album alterna momenti veloci a momenti più cadenzati come “Black Sky” e “Twisting the knife”, in cui la voce di Kez Taylor ben si adatta agli intrecci chitarristici di Ade Yeomans e Steve Petty, il tutto sorretto dalla solida e precisa base ritmica di Steve Hill al basso e Mark Biddiscombe alla batteria.

Il combo inglese fa tutto in maniera semplice senza strafare e se questo, da una parte è sicuramente un pregio, dall’altra diventa anche un limite per i Redline, perché il rifarsi così fortemente a leggende come quelle sopracitate finisce per non dar loro originalità, conducendo il tutto ad un semplice tributo al genere Heavy Metal che, ad ascolto ultimato, lascia poche tracce nella testa dell’ascoltatore.

Sia chiaro, tutti i brani si fanno ascoltare piacevolmente e sono ben composti ed eseguiti – come la semi-ballad “Cold silent”, nella quale compaiono in qualità di ospiti Jimmy Lea (Slade) e Pete Lakin (ex Double Cross/Fatemaker), che arricchiscono la song con archi e pianoforte – ma nel quadro globale di questo debutto si ha sempre quella sensazione di già visto e sentito, a cominciare dalla copertina che raffigura una mascotte “molto somigliante” al mitico Eddie dei connazionali Iron Maiden.

Dopo aver rifiatato, con le successive song il ritmo ritorna ad essere incalzante fino alla bella “Edge of falling”, brano dove finalmente il gruppo apporta qualcosa di più personale, soprattutto per quanto riguarda il chorus che supporta a dovere la voce di Taylor, tanto da rendere questo episodio degno di nota quale esempio per i prossimi lavori.
Le conclusive “Some kinda mean” e “We came to rock”, con le loro veloci cavalcate heavy sempre fedeli a quanto creato dai padri fondatori del genere, portano a termine i 45 minuti di “Vice”.

In conclusione possiamo dire che questo non è un disco da buttare, anzi tutt’altro. Quando però, ci si rifà in maniera così marcata alle band che il genere l’hanno plasmato e proposto in decine di album nel corso degli anni, si rischia, come accade ai Redline, di venir giudicati non tanto per le doti tecniche – che ci sono e paiono anche valide – quanto per la mancanza di personalità.
A maggior ragione quando si parla di Heavy Metal, genere in cui i gruppi storici non hanno rivali.

La cosa che fa ben sperare, e dev’essere da incoraggiamento per la band è, che essendo questo un esordio discografico e dimostrandosi comunque all’altezza a livello tecnico, possono sussistere notevoli margini di miglioramento.
La speranza dunque, è che nel frattempo i Redline acquisiscano la giusta esperienza, magari suonando live, per trovare quelle caratteristiche in grado di garantire il proverbiale salto di qualità.

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Tracklist:

01.Battle Cry
02.King Of The Mountain
03.Black Sky
04.No Limits
05.Twistin’ The Knife
06.Cold Silence
07.High Price to Pay
08.The Edge Of Falling
09.Some Kinda’ Mean
10.We Came To Rock

Line Up:

Kez Taylor – Voce
A.D. – Chitarra
Redvers – Basso
Steve Petty – Chitarra
Mark Biddiscombe – Batteria

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