Recensione: Viribus Unitis

Di Stefano Usardi - 13 Gennaio 2021 - 10:00
Viribus Unitis
Band: Dragony
Etichetta: Napalm Records
Genere: Power  Symphonic 
Anno: 2021
Nazione:
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71

Iniziamo con una domanda: cos’hanno in comune l’imperatore Francesco Giuseppe I d’Austria, sua moglie Elisabetta (meglio nota come l’imperatrice Sissi) e il loro figlio Rodolfo con Houdini, Nikola Tesla, armate di zombi e una fortezza volante? A quanto pare, l’ultima uscita dei Dragony! Con “Viribus Unitis”, la loro ultima opera, l’austriaco sestetto si propone infatti di riscrivere la storia che noi conosciamo, ammantando di occultismo, magia nera ed echi steampunk le ultime vicende della casata imperiale asburgica*. “Viribus Unitis” (motto adottato da Francesco Giuseppe I dal 1849), in uscita a giorni, è una metal opera – format che già i nostri avevano sfruttato nel debutto “Legends” – che unisce il power teutonico più ampolloso e partiture sinfoniche d’ampio respiro e dall’intenso afflato cinematografico. In altre parole: tracce immediate e tendenzialmente brevi fatte di ritmi quadrati, chitarre grosse e cafonissime, melodie trionfali a profusione e cori poderosi dappertutto, in un vortice magniloquente che snocciola in una cinquantina di minuti tutto l’armamentario tipico del power sinfonico glorioso che piace tanto nell’area mitteleuropea (ma non solo), con tanto di rimandi al pop degli anni ‘80. I Dragony creano un tourbillon musicale lontano anni luce da qualsiasi parvenza di sobrietà (anche per chi non conoscesse il gruppo in questione basta dare un’occhiata alla copertina per capire che non si sta per ascoltare qualcosa di minimalista), talmente carico e sopra le righe che alla fine funziona, grazie a un buon tiro e una carica propositiva coinvolgente.

Si comincia con l’intro “On the Blue Danube”, ripresa del celeberrimo valzer di Strauss che ci introduce nell’ambiente austriaco. L’opener vera e propria, “Gods of War” (da cui è stato tratto anche un video), parte in modo prevedibilmente carico, dispensando chitarre agili e maestosità ad ogni piè sospinto, soprattutto durante il ritornello tutto cori. Una marcetta marziale introduce “Love You to Death”, che poi si sviluppa in un mid tempo dall’incedere drammatico, le cui note trionfali serpeggiano per tutta la sua durata esplodendo poi, anche qui, nella pienezza del coro. Il finale più inquieto cede il passo all’esplosione melodica di “Magic”, traccia solare e dai ritmi agguerriti, che si fanno vorticosi in concomitanza col breve assolo, dominata da linee melodiche forse fin troppo piacione ma di sicurissimo impatto. “Darkness Within” si ammanta di cupezza heavy, con chitarre più crude e minacciose contrastate da cori determinati e battaglieri; il tutto dona alla traccia un profumo epicheggiante e tempestoso, confermato poi dal breve indurimento centrale che ingloba la sezione strumentale. Si torna al trionfalismo con “A.E.I.O.U.”, brano caratterizzato da una strofa un po’ in sordina che però si carica di enfasi durante il ponte, per trovare compimento durante il ritornello pieno, poderoso. Si arriva ora alla title track, che segue più o meno le coordinate della traccia precedente impennandone, però, sia la carica trionfale che il tasso di enfasi estatica. Ne esce una traccia sopra le righe ma molto gustosa, magniloquente e drittissima, che fa dell’immediatezza prorompente il suo tratto distintivo e, nella sua possente cafonaggine, centra in pieno l’obiettivo. Il tasso di enfasi declamatoria non si smorza neanche nella successiva “Golden Dawn”, traccia corale che a mio avviso pecca, però, di un’eccessiva ricerca di pathos, finendo per risultare indigesta. Una partenza in odor di pop anni ’80 introduce “Made of Metal (Cyberpunk Joseph)”: qui, più che altrove in “Viribus Unitis”, si respira un’aria di cafonaggine rétro forse un po’ eccessiva. Melodie e cori un po’ stucchevoli caricano la traccia, a sua volta screziata da un sottofondo synth a mio avviso troppo caciarone. Si torna in riga, si fa per dire, con la successiva “Battle Royale”, caratterizzata da un andamento drammatico sviluppato, però, con un tiro più narrativo. L’enfasi è presente anche qui, ma viene usata con cognizione di causa per dare la giusta luce al climax del concept, mentre con “Legends Never Dies” i nostri chiudono il sipario tornando alla carica propositiva declinata attraverso melodie cafonissime e ritmi quadrati, interrotti a un tratto da un indurimento del suono più cupo e pesante ma che alla fine si dissipa da solo con l’arrivo dell’assolo. Ci sarebbe tempo anche per una cover, “Haben Sie Wien Schon Bei Nacht Gesehen”, canzone pop del 1985 del connazionale Rainhard Fendrich coverizzata poi in mille salse e resa, dai nostri, in un modo piuttosto energico che me la fa preferire all’originale, ma che in fin dei conti non aggiunge nulla all’economia dell’album e nulla c’entra col tono dello stesso. Vediamola come un tributo divertente a un’icona del pop austriaco degli anni ’80 e chiusa lì.

Tirando le somme, “Viribus Unitis” è un buon album, ben suonato e con un concept divertente alla base: se devo essere del tutto sincero questo tipo di power metal, fin troppo sopra le righe, non mi dice più granché da un po’ di tempo, ma sono comunque abbastanza sicuro che, pur senza introdurre grossi sconvolgimenti, “Viribus Unitis” farà la felicità dei fan del sestetto e di chi non sa star lontano da melodie gloriose e tiro propositivo.

 

*Per farla breve: Rodolfo d’Austria non si è suicidato insieme alla sua amante nel castello di Mayerling nel 1889, ma la morte di lei mette a dura prova la sua psiche. Ancora in vita al momento dell’assassinio dell’adorata madre, vede la sua pazzia latente prendere sempre più il sopravvento e abbraccia la magia nera, condendola con le conoscenze scientifiche di Nikola Tesla, per resuscitare l’imperatrice e risollevare il morale delle truppe che, ora impegnate nella prima guerra mondiale, se la stanno cavando così così. L’esperimento non va proprio benissimo, e una Sissi rediviva posseduta da un demone risveglia un’armata di non morti per creare il proprio impero. Nel frattempo, Francesco Giuseppe viene dichiarato morto: Rodolfo viene nominato imperatore, mentre Tesla trasferisce gli ultimi scampoli di coscienza del padre (che in realtà era solo quasi–morto, per citare Max dei Miracoli) in un’armatura di sua ideazione (anticipando così i dreadnought di Warhammer 40000) per mantenerlo in una pseudo–immortalità e scagliarlo così contro la sua ex moglie non–morta. A questo punto entra in scena Houdini, che, dopo aver fallito nel tentativo di disfare il disastro magico operato da Rodolfo, decide di agire direttamente sulla mente del giovane imperatore per riportarlo alla ragione, riuscendovi. Vi risparmio il finale, ma vi basti sapere che implica una fortezza volante ricavata dal castello di  Schönbrunn e un portale temporale.

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