Recensione: Warlock – Triumph And Agony Live

Di Marco Tripodi - 30 Settembre 2021 - 11:31
Warlock – Triumph And Agony Live
Band: Doro
Etichetta: Rare Diamonds
Genere: Heavy 
Anno: 2021
Nazione:
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70

Il 29 settembre del 1987 veniva pubblicato dalla Vertigo Records il quarto ed ultimo album dei metallers tedeschi Warlock, “Triumph And Agony“. All’epoca il disco fu salutato come il capitolo discografico più maturo della band e certamente lasciava presagire un futuro radioso per gli Warlock, partiti nell’84 col più acerbo (ma gradevolissimo) “Burning The Witches” ed approdati in meno di un lustro ad un lavoro sostanzialmente perfetto ed enormemente più evoluto, passando attraverso gli ottimi “Hellbound” e “True As Steel“. La personalità della frontwoman (in un periodo nel quale guidare una band di heavy metal quadrato e germanicamente ortodosso non era esattamente la quotidianità per una donna) era cresciuta a dismisura ed in un tempo relativamente breve Dorothee Pesch, figlia di Düsseldorf, si era guadagnata il titolo onorario di Queen of Metal. Come spesso accade, il successo può elevare a potenza o disintegrare a potenza, nel caso degli Warlock si trattò della seconda ipotesi; proprio quando ogni porta verso la gloria sembrava definitivamente schiudersi la band cessò di esistere e Doro proseguì – prevedibilmente – come solista, dapprima cercando di sfruttare il più possibile l’onda lunga della sua ex band (“Force Majeure” del 1989 è sostanzialmente ancora un capitolo degli Warlock), poi provando a definire una propria personalità. Sebbene inizialmente si affidò alle mani del “turpe” Gene Simmons (che tentò di trasformarla in una novella Pat Banatar spingendo marcatamente si di una chiave più sexy… mai stata nelle corde di Doro), riprese poi un cammino autonomo, nel complicato tentativo di sopravvivere agli anni ’90. Per farla breve, fu a partire da “Calling The Wild” che Doro salutò il nuovo millennio e riprese in modo rigoroso ed incontaminato i binari di quell’heavy metal tradizionale che aveva già marchiato a fuoco il monicker Warlock.

Da allora sono usciti altri 5 album di integralissimo denim and leather e con il compiersi del 35°esimo anniversario del fu “Triumph And AgonyDoro decide di riesumare quello storico album e celebrarlo in una nuova dimensione live (lo Sweden Rock Festival). La ciliegina sulla torta sarebbe stato riunire anche quella line-up, tuttavia è la band personale di Doro a calcare il palco ed a farsi carico di tale operazione nostalgia. Non deve stupire più di tanto, è sostanzialmente dal 1988 che ad ogni nuovo album leggiamo nelle interviste e nelle dichiarazioni che Doro avrebbe scritto la nuova “All We Are“, anthem contenuto in “Triumph And Agony” e divenuto un po’ l’emblema di tutta la carriera della band prima e di Doro stessa poi. “Triumph And Agony” insomma ha sempre occupato un posto speciale nel cuore di tutti i fans di frau Pesch e solo rievocare quel nome fa (meritatamente) venire la pelle d’oca. La release viene offerta al pubblico in svariati formati, sia audio che video, dal bluray al cd, dalla cassetta al vinile, dai boxset alla action figure che riproduce l’iconica copertina con lo warlock (lo stregone malvagio) che insidia la bionda valchiria teutonica.  Chiaro che godersi lo spettacolo anche visivamente aggiunga tutt’altra benzina al recupero di quella immortale scaletta di 10 tracce scolpita nel marmo del Valhalla metallico; sostanzialmente “Triumph And Agony Live” va inteso come una grande festa, un omaggio sentito ad un passato mitico, al quale tornare continuamente per non smettere mai di abbeverarsi alla fonte dell’eterna gioventù.

Come recensore ho potuto occuparmi solo del cd, ovvero della versione sonora del concerto (come molto probabilmente sarebbe accaduto se un live di “Triumph And Agony” fosse stato concepito e pubblicato immediatamente a ridosso del ’87), quindi le mie impressioni vanno contestualizzate in tal senso, non dubito che poter partecipare alla festa di cui sopra e vedere in azione Doro – una macchina da guerra indomita da quasi 40 anni – rimanga sempre e comunque una esperienza gratificante ed appagante, oltre che smisuratamente adrenalinica. Tuttavia, limitandosi all’ascolto del live, bisogna più volte ripetersi che il focus dell’impresa non è tanto concepire un prodotto formalmente perfetto ed impeccabile quanto semmai emotivamente coinvolgente, sentimentalmente accattivante; lasciarsi insomma trascinare nel flusso dell’amarcord e mettersi a cantare assieme a Doro ogni singolo ritornello di “Triumph And Agony“. La stessa Doro fa un po’ fatica a tratti, fisiologicamente un pezzo come “Touch Of Evil” per esempio, parecchio sfidante da cantare, non può che risultare diverso ed adeguato al calendario rispetto alla veemenza che Doro aveva su disco. Il brano per altro è posto in apertura (dopo un’intro), dato che la scaletta viene rimescolata per aggiungere magari un tocco di dinamicità ed imprevedibilità al tutto. Alcune tracce finiscono col guadagnare da questa dimensione live, penso ad esempio a “Für Immer” o “Make Time For Love“, mentre l’ospite d’onore, la granitica e cameratesca “All We Are“, posta a sigillo finale del concerto, diventa un pretesto per dar fuoco alle polveri (si potrebbe dire piuttosto ai polmoni) ed unirsi a Doro nella reiterata proclamazione di quelle tre parole, come fossero una solenne promessa di matrimonio.

Un po’ tutto l’album viene sfrondato dell’eleganza e del mistero che pur aveva, declinato in sede live unicamente come un piccolo plotone di martelli metallici tout court da eseguire nudi e crudi, senza tanti fronzoli. “Triumph And Agony” era anche altro, aveva una terza dimensione (di profondità) che poi era proprio quella che lo differenziava dai precedenti album del gruppo. La prova di Doro non è esattamente all’insegna della precisione chirurgica, insegue le strofe, si mantiene quasi esclusivamente su tonalità urlate senza stare granché a modulare, colorare e dare sfumature alla sua performance (al di là di un vibrato un po’ fastidioso al quale evidentemente si appoggia per necessità, ma che non era presente nella versione originale 1987). Il vero fan dirà “chi se ne frega” ed in fondo è giusto così, qui si deve godere e farsi sommergere dalla cascata di lava metallica, non stare a contare i passi ed applicare algoritmi di precisione. Come detto, “Triumph And Agony Live” è innanzitutto e soprattutto una festa, dunque in alto i calici e volume al massimo.


Marco Tripodi

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