Recensione: We Will Ride

Di Vito Ruta - 12 Febbraio 2021 - 0:01
We Will Ride
Band: Inglorious
Etichetta: Frontiers Music
Genere: Hard Rock 
Anno: 2021
Nazione:
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79

La band britannica Inglorius, nata a Londra nel 2014, è alla quarta uscita discografica della carriera con “We will ride”.

Dalla pausa forzata imposta dalla pandemia e dalla vivacità portata dai suoi tre nuovi componenti, Dan Stevens e Danny De La Cruz alle chitarre e Vinnie Colla al basso, pronti a dare manforte ai membri originari Nathan James alla voce e Phil Beaver alla batteria, il gruppo ha tirato fuori un album notevole.
Le influenze tangibili e manifestamente dichiarate che hanno caratterizzato la precedente produzione, contraddistinta da un approccio moderno alle sonorità dei più grandi gruppi hard rock inglesi, si ritrovano anche in questo album, dalla forte componente melodica, in un effervescente caleidoscopio di accostamenti e rimandi che non può non conquistare gli amanti del genere, anche grazie ad un sound di grande vigore, caldo ed estremamente pulito.

Apre la poderosa “She Wont Let You Go” che fa comprendere da subito quanta influenza abbiano avuto David Coverdale e gli Withesnake, soprattutto su Nathan James, seguita a ruota da “Messiah”, che sfoggia un mega riff alla Led Zeppelin e rappresenta un riuscito esercizio funambolico tra melodia e potenza.
Stupenda la successiva “Medusa” che offre un intrigante riff slide, un articolato quanto gradevole chorus e un cantato alla Paul Rodgers.
In “Eye of the storm” si alternano toni sognanti, sostenuti da un delicato arpeggio, a violente scariche elettriche. Il possente chorus, cantato a pieni polmoni, rende la tempesta perfetta.
Cruel Intention” fa seguire ad un breve arpeggio, in odore di saudade, un altro gran bel riff, potente e tagliente, che sembra saltato fuori direttamente da “Slip of the tongue” (album che vedeva militare nel Serpente bianco un certo Steve Vai).
My misery” è un altro brano godibilissimo, permeato da atmosfere alla Bad Company.
Nel successivo vorticoso giro di giostra, costituito da “Do you like it”, Nathan James gioca a far alternare alla voce i già citati Coverdale e Rodgers, su una base marcata Deep Purple in cui spicca un grande solo di chitarra.
In “He Will Provide”, che offre un riff atipico, gli Inglorius fanno scendere in campo inedite suggestioni, evocando nientepopodimeno che il padrino dell’heavy metal dell’epoca d’oro di “Blizzard of Ozz”.
La parte finale dell’album, rappresentata dal trittico “We will meet again”, “God of war” e dalla titletrack “We will Ride”, è rock melodico di razza, che non sacrifica nulla alla potenza a cui i nostri ci hanno abituato.

I nuovi componenti si presentano da subito perfettamente integrati e sorprendentemente affiatati tra di loro e offrono una marcia in più alla band, già indicata come “il futuro del British rock”, giudizio con il quale concordo.
L’album permette al gruppo di fare un ulteriore passo avanti sulla strada della gloria, rendendolo credibile successore di cotanta eredità.

 

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