Recensione: When Empires Burn

Di Mauro Gelsomini - 4 Giugno 2003 - 0:00
When Empires Burn
Band: Bob Catley
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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70

La quarta release per la voce dei Magnum, arriva a tre anni di distanza dal suo ultimo studio album, ed è prodotto da Paul Hodson, apprezzato tastierista e pianista dei conterranei Ten, il quale entra in pianta stabile con i suoi tasti d’avorio anche nella band di Bob Catley. Hodson
“When Empires Burns” non potrebbe iniziare altrimenti che con “The Torment”, burrascosa intro sinfonica, prima che la magniloquente potenza degli arrangiamenti faccia il suo ingresso. “Children Of The Circle” è pomposissima e heavy al tempo stesso, con un Catley in forma smagliante, che graffia come ai bei tempi. Alle tastiere Paul Hodson (già con i Ten) è il solito fenomeno dal gusto sopraffino.
vicina ai Ten, “Gonna Live Forever”, è notevole per il classico cambio di tonalità sul refrain, inaspettatamente eseguito fin dal primo dei chorus… La song è atipica anche per la sua brevità, dal momento che sfuma presto sul flanger di “The Prophecy”, dove Catley sembra quasi fare il verso a Ronnie James Dio sul riffing cadenzato e tagliente di Vince O’Regan, in evidenza anche sul solo che mette la ciliegina sulla torta per una song che è un esempio straripante di classic metal. Le radici di Catley tornano alla ribalta nel pomp/AOR di “I’ll Be Your Fool”, spensierata come solo le migliori song dei Magnum erano.
Ancora i Magnum, stavolta nella loro veste più romantica, fanno capolino in “Every Beat Of My Heart”, purtroppo ombrata dal fastidioso fruscio (immagino un effetto voluto) che persiste su buona parte del pezzo. Il discorso non cambia per la titletrack, che potrebbe tranquillamente appartenere ad uno qualsiasi dei platter dell’ex band di Catley (eccezion fatta, forse, per il troppo happy “Vigilante”), ma non apparirebbe fuori luogo neanche su un disco come “The Robe” dei Ten. Come il prevedibile titolo lascia ad intendere “Meaning Of Love” è una power ballad, dalle linee piuttosto scontate, ma pur sempre d’effetto… Sarebbe veramente il caso di dire che la classe non è acqua…
Si torna all’heavy più classico con “This Is The Day”, che tuttavia non si rassegna ad abbandonare le sponde dell’AOR, salvo poi sorprendere con un finale piuttosto stravagante, fatto di oscuri cambi di tonalità e un solo dal taste malinconico.
Per ascoltare un up-tempo bisogna aspettare la penultima traccia del disco: “Someday Utopia” è forse il pezzo più riuscito dell’intero CD, mai noioso e con degli spunti progressivi di gran gusto: si consiglia caldamente l’ascolto dei tempi dettati dal basso di Al Barrow e dalla batteria di Jamie Little…! Catley poi, è stellare nell’accostare le sue liriche a quelle di Ronnie Dio
Chiudono il feeling epico e le influenze celtiche di “My America”, ballad da mille e una notte il cui incipit, con le sue cornamuse, omaggia “March Of The Argonauts” (Spellbound, Ten); quindi le atmosfere folk si fanno più evidenti, e la song diventa un mid tempo incalzante e deborda nel chorus finale dopo il turbinante solo di O’Regan.

In conclusione si tratta di un buon disco di sano AOR, forse troppo poco personale e distaccato dal sound delle due band di appartenenza dei principali songwriter – i Ten per Hodson da una parte, i Magnum per Catley dall’altra – ma per gli affamati di rock/metal melodico come il sottoscritto, questo è un disco da avere, senza ombra di dubbio.

P.S.: l’album è disponibile anche in una edizione digipack limitata a 10.000 copie, contenente due bonus track, “Heaven Can Wait” e “When The Earth Lies Still (Demo)”.

Tracklist:

 1. The Torment (intro)
 2. Children Of The Circle
 3. Gonna Live Forever
 4. The Prophecy
 5. I’ll Be Your Fool
 6. Every Beat Of My Heart
 7. When Empires Burn
 8. Meaning Of Love
 9. This Is The Day
10. Someday Utopia
11. My America

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