Recensione: With All Their Might

Di Gianluca Fontanesi - 9 Ottobre 2017 - 0:02
With All Their Might
Band: Dyscarnate
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2017
Nazione:
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82

Qualcuno li fermi. Anzi, meglio di no, godiamoci lo stato di forma smagliante dei Dyscarnate fin che dura perché è tanta roba! Giunti all’importantissimo traguardo del terzo album, i nostri non si smentiscono e calano un bel carico da undici su una mano che è sempre stata ricca e zeppa di punti. With All Their Might accasa gli inglesi sotto l’ala dell’attivissima Unique Leader, ormai punto focale per tantissimi amanti del death metal, e si rivela un’opera degna del nome che porta, ma andiamo in ordine. Per chi non li conoscesse i Dyscarnate sono la boutique della pacca e della legnata; suonano un death metal scremato praticamente di tutto, lo suonano molto bene e sono in grado di soddisfare legioni di amanti del genere e non. La loro proposta è sulla carta abbastanza basilare con una formazione a tre, un riffing abbastanza semplice e parecchio legato ai power chords oltre che ad ogni tipo di pennata death e una sezione ritmica che elimina quasi in toto le partiture più veloci tipiche del genere. Fin qui tutto normale, quando però si fanno partire i dischi dei Dyscarnate, si salvi chi può.

Le danze qui si aprono con Of Mice And Mountains, e già si può notare come più che in 3 a suonare sembrino in 15; il groove della band è tra i migliori in circolazione e la potenza emanata dal vivo sarà qualcosa di assolutamente fuori controllo. Ciò che per una buona percentuale contribuisce al suono letale dei Dyscarnate è senza ombra di dubbio la produzione, che punta su un assalto in your face con volumi da denuncia e bassi da mettere in allerta tutti i sismografi delle zone limitrofe al vostro stereo. Completa il quadretto il growl di Tom pregno di una sana attitudine hardcore e siamo perfettamente a fuoco. Echi meshugghiani aprono This Is Fire e si preme sull’acceleratore, per poi rallentare e preparare il terreno al ritornello che è un rullo compressore mandato a tutto gas contro anni di stereotipi. Il ponte sa parecchio del buon vecchio swedish di una volta e il raddoppio di cassa è micidiale; ci si toglie anche la soddisfazione di una sporcata di clean vocals più o meno spaziale e, mentre siamo intenti a goderci il finale dilatato per mettere in archivio un altro gran bel pezzo, Iron Strenghtens Iron riparte a martellare. Mai copertina fu più adatta per un disco! Qui si rallenta un poco ma la tensione rimane pazzesca; la band inserisce qui intermezzi più ariosi e raggiunge anche un buon livello di varietà, poi su monocordi, ritmiche, stop and go e tiro sono leader assoluti. Traitors In The Palace introduce connotati malefici e sulfurei al disco ed è un lentaccio niente male e con la giusta collocazione in tracklist; spezza bene il ritmo e quando accelera riesce a farlo con estrema naturalezza senza risultare “telefonato”.

La seconda parte dell’opera si apre con quello che è a nostro parere il brano migliore del lotto. To End All Flesh parte lenta con un riff in tremolo picking ciccione al punto giusto per poi accelerare, fare un po’ quello che vuole sugli stacchi e radere al suolo tutto con la solita nonchalance. L’uso del pubblico è magistrale e sembra di ritrovarci in un’arena intenti a macellare tutto ciò che abbiamo di fronte assaporando l’odore del sangue e bramandone ancora, ancora ed ancora. Finale terzinato e di ragionare non c’è tempo. Backbreaker cala ancora una volta il martello e vi ritroverete a fare a spallate perfino col vostro gatto o qualsiasi cosa organica che avrete in casa a portata di mano. La costruzione dei cori è ovviamente magistrale e i monocordi in doppia cassa alternati a stoppati prettamente brutal sono da sincope, e non è ancora finita. All The Devils Are Here ha un incipit tamarrissimo ma efficace e mantiene altissimo il livello di un disco che non conosce la parola cedimento praticamente mai; qui si gioca molto suo monocordi e su una seconda parte che strizza più l’occhio al death classico. Altro brano ottimo sotto tutti i punti di vista e con un finale clamoroso. La conclusione è affidata alla traccia più lunga del lotto, Nothing Seems Right che, dall’alto dei suoi otto minuti, guarda le sue predecessore facendo l’occhiolino a un po’ di sperimentazione che a questo punto assolutamente non guasta. Anzi, fa un gran bel lavoro e riesce a creare un senso di attesa e inadeguatezza che si protrarrà per tutta la durata del brano nonostante il ritorno a coordinate più classiche in seno alla band.

Cosa possiamo dire ora? Procuratevi With All Their Might e godetene tutti! I Dyscarnate si confermano una macchina da guerra in grado di sprigionare una potenza, una furia e un groove che di questi tempi è tutto grasso che cola. Sono l’antitesi perfetta del technical che oggi va molto per la maggiore e comunque offrono un suonare moderno, fresco e che live farà impazzire parecchia gente. Qui non c’è né la pretesa né la volontà di innovare e forse è anche giusto così; qui ci sono 8 pezzi per un minutaggio di una quarantina di minuti, bastano, avanzano e alla fine premere ancora il tasto play sarà una scelta praticamente obbligata. Tra le migliori uscite di quest’anno. Letali.

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