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Dream Theater (John Petrucci)

Di Riccardo Angelini - 9 Novembre 2009 - 1:24
Dream Theater (John Petrucci)

Giovedì 29 ottobre 2009, ore 17:00. Mancano poche ore all’inizio della data bolognese del Progressive Nation Tour e il sottoscritto sta aspettando da un’oretta buona l’arrivo di John Petrucci. Più tardi avrebbe scoperto che il buon John era rimasto asseragliato in un noto negozio di strumenti locale, a scaldare le dita firmando un riscatto stimato in centinaia di autografi. Quando finalmente il prigioniero sarà liberato e arriverà sul luogo dell’appuntamento, saprà farsi perdonare dimostrando una disponibilità e un’umiltà fuori dal comune. E qui vale la pena fare un piccolo inciso: tante volte la famiglia dei Dream Theater è stata presentata come un gruppo di fighetti con la puzza sotto il naso – bene, credo che chiunque abbia avuto a che fare anche solo cinque minuti con un personaggio come John si sia reso conto una volta in più di quante voci campate in aria girano nel settore. John è stato letteralmente un pezzo di pane, accogliendo con gratitudine e quasi con stupore ogni complimento e accettando con un sorriso qualsiasi critica. Alla fine l’intervista si è trasformata in un’affabile chiacchierata che ha toccato – nei limiti di tempo disponibile – il presente, il passato e il futuro dei Dream Theater. Buona lettura!

John, l’ultima volta che vi ho visto a Bologna eravate insieme ai Symphony X. Questa volta vi siete portati dietro la bellezza di tre band. Fra queste, il nome di lusso sono gli Opeth…

Sì, gli Opeth sono una grande band, abbiamo fatto un tour insieme negli U.S. due estati fa ed è andato veramente a meraviglia. Amo molto la loro musica, le atmosfere che riescono a creare. Mikael è un grande cantante e un eccellente compositore, è stato un piacere averli a fianco.

Bigelf e Unexpect invece sono nomi meno noti al grande pubblico. Come mai li avete scelti?

Li ha scelti Mike, è lui l’esperto. Li seguiva da tempo e li ha proposti per il tour in Europa. Io non li conoscevo. I Bigelf mi hanno sorpreso. Sono una band di L.A., ma due di loro sono norvegesi. Suonano un rock classico con suoni molto anni ’70 e a mio avviso sono davvero bravi in quello che fanno.

E gli Unexpect? Devo ammettere che non mi sarei mai aspettato di vederli in tour con voi…

Li conoscevi già?

Sì, e mi piacciono pure. Ma sono, come dire, piuttosto particolari…

Sì, particolari! (risate, ndr) Hanno un sound molto avantgarde e teatrale. Sono di sicuro una delle band più originali che abbia mai sentito suonare. È un sorta di rock theatre… Quanti sono? Nove? Hanno violino, voce femminile, tastiere, due chitarre… quando suonano loro c’è un sacco di gente sul palco… E un sacco di dredlock che volano! (risate, ndr)

Bene, cambiamo argomento. Avete un album che si è guadagnato posizioni piuttosto alte nelle classifiche europee. Lì in mezzo c’è una canzone che è piaciuta un po’ a tutti, una canzone che parla di qualcosa che ti è capitato qualche tempo fa, proprio in Italia… Sai già di cosa parlo, vero?

Ah, ‘The Count Of Tuscany’… si basa su un mio vecchio viaggio in Toscana insieme ad alcuni amici. Mi trovavo in questo vecchio castello, che aveva una grande cantina piena di botti di vino. Incontrammo anche il conte e la sua famiglia, che ci guidarono per una visita attraverso i sotterranei. È stato molto bello, ma nel mentre ci venivano raccontate anche delle cose molto strane. Ci mostrarono la mummia dell’antico proprietario del castello, assaggiamo del vino molto, molto vecchio e ci narrarono una storia sui soldati in tempo di guerra…

Sembra l’inizio di un racconto horror…

Sì, infatti! (risate, ndr) In realtà però non sono mai stato seriamente spaventato, era tutto molto divertente. 

Ah, quindi la svolta drammatica è un artificio narrativo.

Esatto, l’ho inserito dopo, mentre scrivevo la canzone. 

Hai capito… Beh, credo che alla fine sia uscito un gran bel pezzo. Lo sentiremo stasera?

Sì, assolutamente. Ci siamo accorti che la canzone funziona piuttosto bene dal vivo, al pubblico sembra piacere e stasera la sentirai di sicuro. 

Oh bene, temevo che sarebbe stata esclusa per motivi di tempo. Un’altra canzone per la quale hai scritto dei testi interessanti è ‘Wither’. Se non vado errato, parla del blocco dello scrittore…

Guarda, sono in molti che credono che sia quello il tema. In realtà parla più in generale del processo creativo: quando devi scrivere, e ti trovi davanti al foglio bianco, e non sei sicuro di quello che farai. E non riguarda soltanto la scrittura, ma anche il disegno, la pittura, la musica, l’arte…

…i test dell’università…

Esatto! (risate, ndr) 

Nell’omonimo EP, tu ‘Wither’ la canti pure. Devo dire che siamo rimasti sorpresi in molti, perché non te la sei cavata affatto male…

Ah, grazie! Io non ho una gran voce, arrivo poco in alto, quindi la ho adattata un po’ a quello che so fare. Comunque non è stato particolarmente difficile, mi sono divertito a farlo.

Un altro che ultimamente canta parecchio è Mike… Non è che progetta forse di licanziare James e diventare il nuovo frontman della band?

Spero di no! (risate, ndr) A me e Mike piace cantare ma non arriviamo lontanamente al livello di James.

Guarda, non saprei come dirglielo, ma per quanta buona volontà ci metta Mike come cantante è un mezzo disastro.

Diciamo che è meglio come batterista (risate, ndr).

Meglio cambiare argomento! Parliamo di DVD. Da ‘Train Of Thought’ a ‘Systematic Chaos’, non vi siete risparmiati, ne avete tirato fuori uno dopo ogni album. Dobbiamo aspettarcene uno anche dopo ‘Black Clouds…’?

No, non credo. Probabilmente non pubblicheremo nessun DVD dopo quest’album e ne riparleremo più avanti.

Ok. Ora, devi sapere che sul forum di Truemetal.it nelle ultime settimane si è tenuto un contest, organizzato dal nostro utente dreamtheater84, per eleggere il miglior pezzo dei Dream Theater. Indovina quale ha vinto…

Uhm… The Count Of Tuscany?

No, ma la durata è simile.

Ah… Octavarium?

Acqua. Ha vinto A Change Of Season. 

Ma pensa te… è piaciuta così tanto?

Beh, in effetti io ne avevo votata un’altra, però sì, piace molto. Peccato che dal vivo non la si senta tanto spesso…

In realtà non l’abbiamo abbandonata, piace anche a noi. Però è molto lunga e occupa un sacco di tempo nella setlist. Visto che ci sono anche altre canzoni che vogliamo suonare dobbiamo fare attenzione alle occasioni in cui la si può suonare. Ma non l’abbiamo abbandonata, garantito.

Spero allora che rientri presto nella setlist. Se avessi dovuto votare anche tu nel nostro sondaggio, quale pezzo avresti votato?

Mah, vediamo un po’… Devo dire che a me piacciono le canzoni di Scenes From A Memory, tipo Home o The Spirit Carries On. The Spirit Carries On ha un bel feeling, mi piace, soprattutto suonarla dal vivo. 

Credo di interpretare un sentimento comune se ti dico che a noi piace sentirla. Ora, vorrei parlare di una questione molto dibattuta circa gli ultimi album dei Dream Theater. Di solito nella carriera di una band i primi album sono quelli più derivativi, gli ultimi quelli più personali. Nel caso dei Dream Theater però le vostre influenze sono diventate più esplicite proprio negli ultimi dischi…

Capisco cosa intendi. Vedi, a meno che tu non viva in una campana di vetro, è impossibile che tu non sia influenzato da ciò che ti sta attorno e ciò che ti piace. In particolare nel caso di un musicista, diventi come una spugna che assorbe tutto ciò con cui entra in contatto. E qualche volta è difficile farlo uscire di nuovo. Vuoi sempre essere originale, vuoi sempre fare in modo che nelle cose risuoni la tua identità. Qualche volta le influenze in cui ti sei imbattutto appaiono davvero evidenti, cosa che per me sta bene, fa parte dello sviluppo del processo creativo. È come un lungo viaggio. Durante il viaggio, ti imbatti in una serie di tappe differenti, ma non ti fermi e prosegui per la tua strada. Non vuoi certo fare a pezzi qualcuno e prenderti ciò che è suo: nessuno vuole farlo e noi non l’abbiamo mai fatto, tutte le band più famose non lo hanno mai fatto. Ma avere un’influenza che emerge da ciò che fai è una cosa diversa. Penso che non sia un male.

A proposito di influenze, alcune di queste sono presentate nel CD di cover allegato all’edizione limitata di ‘Black Clouds’. I pezzi li avete scelti assieme oppure…

…no, li ha scelti Mike.

Ecco, lo sospettavo (risate, ndr).

Sì beh, lui è sempre quello che ha queste idee. Possiamo sempre contare sul fatto che ogni volta se ne uscirà con qualche trovata delle sue. Per quanto riguarda le cover, le abbiamo approcciate ciascuna in un modo diverso. Non ci è voluto troppo tempo. In qualche caso abbiamo cercato di mantenerci fedeli all’originale, in altri abbiamo cercato di darne una nuova interpretazione. Per esempio, se confronti le nostre versioni dei Crimson e dei Dregs con gli originali, ti accorgi che le nostre sono molto più heavy.

Ti dirò che ‘Odyssey’ sembra quasi un pezzo scritto apposta per voi.

Lo so, ma i Dregs sono un’influenza enorme per me, come chitarrista, e per il sound dei Dream Theater. Anche quello è progressive rock.

Con ‘Stargazer’ invece avete sfidato gli dei, e devo dire che ne siete usciti a testa alta…

Ah, ti ringrazio!

Qual è stato il pezzo che ti sei divertito di più a suonare?

Credo proprio i Dregs, perché Steve Morse è stato un grande maestro per me. 

Ok. Facciamo ora un piccolo salto indietro nel tempo. Qualche anno fa hai pubblicato il tuo primo album solista. Ci sarà un seguito?

Sì, non ho ancora iniziato ma realizzerò sicuramente un altro disco. Me lo sento chiedere piuttosto di frequente e questo mi incoraggia a continuare per quella strada.

Sentiremo mai qualcuno di quei pezzi dal vivo?

Mi è già capitato di suonare qualche canzone durante il G3, non in Europa ma in Sud America, Australia e Giappone. Mi sembra che al pubblico siano piaciute, purtroppo non c’è stata la possibilità di suonarle anche in Europa, magari in futuro ci sarà.

Speriamo. Intanto ho una piccola curiosità personale. Tempo fa mi capitò di chiedere a Steve Hackett che cosa fosse per lui il progressive. Steve diede una risposta piuttosto articolata, ma mi sorprese dicendo che per suonare progressive devi suonare un organo Hammond: no Hammond, no party. Tu che cosa ne pensi?

Beh, io ho sempre pensato che suoni progressive quando hai molte influenze diverse, e queste influenze si riflettono nella musica, facendola cambiare in continuazione. Le canzoni non seguono una struttura normale: sono più lunghe, c’è improvvisazione, molte parti soliste, ritmi particolari, il fatto di raccontare una storia… ci sono molti elementi secondo me che fanno il progressive. Quando io penso al progressive rock, penso agli Yes. Sono stati una grande influenza sui Dream Theater.

Gli Yes sono progressive rock, mentre i Dream Theater sono progressive metal. A tuo giudizio, la sola differenza fra i due generi è che il prog metal è più pesante?

Direi di sì. La differenza più grossa fra i due generi per me sta nel suono degli strumenti. Il prog metal è un’interpretazione moderna del genere. Le chitarre sono più distorte, i riff sono più pesanti, a’la Metallica, la batteria col doppio pedale è più potente, in stile hard rock e metal. Credo che in generale il nostro sound sia più legato alle chitarre, mentre quello di Yes e altri era più legato alle tastiere. 

Torniamo a parlare di live, ma non dal punto di vista musicale. Qual è la cosa più stupida che hai visto o ti è capitata in tour?

Beh, ce ne sono tante… Una delle ultime ci è capitata durante il Progressive Nation Tour americano, quando eravamo con i Zappa Plays Zappa. Durante il sound check siamo stati assaliti dai ragazzi della crew, che sono saliti sul palco inscendando una specie di episodio di Guerre Stellari, con tanto di travestimenti e spade laser. È stato un spettacolo davvero spassoso!

Immagino. Ora, ci sarebbe un’altra cosa che mi chiedo da tempo…

Spara.

Guardavo le tue foto promozionali degli ultimi anni e non ho potuto fare a meno di notare che col tempo sei diventato… come dire… più massiccio. 

Mh. (sorride, ndr)

Quindi mi chiedevo… ma che diavolo ti magni a colazione?

(Qui mi guarda strano, faccio in tempo a pensare “adesso mi decapita con un manrovescio”, quando il dio della benevolenza cala su di lui: John fa un sorrisone e si caccia a ridere, ndr) Beh, di solito mangio uova e altre cose come carne o cereali… Però stamattina non sono riuscito a mangiare nulla, non ho avuto tempo.

Ah allora sarai affamato!

In effetti sì, mi farei volentieri una fetta di pizza.

In tal caso ti lascio andare John, direi che ti sei guadagnato la tua pizza. Grazie mille, sei stato gentilissimo, e in bocca al lupo per stasera!

Grazie a te Riccardo, e un grande saluto a tutti i tuoi lettori. Ci vediamo stasera!

Riccardo Angelini