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Bulldozer (Tutta La Band)

Di Angelo D'Acunto - 2 Febbraio 2010 - 0:10
Bulldozer (Tutta La Band)

Non hanno certo bisogno di presentazioni, i Bulldozer, e diciamoci la
verità, forse mancavano solo loro all’appello delle reunion di nomi illustri che
hanno fatto la gioia dei fan di vecchia e nuova data negli ultimi anni. Il 21
marzo la band sarà di scena all’Alcatraz di Milano per l’edizione 2010 dell’Italian
Gods Of Metal
. Per l’occasione abbiamo avuto modo di scambiare qualche
parola con tutti i componenti del gruppo (compresi gli “ultimi arrivati”). Buona lettura.

L’11 giugno 2009 è uscito “Unexpected Fate”, il disco che ha segnato il
vostro ritorno a circa vent’anni dall’ultima release. Che tipo di reazione c’è
stata da parte del pubblico, ed era quella che vi aspettavate?

AC Wild: Unexpected Fate contiene diversi messaggi. Uno di questi è
connesso alla nostra attività di supporto all’Unicef. Dal punto di vista
strettamente musicale è un album “puro”, non artefatto come tutte le produzioni
moderne, e soprattutto è fatto nel nostro stile. Le reazioni? L’unica cosa che
valuto è la reazione di chi ha sempre seguito la nostra band… nessun segno di
delusione, anzi. Io sono contento del lavoro di tutti soprattutto dal vivo.

Andy:  Fondamentalmente molto positiva, diciamo al 95 %, mentre
il restante 5 % ha fatto diverse critiche, come è normale che sia, chi alla
copertina, chi ai testi, chi agli assoli, chi agli ospiti, chi ai suoni, etc…
alcuni hanno parlato a vanvera, giusto per far sentire la loro voce… ma
internet è bello anche per questo, e bisogna accettarlo sia per le cose positive
che per quelle negative.

“Piccolo” passo indietro: avete deciso di sciogliervi dopo la pubblicazione
di “Neurodeliri”, forse quando vi trovavate all’apice dello stato di forma.
Quali sono state le motivazioni che vi hanno portato a smettere?

AC Wild: Ci siamo sciolti dopo l’ultimo concerto del 1° Dicembre 1990.
Personalmente non provavo alcun interesse per quello che si stava affermando nel
mondo metal in quel periodo. I Bulldozer con quel periodo erano come pesci fuor
d’acqua.

Andy: In realtà abbiamo smesso dopo l’uscita di “Alive in Poland”, per
la precisione dopo l’ultimo concerto al Prego di Milano l’1.12.1990. Erano ormai
tempi strani, che non ci appartenevano più, lontani anni luce da quelli
entusiasmanti dei primi ’80, il mondo attorno a noi stava cambiando, anche i
nostri amici ormai quasi trentenni dovevano trovarsi un lavoro, uscire con la
ragazza, e pian piano ci frequentavamo sempre meno, poi mi pare di ricordare a
gennaio del 1991 anche lo scoppio della guerra in Iraq. Nel ’92 allora abbiamo
prodotto l’EP provocatorio “Dance got sick” per esprimere il nostro disgusto.

La vostra reunion è stata anticipata da altri (e altrettanto graditi)
ritorni sulle scene di alcune vecchie glorie del metal italiano. Secondo voi le
band più “datate” (anche per quanto riguarda quelle internazionali) hanno ancora
qualcosa da dire nella scena musicale odierna?

AC Wild: Non spetta a me dirlo. In ogni caso, a livello
internazionale, dal vivo non ho visto nulla di meglio degli Slayer. Non è un
fatto positivo! In studio tutte le produzioni sembrano perfette, ma sono per me
“artefatte” e noiose. Io spero sempre, come ho detto alcuni anni fa (prima
ancora di pensare alla reunion) di vedere un giorno una band di nuova
generazione che dal vivo faccia impallidire i vecchi gruppi. Purtroppo non
succede. Sono però contento che nei Bulldozer suonino musicisti di nuova
generazione: stanno dando un enorme contributo nei nostri concerti; danno tutto
e non si risparmiano. In fondo non siamo di fatto una vecchia band ma una band
multigenerazionale.

Andy: Dipende dallo spirito con cui si ritorna, se lo si fa perché si
ha ancora qualche conto in sospeso col passato da saldare, come nel mio
personale caso, allora senz’altro è stata una convincente e buona ragione, se
invece non si ha di nuovo il famoso “fuoco sotto il culo” che ti motiva, e lo si
fa tanto per fare e suonare senza uno scopo ben preciso, non penso sia una buona
idea, meglio lasciare un buon ricordo del passato piuttosto che un presente
scadente che appanna anche quell’alone di culto che magari il tempo aveva
creato. Soprattutto per molte band estere probabilmente c’è stata una
motivazione anche economica, per sfruttare ancora i marchi dei gruppi da parte
delle case discografiche che praticamente ormai a costo zero ristampano i vecchi
album e con la scusa del tour riescono a vendere anche i loro vecchi
cataloghi…

Quali sono stati i motivi che vi hanno portato alla reunion e, di
conseguenza, a registrare un nuovo album? Possiamo aspettarci anche un’altra
release per il prossimo futuro?

AC Wild: L’avverarsi di profezie e nuovi messaggi da proporre, a tutti
i livelli, come spiegato in precedenza. Programmi futuri? Il nostro Destino
(FATE) sarà comunque Inatteso (UNEXPECTED).

Andy: Da parte mia, la motivazione l’ho detta prima, il fatto di avere
già i pezzi pronti per l’album successivo a “Neurodeliri” e non averlo potuto
pubblicare all’epoca, e siccome mi sembrava realmente buono, è un conto che ho
tenuto in sospeso fino all’anno scorso, ed “Unexpected Fate” ne è il risultato
finale! Il futuro non so cosa ci riserverà, non siamo un gruppo che ha impegni
discografici, quindi ci prendiamo tutto il tempo che ci serve per fare quello
che ci piace e come piace a noi, senza interferenze di nessun tipo.

Cosa è cambiato secondo voi in tutti questi anni e quale è lo stato di salute
attuale della scena metal italiana?

AC Wild: Fino a quando ci sono musicisti che danno il massimo ci sarà
sempre qualche cosa di buono. Ci sarà sempre, come c’è sempre stato, chi suona
solo per farsi notare.

Andy: A livello tecnico/professionale/strumentazione, parecchie band
ora sono molto più esperte e preparate rispetto ai pionieri anni ’80, anche
perché ora si ha una visione molto ben definita della direzione da
intraprendere. Però sembra che ci sia ormai veramente poco da sperimentare, è
già stato fatto di tutto, crossover, ecc… anche i più strani. Allora invece
non avevi esempi davanti a te, i generi erano pochi rispetto a tutte le
diramazioni e denominazioni che hanno cercato di inventare, soprattutto
all’estero per spacciare come novità qualche bel riciclo. Ai nostri tempi dovevi
intraprendere la tua strada che non sapevi bene dove ti avrebbe condotto.

La formazione attuale dei “Bulldozer” è costituita da ben sei elementi
(compreso un tastierista!).
Da dove nasce la scelta di stravolgere la classica formazione a tre elementi e,
Alberto, come mai hai deciso di smettere di suonare il basso?

AC Wild: Dal vivo vogliamo dare il massimo, soprattutto dal punto di
vista strettamente musicale. A me dell’ICONA BULLDOZER non me ne frega
assolutamente niente. Molte band straniere più famose di noi del nostro periodo
vendono l’icona e basta, e trascurano la musica. Molti nomi famosissimi, anche
più vecchi di noi, non li riconosco più. Sono solo vecchie icone. Quanto a me,
se non suono il basso dal vivo riesco ad essere molto più incisivo sulla voce.
Chi ci seguiva in passato, e ha visto le nostre prime due uscite dal vivo ha
detto che siamo molto meglio che in passato. Altri hanno detto che siamo
meno“marci” ma ci hanno apprezzato comunque perché non abbiamo “rallentato” e
perché non ci risparmiamo di certo.

Andy: In realtà, se stiamo bene a guardare, non abbiamo stravolto
nulla, nel senso che anche gli album “IX” e “NEURODELIRI” avevano due piste di
chitarra, assoli doppiati, e inserti di tastiere, per cui dal vivo per
riprodurre fedelmente quanto inciso su disco avremmo già dovuto allargare la
formazione, almeno ad un chitarrista ed al tastierista (cosa che negli ultimi
due anni avevamo già fatto). All’epoca non c’erano molti chitarristi che
avrebbero potuto affiancarmi, anche perché non eravamo un gruppo che poteva
permettersi di mantenere dei musicisti “esterni”, quindi abbiamo dovuto
arrangiarci e ridurre all’essenziale il nostro show, che se ben mi ricordo
durava al max 45 minuti, bis e cover comprese. Ora invece abbiamo trovato tre
nuovi elementi che dal vivo fanno la differenza, il Manu alla batteria, ragazzo
giovane ma molto affidabile, Ghiulz, il nuovo chitarrista solista, tecnicamente
mostruoso, diplomato al Conservatorio, è stato anche tecnico palco al Wacken,
insegna chitarra e ha un piccolo studio di registrazione, lui vive solo di e
nella musica, Simone, il bassista anche dei Death Mechanism, che ha sgravato un
po’ di lavoro ad AC Wild che si può ora dedicare solo ed esclusivamente alla
voce, ed infine G.C., il figlio di AC alle tastiere, che in effetti è lo
strumento che sta suonando da qualche anno. Per cui tutti questi “aggiornamenti”
della formazione, hanno il solo ed unico fine di migliorare la resa
sonora/visiva della band, per offrire uno spettacolo potente, preciso, e sempre
migliore ai fan, che come ho sempre sostenuto, meritano “il meglio”!

Il 21 marzo si svolgerà l’edizione 2010 dell’Italian Gods Of Metal. Oltre
a voi, sul palco si alterneranno altri gruppi come “Strana Officina”, “Skanners”,
“Sadist”, “Labyrinth” e “Pino Scotto”. Che aspettative avete per questo evento e
che dite di spendere qualche parola a riguardo dei gruppi appena citati?

AC Wild: sarà un’occasione per rivedere vecchi amici. Della “Strana”
conoscevo bene Roberto e Fabio, e con il mitico Rolando ho lavorato in Giappone.
Sarà un ottima occasione anche di rivedere il Bud dopo tanto tempo. I Labyrinth
sono come fratelli: con loro sono tornato sul palco a Tokyo, Osaka e Nagoya. Poi
Olaf e Anders hanno suonato sul nostro ultimo album. Pino è un amico: in pochi
sanno che è venuto nell’84 vicino a Bergamo a vedere il nostro primissimo
concerto. Sarà anche un’occasione anche per conoscere di persona Skanners e
Sadist.

Andy: Guarda, ho partecipato come spettatore nell’edizione del 2008,
con i Death SS headliner, e quell’edizione mi era piaciuta molto, gente ce
n’era, mi ricordo anche una bella giornata calda, ed era anche uno dei primi
concerti che ho visto dopo una lunga pausa durata quasi 15 anni… inoltre non
mi aspettavo proprio che iniziassero il loro show con “PIECE OF MIND”, un mio
pezzo che ho scritto con Steve Sylvester per l’album “HEAVY DEMONS”, e questo mi
ricordo che mi aveva gasato notevolmente e mi aveva fatto venire voglia di
essere di nuovo su un palco a suonare, ma allora non avevamo ancora deciso se
riformare i Bulldozer o meno. Per questa edizione spero proprio che venga un
sacco di gente, sarebbe bello vedere l’Alcatraz strapieno, anche tenendo conto
che la Live ha portato avanti una politica di prezzi bassi e popolari dei
biglietti partendo da 5 euro se acquistato qualche mese prima, per cui chi lo
voleva, l’ha comprato a quel prezzo. E poi non si dica che non abbiano fatto
nulla per venire incontro ai ragazzi specialmente in questo periodo di crisi…
Tornando alle band che parteciperanno a questo evento, ho un vago ricordo del
passato della Strana Officina e dei Sadist, che ho visto al So Rock nel 2007
credo, mentre gli Skanners non li ho molto seguiti… Nei Labyrinth è tornato
Olaf, un grande chitarrista, molto tecnico; sia lui che Anders sono stati ospiti
nel nostro ultimo album. Ed infine Pino Scotto, un grande del rock italiano, un
cantante che ha saputo ritagliarsi uno spazio a parte e diventare un personaggio
a se, originale ed inimitabile coi suoi slogan, che merita rispetto da tutti i
metallari, specialmente quelli nati quando lui già rockeggiava sui palchi da
diverso tempo, ed è anche grazie a questi personaggi “storici” a cui molti di
noi (me compreso) si sono ispirati e da cui hanno preso esempio per cominciare a
suonare ed appassionarsi a questa fantastica musica (mi ricordo ancora il
concerto in Piazza Duomo dei Vanadium nel 1980, il mio primo “concerto rock” da
spettatore).

Che programmi avete in mente per il prossimo futuro?

AC Wild: poche date, mirate, supportando l’Unicef, a cominciare dal
Rock Hard Festival in Germania. Questa estate faremo l’Armaggedon… Festival in
Molise e poi stiamo definendo un tour in Giappone ad Agosto.

Manu, Ghiulz e Simone, siete attualmente in forza ad una band storica come i
“Bulldozer”. La prima cosa che mi viene da chiedervi è: come ci si sente a far
parte di un gruppo di questo calibro?

Manu: E’ un grandissimo onore nonché una grande soddisfazione
personale. E’ una sensazione unica ritrovarmi a suonare canzoni che fino a poco
tempo fa sparavo a mille sullo stereo pensando al mito di questa band. All’
inizio della mia avventura con AC e Andy sentivo un po’ la pressione dovuta alla
necessità di dimostrare di essere all’ altezza del ruolo che mi è stato
affidato, ma ora che la band ha cominciato ad ingranare e abbiamo fatto i primi
i concerti, la tensione si è sciolta e ora vivo con grande felicità e
distensione questa fantastica esperienza.

Ghiulz: Penso che il miglior modo per descrivere quello che si prova è
immaginare di poter suonare in una delle proprie band preferite con la quale sei
cresciuto… penso che questo identifichi al meglio quello che è l’emozione… è
un onore e sono orgoglioso di far parte dei Bull sia dal punto di vista musicale
sia dal punto di vista umano, poi tanta soddisfazione per avere ricevuto la
considerazione che mi hanno dimostrato, e dopo gli onori gli oneri, tanta
serietà, professionalità e responsabilità.

Simone: E’ sicuramente motivo d’orgoglio e un’occasione irripetibile,
il classico treno che passa una volta soltanto e noi abbiamo avuto la fortuna di
salirci sopra.

Ovviamente suonare con una band che ha fatto la storia del metal italiano ha
sicuramente i suoi vantaggi. Per i gruppi più “giovani”, e quindi meno
blasonati, quanto è difficile farsi un nome e riuscire ad emergere
dall’underground?

Manu: E’ più o meno difficile nella misura in cui si hanno più o meno
conoscenze/amicizie nell’ ambiente, a prescindere dall’ effettiva qualità della
musica proposta.

Ghiulz: Attualmente è molto difficile. Se mi è concesso citare la mia
esperienza personale, con Faust abbiamo un CD uscito a settembre, recensioni al
top (specialmente negli USA territorio di solito non molto prodigo di elogi per
le band italiche) ed una band con un pedigree di prima categoria Steve DiGiorgio,
Aleister (Ancient) il sottoscritto, e il featuring di Daray Browszky (Vader,
Dimmu Borgir), facciamo comunque fatica a portare a casa qualcosa. Penso che
questo sia abbastanza indicativo delle difficoltà.

Simone: Molto difficile direi, serve molta costanza e dedizione sia
per quanto riguarda il lato musicale sia per l’aspetto della pubblicità, a volte
però non basta neanche sbattersi continuamente a volte non serve continuare a
perseverare ma attendere il momento più propizio e magari qualcuno a cui
interessi veramente la tua musica.

Sempre riferendoci all’underground del nostro paese, ma anche per quanto
riguarda i gruppi più conosciuti, sapete dirmi quale è secondo voi lo stato di
salute attuale della scena italiana? Ci sono gruppi che, rispetto a tanti altri,
preferite citare?

Manu: Ci sono tantissimi gruppi che suonano musica per tutti i palati
e che dimostrano di essere tecnicamente molto validi. Il problema è che la
maggior parte di questi propone musica piuttosto derivativa, perfettamente
inquadrata in un determinato genere musicale. Pochissimi sono disposti a
mettersi in gioco e creare un qualcosa che sia realmente una trasposizione di se
stessi in note musicali, forse perché oggi i ragazzi che suonano sono più
preoccupati di scrivere musica che piaccia al pubblico del sottogenere nel quale
sono immedesimati, che suonare col proprio cervello e la propria passione. Detto
ciò le band migliori restano quelle storiche, quelle che hanno creato i vari
generi, perché suonavano mettendoci loro stessi, non le idee di qualcun’ altro.

Ghiulz: Non conosco moltissimo della scena italiana, l’ho abbandonata
disgustato 15 anni fa per l’attitudine crescente a creare “inner circle” al
limite del “lobbistico” e spesso a favore di una valutazione tutt’altro che
meritocratica; spero solo che sia cambiata da allora.
Comunque per quel poco che conosco mi piacciono parecchio i Death Mechanism,
hanno un sound che mi ricorda i Ripping Corpse e Sadus (qui gioco in casa eheh),
gli Illogicist sono un’ottima band ed anche i miei concittadini Vomit the soul.

Simone: La scena italiana è viva e vegeta, seppur con qualche
cicatrice, qualcuna anche autoinflitta purtroppo…Per quanto riguarda i gruppi ho
avuto spesso e volentieri il piacere di condividere il palco con molte realtà
valide quali Warmonger, Hellstorm e Torment, di quest’ultimi li ammiro
particolarmente in sede live, perché riescono a creare un notevole muro sonoro
di tecnica e potenza.

Il 21 marzo suonerete all’Italian Gods Of Metal dove, oltre ai Bulldozer,
saranno presenti altri nomi importanti del panorama metal italiano come “Strana
Officina”, “Skanners”, “Sadist”, “Labyrinth” e “Pino Scotto”. Come vivete
l’attesa di un evento come questo, e che ne pensate dei gruppi appena citati?

Manu: E i Raw Power dove li hai messi!!?? Scherzi a parte, nell’
attesa dell’ IGOM mi preparo come ho sempre fatto per le occasioni importanti,
con serietà e dedizione. Ogni tanto penso alla volta in cui feci il mio primo
concerto dal vivo in un minuscolo sottoscala della bassa veronese, allora
sorrido, perché l’ emozione che provo è esattamente la stessa! Spero comunque di
non sfigurare di fronte a musicisti con così tanta esperienza, ma sicuramente
darò il massimo come mio solito. Non può essere altrimenti quando suoni assieme
a gruppi come la Strana Officina o i Raw Power.

Ghiulz: Come qualsiasi altra data, concentrandomi semplicemente su
quello che devo fare per dare il 110%. Non credo esistano gig di serie A o B, il
pubblico si merita sempre il massimo, che siano 20 o 20.000 persone.
Labyrinth ritengo siano degli ottimi musicisti anche se musicalmente non è il
mio genere. Dei Sadist mi piace il vecchio materiale, quello nuovo non lo
conosco. Per gli altri ho il massimo rispetto ma musicalmente non è il mio
genere.

Simone: E’ sicuramente l’evento più importante a livello nazionale del
metal made in Italy,sarà un’attesa snervante che necessita di preparazione e
massima concentrazione. I gruppi sono la crème de la crème,nutro un affetto
particolare per i Labyrinth, il primo gruppo in assoluto che ascoltai nel loro
genere e che vidi dal vivo 13 anni or sono.

Che ne dite di parlarmi della vostra formazione come musicisti? Quali sono
stati gli artisti/gruppi principali che vi hanno influenzato direttamente?

Manu: Nicko McBrain è il motivo per cui suono la batteria e gli Iron
Maiden il motivo per cui me ne vado in giro con i capelli lunghi. Il mio stile è
stato poi pesantemente influenzato dalle rullate di Dave Lombardo e dalle
legnate di Paul Bostaph. Gente come Gene Hoglan, Jon Allen o Pete Sandoval mi
hanno incentivato a spingere sull’ acceleratore con criterio e Richard Christy a
studiarmi qualche fill in più. Ovvio poi che più batteristi si ascoltano, più si
allargano e gli orizzonti musicali e si apprendono nuove abilità.

Ghiulz: Lezione di pianoforte a 6 anni e studi di Organo e
Clavicembalo, diploma di conservatorio in oboe e 20 anni di carriera alle
spalle, sia come docente che come performer, purtroppo non tutti spesi nel
metal. Una band che in passato (molto passato…) ha goduto di una certa notorietà
underground, i Profanatum, e attualmente Faust, giusto per essere sintetici.
Musicalmente non ho dubbi Bach e il barocco in generale, anche se Beethoven ha
avuto un ruolo chiave nella mia maturazione artistica. Per quanto riguarda il
metal e la chitarra in particolare penso che l’epigono fondamentale sia Randy
Rhoads a cui si aggiungono buone dosi di Malmsteen, Vai, Romeo, Gilbert e tanti
altri, insomma qualsiasi chitarrista da cui posso apprendere qualcosa. Come
bands penso che quelle che mi hanno segnato maggiormente siano Ozzy, Slayer,
Morbid Angel, King Diamond, Opeth, Cynic, Death, Kreator e ovviamente i Bull.

Simone: Sono un’autodidatta, ho preso solo qualche lezione all’inizio
poi ho proseguito da solo con testi didattici, ma la cosa che mi riusciva meglio
era suonare in cuffia le canzoni dei Metallica con tabulati alla mano,per cui
non posso non citare il bassista che è per me punto di riferimento quale Cliff
Burton di cui ammiro non solo la tecnica,sulla quale oramai penso siano stati
scritti molti paragrafi in merito, ma anche la vena compositiva, la sua Orion
con Anesthesia resteranno sempre testimonianza di quello che è stato uno dei più
grandi bassisti di sempre.

Angelo ‘KK’ D’Acunto