Live Report: Amorphis a Bologna

Di Angelo D'Acunto - 1 Dicembre 2010 - 13:05
Live Report: Amorphis a Bologna

Gradito (e attesissimo) ritorno in Italia, quello degli Amorphis, accompagnati per l’occasione da un supporting act di tutto rispetto come gli Orphaned Land e, last but not least, dai comunque ottimi Ghost Brigade. Tutto perfetto (o quasi) per quanto riguarda la prestazione di ogni singola band e per i suoni dell’Estragon (ormai assoluta garanzia), un po’ meno, purtroppo, per via di un pubblico non poi così numeroso e, in alcuni casi, anche poco reattivo. Lo stesso pubblico che, come vedremo, si metterà in mostra (negativamente) con un comportamento a dir poco discutibile nel corso dello show degli Orphaned Land.

Angelo D’Acunto

Report a cura di Massimo Ecchili, Lorenzo Bacega e Nicola Furlan
Foto a cura di Angelo D’Acunto

Ghost Brigade

Alle 20:10, in perfetto orario, salgono sul palco i Ghost Brigade, band
finlandese che propone un genere a metà tra il death melodico e lo sludge.
Com’era lecito aspettarsi la setlist è quasi tutta incentrata sull’ultimo studio
album Isolation Songs (del 2009), mentre dal debut Guided By Fire del 2007 viene
proposta unicamente l’opener Deliberately. Ben agevolati da un suono più che
buono, cosa anomala per una band terza nel bill, i finnici spendono bene i loro
40 minuti a disposizione, dandoci dentro senza risparmiarsi. Se il pubblico
presente non si scalda il motivo è da ricercarsi nella proposta musicale
piuttosto particolare dei cinque, forse non proprio consona alla serata.
Decisamente buona la prestazione del singer Manne Ikonen, che se la cava sia in
scream che in pulito, oltre a tenere decisamente bene il palco. Alla fine i
brani migliori risulteranno My Heart Is A Tomb e la conclusiva A Storm Inside,
ma si può dire che l’act sia stato sufficientemente interessante in toto. I
Ghost Brigade dunque, nonostante non abbiano riscosso molto interesse in questa
serata bolognese, sono una band da tenere d’occhio: buona personalità e capacità
di passare da sfuriate death a momenti d’atmosfera, alcuni dei quali richiamano
alla mente gli Anathema di ultima generazione.

Massimo Ecchili

 

Orphaned Land

Ore 21:10: dopo un rapido cambio di palco, si spengono le luci dell’Estragon
e scatta l’ora degli Orphaned Land. Reduce dalla pubblicazione nel mese di
gennaio del quarto full length ufficiale della carriera (intitolato The Never
Ending Way of ORwarriOR, rilasciato tramite Century Media Records), il quintetto
di Tel Aviv cerca nei cinquanta minuti scarsi a propria disposizione di
intrattenere i presenti con uno spettacolo di grande impatto ed oltremodo
preciso a livello esecutivo, tenendo il palco in maniera più che adeguata, ma
purtroppo senza convincere fino in fondo: malgrado dei suoni estremamente puliti
e ben bilanciati (fatta eccezione per la sola chitarra di Yossi “Sassi” Sa’aron,
impostata sulla modalità “muto” per pressoché tutta la durata dello show),
l’esibizione dei cinque israeliani si rivela infatti piuttosto molle e
complessivamente poco esaltante, da un lato per via del massiccio uso di parti
registrate (inclusa la voce della cantante Shlomit Levi) che contribuisce a
trasmettere un grande senso di artificiosità, dall’altro a causa di un
comportamento decisamente rivedibile ad opera del pubblico bolognese (più
impegnato a schernire il frontman Kobi Farhi con bestemmie e battutine di sorta,
che a sostenere adeguatamente la band). La scaletta offerta nel corso del
concerto pesca a piene mani dagli ultimi due studio album del gruppo –
rispettivamente Mabool, dai più considerato come il vero e proprio capolavoro
della band, e il già citato The Never Ending Way of ORwarriOR – dai quali
vengono riproposti brani del calibro di Birth of the Three (The Unification),
The Kiss of Babylon (The Sins), Sapari, Barakah, In Thy Never Ending Way (Epilogue)
e Halo Dies (The Wrath of God). Chiusura affidata come di consueto
all’accoppiata Ocean Land (The Revelation) e Norra El Norra (Entering the Ark),
che mettono la parola fine ad uno spettacolo nel complesso sufficiente, ma
davvero poco convincente.

Lorenzo Bacega

 

Amorphis

Che scaletta ragazzi! Perdonerete l’entusiasmo, ma lo scorso 26 novembre la
band mi ha proprio ipnotizzato. Certo, sicuramente in tutto questo turbinio di
sensazioni c’è stata la curiosità, l’entusiasmo e la voglia frenetica di
ascoltare dal vivo, e per la prima volta, le canzoni di una band verso la quale
nutro, da tempo, particolare predilezione. E devo dire che non hanno certamente
deluso. In primis per la scelta dei brani, per l’appunto. Naturalmente, su
quindici pezzi, ben cinque sono stati estratti dall’ultimo disco “Skyforger”,
uscito lo scorso anno tramite Nuclear Blast. Un disco che ai più avrà fatto
storcere il naso, data l’addolcita aurea di mestiere che ne permea il sound ma,
credetemi, al lato pratico s’è rivelato assai convincente grazie agli incalzanti
e canticchiabili ritornelli, al gusto di sezioni ritmiche ben congeniate
dall’accoppiata Koivusaari/Holopainen (quest’ultimo è stato autore anche di
interpretazioni soliste pressoché perfette) e compagni, nonché grazie alla
condotta vocale di un ispirato e coinvolgente Tomi Joutsen che, con il suo
microfono versione ‘phon’, ha messo a ferro e fuoco la platea. In particolare,
lo stesso singer, ha ben poco da invidiare all’ex collega Pasi Koskinen (storico
e rimpianto cantante degli Amorphis dal 1994 al 2005) quando c’è da eseguire i
ritornelli di una Exile of the Sons of Uisliu, di una Better Unborn piuttosto
che di una Alone, opener capolavoro di “Am Universum”. Per contro, un po’ di
cenere andrebbe posta sul capo del buon Tomi Joutsen se si volesse cercar il
pelo nell’uovo, e ci riferiamo alla prestazione su Black Winter Day in quanto,
sopratutto a livello interpretativo, sembrano esserci state dei modesti cali di
tono. Ben poco conto se si pensa che il concerto, nel complesso, è stato davvero
un gran successo. Passerella d’onore per My Kantele, uno dei classici attesi che
ha offerto ai presenti la memoria di uno show che sarà davvero impossibile da
dimenticare. Ciliegina sulla torta? I suoni sono stati perfettamente calibrati e
l’acustica ha retto alla grande ai dispersivi e impermeabili ambienti dell’Estragon.

Nicola Furlan

Setlist:

Skyforger
Sky Is Mine
From the Heaven of My Heart
The Smoke
Better Unborn
Song of the Troubled One
Exile of the Sons of Uisliu
Silent Waters
Alone
My Sun
Silver Bride
Black Winter Day

Encore:
Into Hiding
House Of Sleep
My Kantele