Live Report: Amorphis a Roncade (TV)

Di Daniele Peluso - 19 Novembre 2011 - 10:00
Live Report: Amorphis a Roncade (TV)

Tornano gli Amorphis in Italia nel tour promozionale del nuovo, fortunato, “The Beginning of Times”. Due le date che la band finlandese dedica ai fan italiani nelle location di Milano, e del New Age di Roncade (TV) a cui riferisce il report. Buona lettura.

Report e foto a cura di Peluso Daniele

Sicuro di dover fare una fila interminabile, viste le contenute dimensioni del New Age di Roncade, mi sono recato al locale con un certo anticipo. La fotografia mentale che mi ero fatto, a dire il vero, è stata ben diversa da quello che la realtà aveva da offrirmi. Una decina di persone, infreddolite ed inumidite dal clima novembrino del trevigiano, sono state le uniche anime vive che si aggiravano davanti alla porta d’entrata. “È una data infrasettimanale”, ripetevo tra me e me mentre cercavo alcolico ristoro nel bar vicino al locale. “La gente arriverà sicuramente dopo cena”, mi dicevo davanti una schiumosa bionda. Ma alla fine, e con molto rammarico, così non è stato. Il locale era un vero e proprio deserto al momento della salita sul palco degli spagnoli Nahemah.
 


Davvero impietoso suonare davanti una quindicina di persone; tant’è che i valenciani, non curandosi minimamente della sparuta presenza all’interno del locale, suonano con l’energia e la passione propri di un grande festival estivo. Un atteggiamento che va apprezzato senza ombra di dubbio perché denota rispetto. Rispetto in primis verso quei spettatori paganti che, nel bene o nel male, hanno interagito con la band, ma rispetto anche verso se stessi e la propria musica. La band capitanata dal frontman Pablo Egido offre il meglio di sé, consegnando alla platea una trentina di minuti di death melodico sfumato con tinte marcatamente progressive.


Sicuramente non trascendentali ma comunque piacevoli. Nota assolutamente negativa: il gruppo suona, non so quanto volutamente, nella quasi totale oscurità che, se unita alla completa assenza di un foto pit a causa della disposizione delle casse spia, impedisce a chiunque un decente report fotografico, tranne che per fortunati  possessori di visori notturni. (Il flash sparato in faccia ai musicisti, magari da due metri di distanza, è estremamente fastidioso, non usatelo).


A pochi mesi dalla pubblicazione di Bilateral, disco solido e decisamente ispirato, capace di bissare gli apici qualitativi del sorprendente Tall Poppy Syndrome (2009), sbarcano in Italia i norvegesi Leprous.

– Tu li conosci questi Leprous? –
– No, ho visto solo un video su YouTube –

Questo il tenore medio delle conversazioni pre-concerto in un New Age tutt’altro che traboccante, nel quale tutti gli intervenuti erano lì solo ed esclusivamente per ammirare Tomi Joutsen & Co., padroni indiscussi della serata.
Noncuranti di nulla, se non della forte consapevolezza di avere dell’ottima musica da sputare in faccia ai presenti, i Leprous salgono sul palco per tre quarti d’ora abbondanti, tempo nel quale si dedicano principalmente, com’è ovvio che sia, a riproporre in sede live pezzi presi per lo più dal già citato Bilateral. In scaletta, comunque, trovano posto anche due estratti dal precedente lavoro, e più precisamente la pregevole “Passing” e “Dare You”.


Trascinati da un magnetico e scatenato Einar Solberg, costantemente in movimento dietro al suo synth, i norvegesi sfoderano una prestazione maiuscola. Poco male se non c’è l’ospitata di Ihsahn nella trascinante “Thorn”; poco male se davanti c’è un pubblico che non conosce quello che sta ascoltando; poco male se i cinque hanno a disposizione una porzione ridotta del già striminzito palco del locale. Col passare dei minuti, il pubblico si smuove e comincia a rispondere alle sollecitazioni di Solberg, soprattutto durante l’irresistibile “Restless” e l’assalto sonoro di “Waste Of Air”. Non mancano anche i momenti più riflessivi, come una “MB. Indifferentia” eseguita alla perfezione. Fila tutto benissimo, anche grazie ai suoni perfettamente bilanciati e a dei musicisti che sanno il fatto loro, a cominciare dalla sezione ritmica formata dal duo Rein Blomquist / Tobias Ørnes Andersen. Chiudono i dieci minuti e oltre di “Forced Entry”, ultimo capitolo di un concerto decisamente sopra le righe.
Dei Leprous vanno sottolineati, tirando le fila, non solo il talento e l’ispirazione già conosciuti su disco, ma anche una capacità di stare sul palco che appare naturale in modo disarmante. Ce ne fossero di più band così.
E ora spazio ai protagonisti della serata: gli inimitabili finlandesi Amorphis!

Setlist:
01. Thorn
02. Restless
03. Passing
04. MB. Indifferentia
05. Waste of Air
06. Dare You
07. Forced Entry

 

 

Il locale inizia a prendere vita in attesa del momento clou della serata. Sul palco del New Age prende posto una band in uno stato di salute davvero invidiabile. Forse un po’ troppo penalizzati dalle ridotte dimensioni del palco, gli Amorphis tirano fuori dal cilindro una prestazione maiuscola. Ben supportati da una qualità dei suoni a dir poco notevole, il gruppo finlandese è davvero impeccabile. L’esibizione è per lo più incentrata sulla promozione del nuovo “The Beginning of Times”; brani come “My Enemy”, “Mermaid” e “You I Need” sono davvero molto piacevoli da ascoltare in sede live (forse un po’ meno la non brillantissima “Crack in a Stone” – de gustibus) e il pubblico apprezza visibilmente accompagnando ogni strofa dei Nostri cantando a squarciagola. Un suono ricco quello proposto alla, solo ora, folta platea: caldo, corposo, seguito magistralmente da un sapiente utilizzo delle luci.  


La coppia Holopainen/Koivusaari non perde un sol colpo e supporta egregiamente un Tomi Joutsen sopra le righe. Anche la prova di Kallio è stata irreprensibile: certo che la posizione riservatagli, relegato in un angolino nelle retrovie, non lo messo molto in evidenza, se non altro visiva. Guardando tra la folla, fra cori cantati con le braccia al cielo e qualche macchina fotografica pronta ad immortalare il gruppo, ho visto qualche lacrimuccia solcare visi con la pelle attempata da qualche primavera, sopratutto durante le magiche note di “Sampo”. Ma gli Amorphis hanno ancora un sacco di freccie nella faretra, pronte ad emozionare un pubblico che, oggettivamente, non chiede altro.


A voler cercare per forza un lato negativo nell’esibizione della band, una piccola ombra la si trova. Pignolamente (ma è questione di gusti musicali) brani come “Black Winter Day” o la recente “Battle for Light” dovrebbero sempre trovare posto in una set list che, comunque, riamane di valore assoluto. Certo è che, messe in scaletta, canzoni come queste avrebbero trasformato uno stupendo concerto in un capolavoro…
Poco male davvero, il tris conclusivo, preceduto da una stupenda “Magic and Mayhem”, è stato capace di alzare, semmai ce ne fosse stato bisogno, soglia d’attenzione ed adrenalina di tutti gli astanti. “Silver Bride”, “My Kantele” e la conclusiva “House Of Sleep”, hanno salutato come meglio non si poteva il pubblico accorso al New Age, tornato a casa con ancora negli occhi le immagini di uno spettacolo davvero superlativo. Un gruppo che è sempre un piacere enorme vedere dal vivo; peccato davvero, un concerto del genere avrebbe meritato il tutto esaurito.



Setlist:
Intro
01. My Enemy
02. Mermaid
03. The Smoke
04. Crack in the Stone
05. Greed
06. Sampo
07. You I Need
Kerelian Intro
08. VulgarNecrolatry
09. Into Hiding
10. Sky is Mine
11. Alone
12. Magic and Mayhem
Skyforger Intro
13. Silver Bride
14. My Kantele
15. House Of Sleep