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Intervista Cacophony (Jason Becker – 2010)

Di Stefano Ricetti - 6 Agosto 2017 - 12:30
Intervista Cacophony (Jason Becker – 2010)

Intervista a Jason Becker (Cacophony, David Lee Roth Band e solista) da parte di Mickey E.Vil (The Mugshots, Radio Onda D’Urto FM), datata primavera 2010.

Buona fruizione,

Steven Rich

 

jason becker 2

 

Jason Becker: un nome che ai più porta alla mente l’immagine di un grande virtuoso della chitarra, compagno di Marty Friedman nell’avventura musicale chiamata Cacophony. In realtà questo nome dovrebbe evocare molto più che un ‘semplice’ musicista conoscitore del proprio strumento: parliamo infatti di un uomo forte, coraggioso, umile, dotato di un intelletto capace di esplorare la realtà a 360° senza precludersi nessun aspetto dell’esistenza, fatta di spirito e materia, successi e difficoltà, salute e malattia. Se poi a tutto questo aggiungiamo una forte dose di ironia e un’intraprendenza che pochi hanno, otteniamo l’immagine reale di Jason: quella di un uomo completo. La malattia contratta dal chitarrista gli impedisce di imbracciare lo strumento che lo ha reso famoso ma non è stata in grado di annullare la sua capacità di comporre grande musica, grazie ad un sofisticato sistema computerizzato capace di tradurre in note gli stimoli dati da Jason con i suoi occhi, espressivi come pochi. I suoi genitori, Pat e Gary, due rocce granitiche indistruttibili, sono un punto di riferimento fondamentale per il figlio, che si appoggia a loro per la promozione della sua musica. E’ infatti grazie a Pat che abbiamo l’onore di poter comunicare con Jason che, sempre grazie ai suoi grandi occhi castani, ha cortesemente accettato di rispondere alle nostre domande. Per maggiori informazioni vi consigliamo di visitare il bellissimo sito www.jasonbecker.com .

 

INIZIO INTERVISTA

Allora, caro Jason, cominciamo con lo spirito e successivamente torneremo (purtroppo) alla materia, hehe! Recentemente ho parlato con Matt Malley, ex-Counting Crows, che mi ha detto della sua devozione per Shri Mataji Nirmala Devi. Cosa puoi dirci del sentiero spirituale che hai scelto di percorrere?

Il vicinato in cui sono cresciuto era fico e bizzarro sotto molti punti di vista. Dalla mia finestra potevo vedere San Francisco lungo la baia, bella e misteriosa, brillante come gioielli nella notte. Fuori dalla mia porta c’erano colline, parchi, spazi aperti e pascoli tutt’intorno. Le vie divenivano strade strette che portavano alle case incastonate in un’atmosfera da villaggio. Ogni casa era diversa, alcune sembravano casette delle fiabe con due stanze e una piccola vecchietta che lavorava in giardino; altre erano manieri spaventosi con vecchie cattedre scolastiche e attrezzi agricoli che arrugginivano nel cortile. In fondo alla mia strada c’era una piccola drogheria dove si prendeva la soda pop da un freezer con il coperchio da alzare. Nella strada vicina, una delle case incorporava un emporio gestito da Mrs. Diller. Di fronte c’erano delle vecchie macchine che distribuivano gomma da masticare, dentro vi si potevano trovare cose tipo shampoo, caramelle e carte da collezione del football. Pochi isolati più in là, ai limiti di un canyon di querce, c’era una chiesa battista. Normalmente camminavamo lungo un sentiero ripido che attraversava la foresta dietro la chiesa, verso il fiume che c’era sotto; poi superavamo un dirupo dondolando attaccati ad una vecchia gomma di scorta legata ad un grande albero con una corda da marinai. Per me, mio fratello e i miei amici erano i giorni di Tom Sawyer ed Huckleberry Finn. I miei genitori stavano leggendo Autobiografia di uno Yogi di Yogananda e praticavano Yoga. Si stupirono un giorno quando notarono che la chiesa era diventata un tempio della Compagnia dell’Auto Realizzazione. Negli anni si è evoluto, da occidentale ad orientale e con una cupola dorata a forma di loto. Quando mi è venuta l’ALS i miei genitori erano determinati a provare qualunque cosa potesse aiutarmi, medicina, cure alternative e Spiritualità. Mi portarono al tempio. Amavo le meditazioni e gli insegnamenti di Yogananda. Incontrai là il mio buon amico Dave Dunlop, che un paio d’anni dopo mi convinse ad avere l’abbraccio e la benedizione della “santa che abbraccia”, chiamata Amma, che significa madre. Mi innamorai. Lei rappresenta il sè completo, la compassione e l’amore incondizionato. Ecco cosa insegna e come vive. Quando ero in ospedale, pochi giorni dopo la tracheotomia, udii l’OM ed ebbi l’esperienza di Dio. Ottengo lo stesso sentimento benedetto quando sono con Amma, quando sono in grado di recitare il mio Mantra, quando medito con concentrazione e quando riesco a vivere con amore.

Secondo te qual’è l’obbiettivo definitivo che un musicista dovrebbe porsi?

Idealmente penso che il primo scopo da raggiungere sia la padronanza dello strumento. Una volta riusciti si può in seguito trascendere la pura tecnica per lasciare che senza sforzo fluisca l’espressione spontanea dei propri sentimenti più profondi. Non credo di aver avuto abbastanza tempo per fare entrambe le cose come avrei voluto, ma per il poco tempo che ho avuto, credo di aver raggiunto l’unità con la musica.

 

JASON BECKER 3

 

Come nel caso della sordità di Beethoven, è evidente che la tua condizione non può impedirti di essere un grande musicista. Questo perchè, credo, poca gente come te (e Ludwig!) posseggono la Gestalt (leggi = forma) della musica nella loro mente, a prescindere da ciò che possono sentire o suonare. Credo sia una sorta di mix tra la matematica e le forme archetipiche. Come “vedi” la musica nella tua mente?

Wow, sei profondo! Parlavo già il linguagio della musica prima della malattia. E’ stata una fortuna per me, così avevo qualcosa su cui lavorare. L’inferno è stato perdere la chitarra. La chitarra era come la presenza fisica della mia Anima: la potevo tenere in mano e usarla per comunicare col mio sè più profondo. Le dicevo cosa dire e lei mi diceva come cantare. Senza di essa ho dovuto imparare un nuovo modo per cantare. Nonostante tutto avevo la testa piena di musica. Sento melodie, ritmi fragorosi, voci che esplodono in vari livelli, intrecciate come fili delicati. La musica è fatta di emozioni, fluisce come il tuo umore. Puoi fissare la pioggia in un morbido stato pensieroso e poi arrabbiarti per un’ingiustizia o meditare su come risolvere un sogno che hai in testa. Alla fine voglio mettere insieme una struttura sonora in grado di risuonare nel cuore, soddisfacendo la fame spirituale ed emozionale per la bellezza. Raramente vedo la musica come visioni fisiche. Normalmente la vedo per quello che è: potere del suono, della melodia, del ritmo, ecc. E’ incredibile come può farti sentire la musica.

Quali sono le tue principali influenze (musica, letteratura, cinema, natura, ecc.) come compositore?

Tutti i grandi artisti, siano essi poeti, musicisti o pittori, sono influenzati da altri artisti, ma anche dalle meraviglie della vita. La musica che amo viene da ovunque: i Muppets, Dylan, Clapton, Segovia, Peter Gabriel, Mozart, Debussy, Ennio Morricone, Marty Friedman, Stravinsky, Van Halen, Jeff Beck, Hendrix, Hovhaness, quasi tutti i chitarristi che ho sentito, la musica di ogni cultura che le mie orecchie possono incontrare, i canti Hindu, quelli Zen giapponesi, i ritmi africani, l’ululare del vento, il fragore delle onde, ogni suono della vita che nasce dal nulla e scompare nella tristezza del tempo. Non sono un tipo intellettuale. Non ho letto una tonnellata di libri, piuttosto una serie di libri inusuali che ho amato sono scritti da Karl May, uno scrittore tedesco di fine Ottocento. I cinque libri sono In the desert, The evil saint, The secret brotherhood, The black persian e The caravan of death. Essi esplorano il mondo islamico della fine del diciannovesimo secolo. Una studentessa tedesca, Kara Ben Nemsi, e il suo amico arabo Hadji Halef Omar viaggiano per il deserto nordafricano su un cammello e un cavallo tentando di risolvere un caso di omicidio. Questi libri sono un misto di fiaba, giallo, miti eroici e reportage storici in grado di presentare egregiamente la cultura, gli usi e la religione dell’Islam ma sono anche storie avvincenti. Film che amo: Amadeus, Lo squalo, il nuovo King Kong, Avatar, Indiana Jones, Il buono il brutto e il cattivo. Fondamentalmente amo le grandi avventure con missioni monumentali e musica potente. I miei genitori hanno sempre portato me e mio fratello in vacanza: campeggiavamo sulle montagne, nel deserto, sull’oceano, su tutte le strade di California, Utah, Nevada, Arizona. Ci portavamo i nostri diari, le lavagne per disegnare e le chitarre, pronti per esplorare di giorno e creare intorno al fuoco di notte, mentre i coyote ululavano e gli scorpioni strisciavano.

 

jason becker 1

 

Come stai promuovendo la tua musica su internet? Pensi che i social network e il file sharing stiano distruggendo o aiutando la musica?

La mia musica è disponibile su Itunes e su internet in generale, per esempio su www.shrapnelrecords.com, www.jasonbecker.com, www.amazon.com, ecc. Poi aggiorno il mio MySpace www.myspace.com/jasonelibecker e comunico coi miei fan tramite il forum sul mio sito: il mio nuovo sito è davvero fantastico. Vorrei essere in grado di fare di più e avere più disponibilità economiche per promuovere la mia musica come si deve. Internet è stato un bene per me: non posso suonare in giro e mantenere noti il mio nome e la mia musica in quel modo. Internet mi ha permesso di continuare ad essere presente in tutto il mondo: ricevo mail dall’Europa, dall’Africa, dal Medio Oriente, dall’America Latina, la Transilvania, la Bulgaria, l’Iraq, la Cina, l’India. Se poi parli di scaricare illegalmente e gratuitamente la musica, devo dire che ciò ferisce i musicisti. O almeno, ferisce me. Dei miei amici lo fanno e io li rimprovero amichevolmente: non credo sia maligno, la musica è il nostro lavoro. Se qualcun altro non venisse pagato per il suo lavoro, diventerebbe matto. Per un musicista moderno tentare di vivere con la musica è molto deprimente. La musica non sarà mai distrutta perché i musicisti continueranno a suonare, non importa cosa; però la musica popolare sarà più legata al look e all’immagine. I tempi sono cambiati: ora il mondo della musica è così e, come già detto, i nuovi mezzi mi hanno aiutato a mantenermi nel business rispetto ad altri tempi in cui ho dovuto restare fermo. Penso di essere una vecchia scorreggia.

Grazie infinite per la pazienza, Maestro! Un saluto finale e un messaggio per i fan italiani?

Avrei voluto visitare l’Italia. Mi mandate le lettere più gentili. Gli italiani fanno i migliori film western!

 

Mickey E.Vil