Live report: Acciaio Italiano IV a Mantova

Di Stefano Ricetti - 21 Giugno 2014 - 9:00
Live report: Acciaio Italiano IV a Mantova

 

E Quattro! La perseveranza evidentemente paga. Antonio Keller della Jolly Roger Records, insieme con gli storici collaboratori, riesce a piazzare nientepopodimeno che al Palabam di Mantova l’ultima edizione di una kermesse metallica che promette di divenire un appuntamento fisso, a livello nazionale per band nazionali, se non addirittura il più importante, legato alle sonorità classiche dei vari generi musicali coinvolti.

 

Injury

 

Puro Acciaio Italiano, senza significativi allargamenti di sorta, poco importa se di derivazione tipicamente HM piuttosto che Hard Rock, Speed, Doom o Thrash. La giornata di sabato è quella orientata all’heavy metal e alle sonorità più dure. Il colpo d’occhio presentato dalla propaggine posteriore della struttura denominata Palabam è quello legato ai grandi avvenimenti: palco da urlo, spazi a disposizione esagerati, bancarelle legate a dischi, libri e merchandising a profusione ma soprattutto entrata completamente gratuita. L’insieme di tutti questi fattori fa sì che l’affluenza sia tutto sommato all’altezza della situazione. Si assiste al solito arrivo alla spicciolata con il clou del pubblico radunato di fronte al palco durante le performance degli ultimi artisti in scaletta.

 

Funeral Marmoori

 

Il bill si apre con le esibizioni di Injury e Funeral Marmoori e la prima botta di Thrash Metal d’annata viene piazzata dai piemontesi Ultra Violence, i quali, secondo gli stilemi più ortodossi del genere, riversano sul pubblico – invero ancora scarsino, a quell’ora – la Loro furiosa carica giovanile. Per questi ultimi, come per le band che li hanno preceduti, tanta l’emozione e la soddisfazione di poter calcare palcoscenici di cotante dimensioni.

 

Ultra Violence

 

Unico gruppo gothic in scaletta, i bresciani Tragodia non deludono le attese, quantomeno a giudizio di chi mastica abitualmente la lezione di Dark Tranquillity e compagnia, poi è la volta dei barbari Wotan e la tensione sale, forte dell’immagine guerresca dei Nostri che, al solito, non lesinano pose a la Manowar e possono contare sulla fisicità nordica di Vanni Ceni, biondo vichingo imprestato alle lande lombarde che chiude il concerto che è uno splendore, indossando un elmo bellissimo, la sempiterna spadona e un mantello nero d’ordinanza. Non solo scena i Wotan, sia chiaro, ma anche tanta sostanza siderurgica: HAIL!

 

Tragodia

 

Wotan

 

Asgard

 

La dose di Speed annunciata dalla giornatona in quel di Mantova viene garantita dai ferraresi Asgard, giovani virgulti che crescono concerto dopo concerto. La loro è furia incanalata su binari straclassici, il look riporta agli irripetibili Eighties e il martellamento sonoro non concede tregua. L’orgasmo metallico si completa durante l’esecuzione dell’inno Asgard Invasion, che chiude degnamente un concerto all’insegna della potenza e della velocità.

 

Raff

 

Molti dei convenuti sono lì per Loro, per vedere i Raff da Roma, autentici Imperatori dell’HM italico del Centro della Penisola ai Suoi inizi, come la Storia, giustamente, insegna. Chris Bianco possiede l’aria del vecchio condottiero che ne ha vissute tante, di guerre dei watt. Alla batteria Suo fratello “Master”, un altro dell’ala dura che pesta ed è impostato come una volta, figlio di quella lezione nata dalla mescolanza bastarda di fine anni Settanta fra il Rock duro e il Punk, ed è un piacere vederlo picchiare come un dannato… Alla chitarra Tony Arcuri, musicista che si è anche cimentato sul disco del ritorno a 33 giri dei capitolini disponibile presso lo stand della Cruz del Sur Music. Durante il concerto dei Raff si respira a pieni polmoni quella modalità di fare HM tipica dell’epopea del genere. Highlight del concerto, manco a dirlo, l’inno Rafforce Commando.  

 

Unreal Terror

 

Il necessario tempo per il cambio palco ed è la volta di un’altra delle chicche fornite dall’Acciaio IV: direttamente da Pescara, gli Unreal Terror! Ed è una mazzata di Acciaio fatto musica, infatti! Freschi della ristampa su Cd  del Loro secondo capitolo discografico, Hard Incursion, da parte della Jolly Roger Records,  gli abruzzesi spaccano di brutto alternando HM in pieno viso dalle chitarre affilatissime a ballad di classe, tipiche del Loro repertorio. Luciano Palermi, così come il singer dei Danger Zone Giacomo “Giga” Gigantelli (si sono esibiti come headliner la domenica) pare abbiano davvero fermato il tempo: ugole d’acciaio, tanto per ripetere volutamente il concetto, interpreti di assoluta levatura che conferiscono pregio alla musica italiana tutta. Il singer degli UT, fra pose plastiche a la Judas Priest e grazie a un suono possente non lascia prigionieri, supportato al meglio da un altro pilastro dell’heavy rock nostrano quale Enio Nicolini al basso. Sentire Headbanger, At the End of the Last Chapter e Unreal Terror è puro godimento, punto!

 

White Skull

 

Steel meets Steel, evidentemente, perché dopo gli ‘Unreal si esibiscono i vicentini White Skull, autentica garanzia di mazzate in pieno stomaco. Peccato per i problemi tecnici dei quali ha dovuto soffrire la cantante Federica De Boni, a tratti inudibile, anche per gli stessi altri membri della band sul palco, ma è altrettanto vero che un combo rodato come quello di Tony “Mad” Fontò sa cavarsela in ogni situazione ed infatti lo dimostra per l’ennesima volta. Accanto a evergreen quali The Roman Empire scorrono pezzi tratti dall’ultimo disco Under This Flag. Chiusura, valhalliana, di default, con Asgard.

 

The Black

 

E viene il momento del piatto forte della kermesse: Mario “The Black” Di Donato, personaggio, nel vero senso della parola, dell’HM italiano. Pittore e artista a tutto tondo, forte di una fresca biografia uscita recentemente per Crac Edizioni, si presenta sulle assi dell’Acciaio IV accompagnato dall’antico sodale Enio Nicolini al basso e da Gianluca Bracciale alla batteria. Parco nell’iterazione nei confronti del pubblico, l’abruzzese conduce il concerto con una professionalità e un rispetto nei confronti degli astanti che costituisce una lezione di vita sul palco per tutti quanti. Nonostante gli evidenti inciampi tecnici – cosa ci vorrà per accorgersi che il cavo che unisce la chitarra di Mario alla strumentazione è davvero troppo corto e Di Donato per cantare deve allungare quasi il collo? Mah?! – “The Black” consegna alla storia dell’heavy rock tricolore una prova che resterà nella mente dei presenti al Palabam. Uno show intenso, il Suo, figlio degli anni Settanta, quando ci si prendeva il tempo necessario per godere delle cose, che rifugge violentemente la cultura imperante del mordi e fuggi. Uno spettacolo magnetico, che per rendere al meglio avrebbe necessitato di una cornice visiva adeguata, situazione difficilmente realizzabile all’interno di un Festival. The Black: per tanti ma di certo non per tutti.

 

Strana Officina

 

Headliner della giornata si sabato la Strana Officina, combo che in questi ultimi anni si sta cavando più di una soddisfazione. Molti sono lì per Loro, le T-Shirt con il TIR in bella mostra si sprecano e i livornesi, al solito, non deludono le attese. Con una potenza di fuoco alle casse impressionante, i quattro musicisti fanno onore alle recenti quattro uscite in Cd relative alla prima parte della Loro carriera uscite per la Jolly Roger Records. Pogo indiavolato ed headbanging sfrenato hanno accompagnato le cannonate heavy metal fornite da Daniele Ancillotti detto Bud (voce), Enzo Mascolo (Basso), Dario “Kappa” Cappanera (chitarra) e Rolando “Rola” Cappanera (batteria). Delirio su Non Sei Normale e commozione riguardo i pezzi tratti dal debutto “Strana Officina” del 1984, all’insegna di uno show legato al grande passato del combo toscano. The Metal Brigade still rulez, null’altro da aggiungere!

 

 

DOMENICA 25 MAGGIO 2014                    

Nonostante un bill dai tratti senza dubbio molto interessanti, il giorno successivo alla scorpacciata heavy di sabato denota un cambio radicale, che si avverte anche nell’aria. Molte delle postazioni dedicate al merchandising sono vuote ma soprattutto l’afflusso del pubblico segnerà, purtroppo, un nettissimo calo nei confronti dei numeri afferenti il concerto del sabato. Brutto da dire e da vedere, ma evidentemente una kermesse come l’Acciaio Italiano non regge più di una giornata dedicata. Poco male, sarà tesoro per, si spera, le prossime occasioni. Inutile dilungarsi nell’elenco dei motivi che hanno concertato una simile situazione: stringi stringi sono sempre i soliti, che alla fine portano a quella triste disamina che mette a confronto kermesse come questa, totalmente gratuita, e altre dai nomi altisonanti, sempre sul suolo italico, che costano abbastanza a livello di biglietto d’entrata e sono capaci di radunare ventimila persone, alla faccia dei sempiterni, ora più che mai stantii e vacui, discorsoni relativi al supporto della scena, all’integrità, alla solidarietà bla bla bla…   

 

Coffee Overdrive

 

Moto Armonico

 

General Stratocuster & The Marshals

 

La domenica Hard Rock dell’Acciaio IV parte con i Coffee Overdrive, gruppo che non dimostra paura nel proporre anche cose contaminate, al di fuori dei classici stilemi della musica dura tradizionale. Dopo aver messo in corpo la giusta dose di caffeina, è consigliato far del Moto, in questo caso Armonico, proveniente dal veronese e spruzzato dal tinte Prog. Detto-fatto! A seguire i General Stratocuster and the Marshals di Jacopo “Jack” Meille (voce degli storici inglesi Tygers of Pan Tang) e del chitarrista Fabio Fabbri. Uno show, il Loro, per veri intenditori, ove i colpi non vengono accompagnati da pesantissime mannaie ma bensì da sapienti affondi di fioretto. Meille si conferma frontman di livello internazionale e lo show sforna ottime portate a base di Hard’N’Blues. E’ poi la volta dei Perfect View, moderni interpreti, anche e livello di immagine, della lezione fornita dai Queensryche ai tempi d’oro. Interessante la Loro prova, oltreché variegata.

 

Perfect View

 

Revenge

 

Primi fra le glorie dell’HM italiano in scaletta i Revenge da Pesaro si presentano sul palco del Palabam con l’aplomb dei forti, d’altronde chilometri e chilometri macinati in una vita per esibirsi dal vivo serviranno pure a qualcosa! Trainati dall’onda lunga del nuovo parto discografico Survival Instinct, Kevin “Hell” Throat (voce), Red Crotalo (chitarra), Erik Lumen (batteria) e Vallo (basso), nonostante qualche piccola incertezza nell’affiatamento forniscono al pubblico quello che vuole, in dosi da cavallo: bastone (Hotzone) e carota (Home Again), tanto per citare solo due pezzi – immortali – del loro repertorio.

 

Ancillotti

 

Unici rappresentanti HM tout court della giornata gli Ancillotti tolgono sin da subito anche il minimo dubbio riguardo il Loro concerto: la devastante Bang Your Head non fa prigionieri e da lì in poi e una sola, lunga cavalcata metallica fino a Warrior, ultimo brano in scaletta. Il concetto di fratellanza metallara alberga durante tutto lo show, Bud, senza forzare la mano, come al solito, riesce a far passare questo antico messaggio, forse oggi un po’ demodé per le nuove generazioni, ma che si respirava a pieni polmoni anni fa. Vedere un’intera famiglia – il chitarrista Ciano Toscani è “fratello di sangue” degli altri tre Ancillotti –  così convita di fare heavy fucking metal riempie il cuore. Brividi quando Daniele presenta gli altri pard, con l’enfasi necessaria: oltre all’appena citato Luciano, Sandro “Bid” Ancillotti, suo fratello, al basso e poi Brian Ancillotti, il figlio. Commozione mista a sensazione di forza, proprio quella che permette di guardare al futuro con dei giovani occhi, carichi di fiducia e di speranza. Prendere nota, please…

 

Rustless

 

Dietro al moniker Rustless si annidano tre glorie del Metallo dello Stivale: Steve Tessarin, Lio Mascheroni e Ruggero Zanolini. Tutti ex Vanadium, negli anni Ottanta hanno dato l’idea di potercela fare, per primi e per davvero, nell’impresa di riuscire, finalmente, a vivere di sola musica. Poi le cose hanno preso una piega differente e il resto è storia. Quello che rimane, per sempre, sono però degli album immortali e molti dei convenuti al Palabam lo sanno bene e si aspettano di sentire ancora certi pezzi in veste live. Tanto di cappello quindi a Roberto Zari, il cantante dei Rustless, che riesce a fare a meno di fare il Pino Scotto e propone, alla propria maniera, evergreen del calibro di Streets of Danger, Run Too Fast oltre alle due immense ballate Easy Way To Love e Don’t Be Looking Back. Prova non da poco quella del singer dei milanesi: un frontman dalla voce caratteristica come Pino Scotto marchia indelebilmente tutto quanto tocca e per reinterpretare – per di più bene – classiconi come quelli appena citati denota coraggio. Ad accompagnare il combo anche una corista, preziosa nella proposizione dei pezzi propri dei Rustless.

 

Danger Zone

 

Headliner della serata un’altra leggenda dell’Hard Rock tricolore: direttamente da Bologna i veterani Danger Zone. Un plauso prima di tutto allo stato di forma denotato dai simboli stessi della band: il chitarrista Roberto Priori e quel fenomeno dietro al microfono che risponde al nome di Giacomo “Giga” Gigantelli. Con alle spalle due recenti album di indubbio valore – lo strepitoso Line of Fire e Undying, del 2012 –  i Nostri sono nelle condizioni di tagliare per allestire la setlist, vista la qualità media, alta, dei loro numerosi pezzi. Come i Rustless dedicano un brano allo scomparso Sergio Nardelli, dimostrando buon gusto e memoria storica, a tributare la passione riversata da quest’ultimo per la causa tricolore. La straordinaria cover di Children of the Revolution – finalmente rimossa dalla posizione di opener dei Loro concerti, quindi spesso vittima di problemi tecnici e di taratura dei suoni – chiude un’altra grande giornata di musica da incorniciare e da portare con sé per sempre. Del pubblico si diceva sopra: peccato…

Alla prossima!             

     

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

Si ringrazia l’amico Luca Bernasconi per le foto (www.lucabernasconi.com)