Hard Rock

Live Report: Europe @ Alcatraz, Milano e @ Annexet, Stoccolma

Di Davide Sciaky - 16 Dicembre 2017 - 16:26
Live Report: Europe @ Alcatraz, Milano e @ Annexet, Stoccolma

EUROPE
29/11/2017 @ Alcatraz, Milano

Da qualche anno ormai, l’appuntamento di fine autunno con gli Europe è un rituale a cui la band svedese ha (ben) abituato la location milanese. Dopo il sold-out di un anno fa, non ci si sarebbe aspettato un Alcatraz pieno per ¾ ma, come ha ribadito più volte Joey Tempest – con un italiano quasi perfetto – “Milano è come casa” – (con buona pace degli spot Barilla). Sorvolando su un’organizzazione che ha avuto alcune lacune (vedi l’apertura dei botteghini alla stessa ora dei cancelli), la serata è iniziata alle 20.00 con un gruppo supporter italiano: Soul Seller, che hanno ravvivato la serata e scaldato il pubblico con il loro AOR godibilissimo e di facile presa.

Ma veniamo agli Europe: la band è salita sul palco puntuale alle 21.00, cominciando sin da subito a far capire di che pasta sarebbe stato il concerto. Un’ora e tre quarti di puro e intenso hard rock sparato senza alcuna sosta sul pubblico milanese, 20 pezzi in totale, tra cui 4  tratti dal nuovo album Walk The Earth. Ed è proprio la title-track del nuovo lavoro ad aprire le danze, seguita da The Siege e proseguendo con la ‘evergreen’ (ed acclamata) Rock The Night. Anche Love Is Not The Enemy, rende sempre bene dal vivo, così’ come la maestosa Last Look At Eden. A questo punto, su un pubblico già bollente ed in visibilio, gli Europe hanno tirato fuori dal cilindro magico la chicca Prisoners In Paradise,   mandando tutti i nostalgici dell’era ottantiana al settimo cielo (badate bene, non è così scontato averla in scaletta!). Siamo nel bel mezzo dello show e la band può spaziare tranquillamente da tutta la sua lunga discografia: Firebox, Ready Or Not e Girl From Lebanon sono gli estratti, quest’ultima preceduta dall’assolo di John Norum impegnato con la splendida e ovviamente strumentale Vasastan. Puro sentimento, attenzione e rispetto per ogni singola nota! In una serata intervallata da un Tempest – leggermente – in calo con la voce (a 54 anni, con molti show consecutivi sulle spalle e senza nemmeno un giorno di pausa in questo tour è normale che ciò accada), comunque sia, il singer ha gestito bene ogni canzone, anche quelle più impegnative, dimostrando come al solito molto mestiere. E ha dimostrato non solo di aver oramai imparato – con ottima pronuncia diverse frasi in italiano – (bellissima la presentazione di tutta la band nella nostra lingua ), ma è già salito allo step successivo snocciolando un po’ di dialetto “lumbard”, con un: “Và a ciapà i ratt” rivolto ad un semi ignaro, quanto sornione e sorridente Mic Michaeli, che ha fatto esplodere tutto il locale in grasse risate! E’ il momento di altre due nuove canzoni, la heavy/adrenalinica GTO e la profonda Turn To Dust. Entrambe sono state eseguite con maestria. Si abbassano le luci e le riconoscibilissime note di Carrie escono dalle tastiere di Michaeli. Il tormentone per i cuori infranti di un’altra epoca (è stata rimessa in scaletta dalla band ad unico appannaggio del pubblico milanese) riceve la solita ovazione da chi li viene a vedere sempre e solo per quei ¾ pezzi famosissimi, colpevolmente ignorando il grande percorso di crescita musicale che la band ha intrapreso in questi ultimi decenni. Diciamolo: gli Europe sono molto più di qualche hit radiofonica famosa negli eighties!  Siamo ben oltre metà concerto, e la band rispolvera un brano tratto da Bag of Bones: Riches To Rags seguito dall’ assolo di batteria più divertente che mi sia capitato di vedere in questi ultimi anni, sulle note del Guglielmo Tell Overture di Rossini, Ian Haugland, mostra di che pasta è fatto, mettendo a nudo la sua anima goliardica, ma anche la sua bravura dietro i tamburi. Premetto che non amo gli assoli di batteria di oltre 10 minuti di durata, mi annoiano ad un certo punto, preferisco questo modo di “giocare” con il pubblico, senza tediarlo con inutili virtuosismi per decine di minuti (tanto lo sappiamo che siete bravi! ). E’ il momento di Wasted Time, brano tratto dal secondo album della band “Wings Of Tomorrow” uscito nel 1984, che sostituisce la semi onnipresente Scream Of Anger. La band è compatta, sempre sul pezzo, in un’alchimia perfetta snocciola le note una dietro l’altra. La maestosa War of Kings, viene accolta da un’ovazione e cantata a squarciagola da tutto il pubblico presente, segno che, anche i nuovi lavori della band cominciano pian piano a far presa sui fan, anche quelli più conservatori. Ci avviamo verso la conclusione con l’immancabile Superstitious, annunciata da un Joey Tempest che – per prendere un attimo fiato – si era disteso sul palco dell’Alcatraz scherzando (come al solito) con gli addetti alla security. Ancora “Cherokee” provoca brividi e rispolvera sopiti ricordi, mentre le prime note della canzone che, assieme a Radio Ga-Ga dei Queen rappresenta totalmente la decade ottantiana manda in estasi tutto il locale…ovviamente stiamo parlando della famosissima The Final Countdown, che come al solito chiude la splendida performance degli svedesi. Una serata all’insegna del puro rock e di tanto divertimento, uno spettacolo di alto livello che non lascia mai delusi, da parte di una band ancora sottovalutata, ma che musicalmente ha ancora tanto da dire. Mi aspettavo forse qualche pezzo nuovo in più, per esempio la splendida Pictures, ma credo che sia ancora in fase di rodaggio, spero venga aggiunta in scaletta al più presto. Consiglio vivamente di andare a vedere gli Europe in concerto e non unicamente per i soliti ¾ pezzi più famosi, potreste rimanere piacevolmente sorpresi.

Live Report a cura di Luke Bosio

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EUROPE
06/12/2017 @ Annexet, Stoccolma (Svezia)

Il 6 dicembre 1986 ‘The Final Countdown’, la canzone più famosa degli Europe e probabilmente tra le più famose del Rock tutto, entrava al primo posto in classifica di vendite inglese.
Esattamente 31 anni dopo ci troviamo a Stoccolma, la città natale della band svedese, per il loro penultimo concerto del 2017.
Il locale è l’Annexet, una sala dalla capacità di 4000 persone, che nei minuti prima dell’inizio dello show si riempie rapidamente di un pubblico prevalentemente non giovanissimo, l’età media è probabilmente tra i 40 e i 50 anni, tante persone probabilmente coetanee della band e che ben ricordano quando un piccolo gruppo svedese è diventato un colosso internazionale.

In apertura troviamo i Blues Pills, giovane band, anche questa svedese, che in pochi anni si è affermata come una realtà decisamente interessante con il loro Blues Rock tanto vintage quanto gustoso.
La cantante in particolare, Elin Larsson, è diventata in un brevissimo tempo un’ottima frontwoman capace di trainare con facilità il pubblico.
La scaletta spazia sui due album pubblicati finora, con l’aggiunta di una cover della celebre ‘Somebody to Love’ dei Jefferson Airplane, ed è forse con quest’ultima che il pubblico si esalta di più, probabilmente conoscendola già.
La performance non è lunghissima ma ottima e fa piacere vedere un gruppo giovane e talentuoso “promosso” da una band grossa come gli Europe.

Quando arriva il turno degli headliner il locale è ormai pieno e si leva un boato quando la band sale sul palco ed inizia a suonare ‘Walk the Earth’.
Dopo la title-track si continua con un’altra canzone dell’ultimo album, ‘The Siege’, per poi tornare indietro di 30 anni con un grande classico, ‘Rock the Night’.
La band è in formissima, Joey Tempest in particolare continua saltare, ad andare su e giù per il palco e ad incitare il pubblico.

Proprio il pubblico è l’unica nota dolente della serata: escludendo i vecchi classici, il 90% delle persone presenti rimane perfettamente impassibile davanti alla maggior parte delle canzoni suonate.
Va bene, non è un concerto Thrash Metal, ci sarà un fattore nostalgia per certe canzoni dal passato, ma si tratta pur sempre di un concerto Rock!

Nonostante ciò la band dà il massimo e noi non possiamo che apprezzare; il giocare in casa, suonare nella propria città, dev’essere anche una bella spinta a dare ancora di più.
Il concerto continua con canzoni che spaziano un po’ tutta la carriera del gruppo, ‘Love is not the Enemy’ da “Secret Society”, ‘Last Look at Eden’ dal disco omonimo e ‘New Love in Town’ dallo stesso album, ‘Firebox’ da “Bag of Bones” e si torna indietro di 30 anni con ‘Ready or Not’ da “Out of This World”.

Parlando di città natale arriva il turno della bella strumentale ‘Vasastan’, canzone che prende il nome dalla zona di Stoccolma dove si trova lo studio dove gli Europe hanno registrato il penultimo album, “War of Kings”; Vasastan si trova a pochi chilometri dal locale dove siamo stasera e ci viene da chiederci quanti tra il pubblico vengano proprio da lì, una situazione particolare che non capita tutti i giorni.

Il concerto continua con pezzi vecchi e nuovi, si torna nuovamente indietro di 26 anni con ‘Girl From Lebanon’, poi di nuovo al presente con due pezzi da “Walk the Earth”.
Tocca ora a ‘Carrie’, splendida ballata che ci catapulta immediatamente negli anni ’80; il pubblico finalmente si sveglia e tutti cantano insieme le parole di questo pezzo, peccato per il grande numero di cellulari che sventolano sopra le teste rovinando la bella atmosfera.

Dopo ‘Riches to RagsIan Haugland si lancia in un assolo di batteria molto divertente, evitando le inutili sboronate di tanti altri batteristi Haugland mette in mostra tutta la sua abilità sulle note dell’ouverture del Guglielmo Tell di Rossini; non abbiamo quindi un noioso sfoggio di tecnica fine a sé stessa, ma un piacevole momento di musica che, anche, dimostra la bravura del batterista svedese.

La band torna sul palco e si lancia nel pezzo più vecchio suonato nella serata, ‘Wasted Time’, tratto dal loro secondo album, “Wings of Tomorrow”; dopo ‘War of Kings’ e ‘Superstitious’ i musicisti si congedano e lasciano il palco.

Le luci si spengono, ma potrebbe essere la fine dello show senza il pezzo più famoso degli Europe?
Ovviamente no, quindi dopo alcuni minuti la band torna sul palco e conclude il concerto con due dei loro pezzi più famosi, ‘Cherokee’ e ‘The Final Countdown’.
Su questi il pubblico si scatena, ovviamente più sul secondo, ma nuovamente il gran numero di cellulari comparsi a filmare rovinano un po’ l’atmosfera.

Dopo 19 canzoni e un assolo di batteria il concerto è finito, cosa possiamo dirne?
Il bilancio è certamente positivo, la band è in forma, la setlist è stata varia e ottima, Tempest è un frontman carismatico bravissimo a trascinare le folle…tranne quella svedese, unica nota negativa della serata.

Live Report a cura di Davide Sciaky

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