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Live Report: Gods Of Metal 2016

Di Alessio Gregori - 4 Giugno 2016 - 16:12
Live Report: Gods Of Metal 2016

“SCUSA PER IL PALCO?…DRITTO DI LA’, 40 minuti dopo… SCUSA PER IL PALCO?”

Il Gods of Metal è da sempre stato uno dei pilastri portanti all’interno del settore in Italia, possiamo dire che ogni metallaro italiano, una volta nella vita, ha presenziato a questa manifestazione. Dopo alcuni anni di “buio” la carovana è tornata in grande stile, o queste erano le premesse inizialmente, con due giorni che avrebbero visto Rammstein e Kiss assecondarsi sul palco come headliner. La storia oramai è arcinota a tutti per cui vediamo di trattare quella che è stata l’unica giornata del festival sotto note positive e negative, come da programma.

Tutto pronto, bello arzillo, mi metto in autostrada pronto per sfrecciare verso l’autodromo di Monza, peccato che la colonna causa incidente in autostrada mi faccia ritardare l’ingresso nel parco; ore 11:20 circa parcheggio dentro, penso che sarà più comodo e vicino dopo una lunga giornata in piedi, 10 € per entrare al parcheggio e nessun ringraziamento. Incominciamo bene. Quaranta in minuti di camminata che separano area auto da area concerto, tre i controlli a cui si è sottoposti, due le file per gold e “normali”. Una transumanza infinita che alla sera post concerto non ha sicuramente giovate al livello psicofisico dei presenti, nessuno escluso. Ma andiamo avanti, non fasciamoci la testa; come avvisato, causa interferenze autostradali i primi due gruppi, ovvero Overtures Planet Hard non sono riuscito a vederli ecco perchè il report partirà a dalla terza band in programma. Spiace non essere stati in grado ma a volte la sfortuna e gli eventi vanno oltre le tue possibilità surclassano ogni aspettativa. Speriamo di poterci ritrovare nel prossimo futuro.

 

JEFF ANGELL’S STATICLAND

Il gruppo formato da Jeff Angell, meglio noto per le sue passate esperienze con “Post Stardom Depression” e” The Missionary position” offre un rock duro e scanzonato, molto ben strutturato e di facile appiglio. Certamente non abbiamo di fronte nulla di sconvolgente ed epocale, ma riesce nel breve tempo concesso ad offrire applausi e note di colore al pubblico, che sta iniziando ad arrivare con calma e tranquillità. Come da prassi ovviamente i suoni non sono al meglio e l’essere tutto alquanto impastato non facilita l’ascolto. Promossi con riserva.

 

THE SHRINE

Il trio Statunitense alza i volumi e trasmette energia attraverso ogni poro. Bravi, riescono a coinvolgere ottimamente il pubblico grazie a canzoni sono orecchiabili e di facile apiglio, la prestazione generale risulta ottimale; non vediamo nulla di sbagliato in quello che i nostri padiglioni auricolari percepiscono se non sempre per questi volumi ancora bassi con un audio alquanto deficitario. Bello e solare, uno spettacolo che diverte, consigliati in caso di mancata conoscenza. Certamente avrebbero meritato un po’ più di attenzione, ma l’orario di pranzo e il pubblico ancora distante dalla capienza massima e distratto, ha fatto si che siano passati un po’ in sordina. Da riscoprire.

 

HALESTORM 

Alle 14.30 si presentano sul palco del Gods Of Metal gli Halestorm dei fratelli Hale. C’è curiosità e attesa di vedere come se la caverà la bella Elizabeth “Lzzy“, alla quale peraltro un gruppetto di focosi non ha fatto mancare apprezzamenti scritti e incitamenti a mostrare “le sue grazie“; onestamente non propriamente dei gentiluomini e un po’ fuori luogo diciamo così…..Si parte con “Apocalyptic” dal loro ultimo album “Into the Wild Life“. La prestazione offerta e l’ottima presenza dal vivo di Lzzy fanno subito capire al pubblico che lo spettacolo sarà di pregevole fattura e infatti le attese non saranno per niente deluse. Si prosegue con ‘Love Bites’ e ‘Mz. Hyde’, il pubblico gradisce e partecipa alle canzoni con il giusto grado di coinvolgimento. Tutto si svolge alla perfezione, il sound è chiaro e distinto, la cantante saluta in italiano con il più classico dei classici “Ciao Milano” e riceve tanti applausi. La scaletta prosegue fin troppo veloce, merito della band, con altri classici e la performance si chiude sulle note di ‘I Miss The Misery’. Nel complesso una bella scoperta per chi come me non aveva ancora avuto la possibilità di sentirli dal vivo e una sensazione di ottima capacità live e di qualità artistiche. 

 

GAMMA RAY 

Purtroppo lo show dei Gamma Ray parte “zoppo” in quanto si capisce fin da subito che Kay Hansen interverrà solo sporadicamente e che le lead vocals saranno affidate quasi in toto a Frank Beck, comunque capace di tenere banco alla prova e di offrire una buona prestazione. E’ ormai evidente che la band ha un bel po’ di annetti sulle spalle e che la verve dei tempi passati è come dire… “annebbiata” dall’età, comunque il pubblico gradisce la svolta power metal di un concerto che si era orientato già da diverse ore su un hard rock più “tranquillo”; c’è grande gioia quando i Gamma annunciano la cover di un classico del repertorio degli Helloween come “I want Out“. Il suono, devo ammettere non è propriamente dei migliori, c’è come una prevalenza del suono metallico delle chitarre sugli altri strumenti e ne esce un po’ di difficoltà a distinguere certe parti melodiche. Lo spettacolo però si riprende bene sulle note di ‘Master of Confusion’ e ‘Man on A Mission’, forse le meglio suonate tra tutte quelle sentite fino a quel momento. Da sottolineare anche l’arrivo di un po’ di pioggia sul parco, in una giornata veramente graziata dagli Dei Del Metal che hanno voluto mandare uno sguardo amico su Monza, nonostante le pessime previsioni meteo dei giorni precedenti. Nel complesso una performance un po’ scialba che sarà ben presto dimenticata anche grazie alla bravura dei gruppi che seguiranno. Peccato. 

 

SIXX: AM

Bravi, non c’è molto altro da aggiungere se non bravi i SIXX:AM grazie ad uno spettacolo di alta classe con una professionalità che contraddistingue oggigiorno chi merita attenzione da chi no. Arrivano da un nuovo, spumeggiante album che non ha mancato di figurare in scaletta grazie a brani quali ‘Rise’, ‘When we Were Gods’ e la titletrack ‘Prayers for the Damned’. La presenza carismatica di Nikki Sixx, l’ottimo vocalizzo di James Michael e la provocante figura scenica di Ashba, tutto l’inisieme ci lascia quasi pensare di essere di fronte a quello che è il gruppo che ad oggi tira in avanti le redini del Glam; con ogni probabilità se non sono i migliori poco ci manca. Non tanto il loro spazio sul palco, ma quanto basta per far scatenare, convincere e vincere a mani basse quella che è stata una prestazione ottimale. Suoni all’altezza, pompati e ricchi di carica per lasciare finalmente appassionare e scaldare il pubblico, che ora inizia a diventare numeroso. La presenza della due classiche coriste, non ha inciso un granché sul risultato finale, ma come si dice in questi casi, anche l’occhio vuole la sua parte. “Abbiamo un ultimo saluto prima di congedarci” queste la prole del frontman che innalza le braccia al cielo e incita folla attraverso l’anthem ‘Life is Beatiful‘ per una conclusione di un concerto da applausi. Sino a quando avremo i SIXX: AM, con tutta onestà i Motley Crue possono rimanere in pensione. Nota a Margine: Nikki Sixx, si è avvicinato alla zona pubblico scambiano chiacchiere, firmando autografi e foto con i presenti con il sorriso sulle labbra, gesto di piccola importanza ma che ha contraddistinto l’uomo e l’artista a dispetto di altri. Chapeau.

SETLIST:

This Is Gonna Hurt

Rise

When We Were Gods

Everything Went to Hell

Prayers for the Damned

Lies of the Beautiful People

Stars

Life Is Beautiful

 

MEGADETH

Delle strane strutture salgono sul palco, la doppia cassa ha il classico logo Megadeth, ci siamo, il momento dell’unico vero gruppo metal al 100% della giornata arriva, tutti applaudono. Con il turnista d’eccellenza Dirk Verbeuren i nostri salgono sul palco belli carici e pomapati, ma chi sono questi giovinastri? Dave rigorosamente per ultimo, quasi in sordina, arriva mentre le note di ‘Hangar 18’ mietono gi le prime vittime tra il pogo, specifichiamo che diversi saranno i poghi proposti qua e la nelle aree del campo. La presunta mancanza di voce del leader maximus, le ipotesi degli ultimi anni dove i Megadeth non siano più all’altezza della situazione, vengono smentite in pochi minuti, oggi i nostri sanno il fatto loro e picchiano come raramente era accaduto negli ultimi tempi. La sinergia tra i membri è affascinante portandoli lungo la set list in molteplici passaggi a suonare insieme, uno accanto all’altro come una sola entità, un solo grande essere vivente che sprigiona thrash a non finire. La scaletta, come da prassi per le apparizioni in grandi festival è stata ridotta a 13 pezzi per una settantina di minuti e poco più; molti i classici e molte invece le nuove proposte prese anche dall’ultimo nato “Dystopia” per dimostrare come, scivoloni a parte, quando i Megadeth fanno i Megadeth riescono ancora a divertire emozionando. Un coro unico si sprigiona dal pubblico che canta a squarciagola ogni passaggio, incitando e stupendosi della prestazione. Verso la fine Dave pronuncia queste parole:

“Vorrei ricordare il nostro batterista scomparso da poco Nick Menza, lui ha origini Italiane, vi chiederei un minuto di silenzio in suo onore”

In quel momento l’intero festival si è ammutolito, un silenzio irreale che ha commosso e scaldato i cuori prima che le note di “Peace Sells” prendessero forma e Vic Rattlehead sul palco ci ricordasse che qui nessuno acquista la pace, nemmeno se scontata. Suoni mostruosamente pesanti, poche le stecche e molte le soddisfazioni, Verbeuren si dimostra un professionista con i controtesticoli e sopra ogni cosa, la formazione attuale, questa formazione potrebbe essere la migliore di sempre dopo quella dei cosiddetti “classici”. Uno show pesante, corposo, e pieno di segnali positivi; la conferma dopo un ottimo ultimo album come i nostri sono ancora in pista e sarà difficile sbarazzarcene per diverso tempo. 

SETLIST:

Hangar 18

Wake Up Dead

In My Darkest Hour

Post American World

She-Wolf

Sweating Bullets

Poisonous Shadows

Trust

Fatal Illusion

Dystopia

Symphony of Destruction

Peace Sells

Holy Wars… The Punishment Due

 

KORN

Ammetto, non avevo mai visto i Korn dal vivo, li ascoltavo quando avevo 15/17 anni grazie ad album storici (per la band) che avevano segnato la mia infanzia. Sono passati 18 anni dall’ultimo album che ho ascoltato, quel “Follow the Leader” che tanto mi rallegrava per il mio diciottesimo compleanno. Oggi, sono un pallido ricordo di una parte della mia vita, che vedo materializzarsi di fronte a me stile deja-vù, un ritorno al futuro in carne e ossa. Cosa altro da dire che non sia già stato scritto, che non sia già stato detto delle decine e decine di volte che i nostri sono sbarcati in Italia? Siamo onesti, partire con la prima traccia del primo album, quella ‘Blind’ che tutti conosco, significa che l’intero concerto sarà un inno ai classici della band. Certamente qualche sonorità degli ultimi album viene ripescata, come ‘Narcissistic Cannibal’, ma se 12 delle 13 canzoni proposte sono state composte prima del 2005, qualcosa vorrà poi dire. O sbaglio? Queste occasioni sono perfette per dimostrare quanto i classici di questo o quel gruppo siano fondamentali, per poterli confrontare con il “contemporaneo” al fine di tracciare una linea comune tra la discografia di una band riuscendo a tirare le somme più razionalmente. I Korn dimostrano oggi che gusto a parte, la loro è una matrice compositiva che non ha subito radicali stravolgimenti, riuscendo bene o male a mantenersi su una linea comune che guarda a un retrofuturo scomodo ma pieno di “aficionados”. Classico stacco con cornamusa, un’improvvisazione di ‘One’ dei Metallica, e la mascherina dell’ossigeno per Davis sono una componente che non può mancare; unico grande difetto? Tutto sembra immancabilmente preparato a punto senza quell’istinto e la grinta che dovrebbe contraddistinguere esibizioni di questa entità; non siamo tutti degli stolti e certi dettagli vengono notati. Ammetto che il sottoscritto, che andava in giro con la shirt degli Immortal, come da gran cerimoniere true comanda, sarebbe dovuto essere impassibile e menefreghista nei confronti di questa band, ma quando a dispetto degli anni le musiche colpiscono dentro, che si chiamino Korn o meno, scatta la voglia di cantarle coralmente insieme alle migliaia di persone intorno. Qui i Korn vincono, perché in molti, moltissimi erano li a saltare e divertirsi, coinvolti in una grande serata che ha visto la band trionfare, anche attraverso i classici difetti oramai trascurabili. Genitori con i figli, ventenni, trentenni, cinquantenni e molto altro insieme a divertirsi, questo è il segno più importante e il ricordo più indelebile. Mi spiace true che non siete altro, qui si applaude e ripeto ancora: dopo 23 anni di carriera, se sono ancora qui e tutti salatano a ritmo, gli unici vincitori sono i Korn.

SETLIST:

Blind

Right Now

Here to Stay

Somebody Someone

Narcissistic Cannibal

Falling Away From Me

Coming Undone

Shoots and Ladders

Twist

Did My Time

Y’All Want a Single

Got the Life

Freak on a Leash

 

RAMMSTEIN

Ore 22:15 circa, il telone cade, Lorenz intona qualche nota eterea, dall’alto scendono Kruspe e Landers mentre di TIll non v’e traccia. Una partenza soffocata, quasi ambient prima del tip tap con scoppio del cilindro del frontman per iniziare la il concerto con ‘Ramm 4’, un brano che racchiude al suo interno tutti i titoli delle canzoni composte dai Tedeschi. Come a voler segnare una enciclopedia dell’intera carriera. ‘Riese Reise’ ci porta dentro lo show vero e proprio, sarà uno spettacolo differente dal passato, se non per la seconda metà, incentrato su alcune canzoni definibili quali inaspettate; tutti i brani vengono proposti attraverso un’aspetto più elettronico e pompato, sonorità più tendenti all’industrial moderno e tecnologico. Ogni canzone che si conosce quasi a memoria subisce delle lievi modifiche, la sensazione che questi siano anche i suoni per quello che dovrebbe essere il prossimo fantomatico album si delineano corposamente. Fuochi pirotecnici, scenette tra un brano e l’altro, l’esplosione alla fine di ‘Zerstören’ il lanciafiamme per ‘Feuer Frei’, il fumogeno per ‘Mein Herz Brennt’, le ali da angelo per ‘Engel’, tutto è stato rispettato meticolosamente come da copione per una scenografia che stupisce ad ogni istante. Certamente il fatto di avere a che fare con movenze chirurgiche, gesti calibrati e coordinati al centimetro rende tutto leggermente più artefatto, ma la potenza che esce da quegli altoparlanti è altissima; anche chi come il sottoscritto, non è mai stato un grande amante di questi Tedesconi, si lascia trasportare e come i bambini si guarda il palco accendersi e brillare ad ogni minuto. Cosa accadrà tra trenta secondi? Come canterà questo o quel ritornello? Alcuni errori, alcuni piccoli difetti che hanno reso lo spettacolo più “naturale”, come le canzoni leggermente modificate negli arrangiamenti e nelle sonorità, questi con molta probabilità sono la riprova della forza e del successo dei Rammstein oggi. L’impossibile prevedibilità dei loro spettacoli è disarmante e fa applaudire sorridendo positivamente. Una scaletta che come potete vedere, porta a molteplici brani “lenti” al suo interno, come a delineare una via comune. C’è sorpresa tra la platea in alcuni momenti ma che importa se la scaletta, encore a parte, la vai a chiudere con una cover dei Depeche Mode? Tanto siamo tutti qui per divertirci. Che importa se a dispetto delle due ore di concerto inizialmente previste la durata totale è rimasta al di sotto dell’ora e mezza? Siamo qua tutti per divertirci. Nella botte piccola c’è il vino buono, e direi che questo spettacolo a ha confermato a pieno le doti live dei Rammstein, che come abasciatori promuovono la lingua tedesca più di qualsiasi altro nel mondo. Come concludere tutto questo bel trafiletto? andiamo al prossimo capitolo.

SETLIST

Ramm 4

Reise, Reise

Hallelujah

Zerstören

Keine Lust

Feuer frei!

Seemann

Ich tu dir weh

Du riechst so gut

Mein Herz brennt

Links 2-3-4

Ich will

Du hast

Stripped (Depeche Mode cover)

——

Engel

Sonne

 

“SCUSA PER I PARCHEGGI MI FAI PASSARE DI QUA? NO FAI IL GIRO… #@!?+#¶?(%$ biiiippp” 

Concerto finito, manifestazione finita, la cartilagine tra le rotule finita, la pazienza per arrivare ai parcheggi finita, l’acqua finita, la birra finita, i surrogati di piadine a 6 € finiti, il parco reale della villa di Monza finito, i bagarini lungo le strade finiti, tutto finito. Ma allora cosa è rimasto se tutto è finito? Rimane il ricordo di una bella giornata, se vissuta in compagnia, se non ci si addentra in troppi tecnicismi, se la si vive con goliardia e spensieratezza. Famiglie con i bambini, gente dai 15 ai 60 anni, tutti uniti per una unica passione. Haters gonna hate si dice, per cui “questo non è il gods of metal” e cavolate varie porta ad una unica conclusione: chi sta dietro una tastiera, chi era li. Ci siamo divertiti? Credo proprio di si. Musicalmente possiamo ritenerci soddisfatti? Credo di si.

Non hai nulla da recriminare dunque? Si ovviamente, penso ai parcheggi e alla disorganizzazione di questi, alla buffonata del golden circle (quando ero ragazzino e facevo a gara per tenermi il posto sotto il palco era bellissimo). Dico no ad un caffè al costo di 2€, no ai gruppi che si esibiscono con suoni sotto la media visto che tutti meritano rispetto. Penso sia sufficiente, mi congedo e chi ha orecchie per intendere intenda, ai restanti gli auguro un piacevole futuro.

Live report per Halestorm e Gamma Ray a cura di Alessio Gregori che ringrazio per la compagnia durante la giornata e questo piccolo, ma fondamentale aiuto.

Andrea Poletti.