Heavy

Recensione Libro: ”Anvil – The Story Of Anvil”

Di Stefano Ricetti - 14 Aprile 2009 - 9:49
Recensione Libro: ”Anvil – The Story Of Anvil”

ANVIL – THE STORY OF ANVIL
320 pagine
Bantam Press

ISBN-10: 0593063643
ISBN-13: 978-0593063644
www.booksattransworld.com

 

Solamente il libro sugli Anvil poteva permettersi di iniziare con il primo capitolo in quinta piena direttamente dal 1982/83, quando ai Nostri stavano per spalancarsi per davvero le porte del music biz. Incredibilmente e in modo bizzarro gli albori della storia di Steve “Lips” Kudlow e Robb Reiner partono dal paragrafo due, ma forse è proprio questa libertà di scrivere e di proporsi che ha fatto assurgere i due pard canadesi a personaggi unici e ineguagliabili. Contrariamente a quanto si possa pensare e date le premesse i due musicisti di origine ebrea iniziarono il loro cammino artistico con un piglio e una determinazione veramente tenace, a tratti morbosa. La lezione di vita che si assapora all’interno delle prime sezioni del libro è fortissima, dai connotati nobili e davvero farebbe la gioia di qualche sociologo impegnato nello studio della mancanza di ideali, sogni ed eroi da parte delle nuove generazioni. Dedizione, abnegazione e dignità a quintali, questo erano e sono rimasti gli Anvil: un esempio di coerenza metallica raro.

Tornando al libro, nei primi paragrafi si sprecano veramente gli aneddoti sulle groupie – troppi e alcuni grandemente esilaranti per essere enumerati – e riguardo le altre band: nell’ordine Black Sabbath, Van Halen, Motorhead e Girlschool. Il monicker del gruppo cambia dal leggero “Lips” al pesante e metallico Anvil e da lì in poi per i crazy canucks la strada è tutta in discesa, o quasi, fino all’album Forged In Fire – con in mezzo il manifesto generazionale Metal On Metal -. I Nostri detronizzano gli Iron Maiden nel concerto di Toronto, dove fungono da opening act, spaccano a Donington e raddoppiano in quello che era il tempio dell’HM londinese: il Marquee, dove sono avvicinati da un giovane fan, dal nome di Sacha Gervasi. A Lips viene proposto di sostituire Fast Eddie nei Motorhead così come di diventare il guitar hero di Lee Aaron ma Steve non molla e si tiene ben stretto il Suo Incudine. Dopo Forged In Fire ancora tour in veste di supporting act in UK con i Motorhead e qui Lips si “stona” di brutto dopo aver accettato l’invito di Lemmy a seguirlo in una drink&drug session nella sua camera d’albergo.

Seguono album e anni incolori – non artisticamente ma a livello di vendite – , split nella line-up, durissime settimane in prigione (Robb), donne che vanno e che vengono e figli che nascono. Gli Anvil toccano il fondo suonando in regime autogestito – senza un manager – di fronte a nessun convenuto in più occasioni – in pratica lo fanno per il gestore del locale e i dipendenti vari – addirittura in qualche circostanza arrivano alla location e il posto risulta chiuso, ma non mollano e risalgono la china, a partire dal tour europeo di inizio 2000 in compagnia di Riot, Agent Steel e dei Nostri Domine, giustamente citati nel libro. Segue il disco Plenty Of Power, ispirato come ai bei tempi quando Lips&Robb a ogni data radunavano migliaia di persone, fino a che ai due Anvil capita di imbattersi in…                  

La prefazione del libro è scritta, con autentico trasporto e una sorta di ammirazione latente, nientepopodimeno che da Slash, il chirattista divenuto famoso in tutto il globo quando i Guns N’ Roses dominavano il pianeta. A livello di foto, l’opera non racchiude chicche di chissà quale portata, eccezion fatta per il nudo integrale pubblicato senza censura alcuna di Lips a Detroit nel 1983 da parte del leggendario fotografo HM Ross Halfin, poi uno scatto bellissimo di Robb capelli al vento mentre violenta le pelli poste sopra le gran casse con la scritta “Anvil” e alcune immagini dei due da bambini, in compagnia delle rispettive famiglie. The Story Of Anvil al momento esiste solo in lingua inglese e non è esattamente alla portata di chi conosce l’idioma d’Albione in maniera puramente scolastica. Il libro è confezionato in maniera iper-carrozzata come quelli “veri” e non sfigura, a livello di fattezze e particolari, se posto fianco a fianco a quelli di letteratura snob.  

L’opera trasuda onestà di fondo e lucidità – difficile da credere visto il quantitativo industriale di droghe calate dai due protagonisti in una vita – e errori di battuta che testimoniano che certe sviste non appartengono solo ai libri HM scritti in Italia. Alcune perle? Richie Blackmore, Ardschok e Megadeath.  

About the difficulties of finding and dealing with success: “it takes a man to make it, but it takes a real man not to make it and still stand”. In pratica il motto degli Anvil. Diciamola e scriviamola tutta: il mondo dell’heavy metal non sarebbe lo stesso senza il latrato lagnoso di Steve Kudlow. Nota a margine: la storia dei Nostri ha generato anche un film, prossimamente disponibile in Dvd.

Metal On Metal forever!   

Stefano “Steven Rich” Ricetti