SAMAEL + CATHEDRAL + WITHOUT FACE: live report

Di Alberto Fittarelli - 16 Febbraio 2003 - 15:24
SAMAEL + CATHEDRAL + WITHOUT FACE: live report

(cliccate sulle foto per vederle a dimensione naturale)

Il concerto previsto per giovedì 13 Febbraio al Transilvania Live di Milano era un’occasione da non perdere per chi volesse finalmente assistere alla calata in Italia di quel particolare (e misterioso) gruppo che sono gli svizzeri Samael, autori di appena 2 full-lenght negli ultimi 7 anni ma capaci di creare grandi aspettative anche per la rarità degli eventi live che li vedono coinvolti. Il fatto poi che a supportarli ci fosse una band storica come i Cathedral e quella che viene descritta come la nuova promessa gothic, gli ungheresi Without Face, aggiungeva notevoli punti d’interesse a questo già intrigante concerto.

Come sempre la distanza da Milano ed il traffico in tangenziale mi impediscono di arrivare in tempo per assistere all’inizio della serata, ma, una volta sbrigate le brevi formalità di rito, faccio in tempo ad assistere agli ultimi due pezzi eseguiti dai Without Face: devo dire che non mi hanno particolarmente impressionato, anzi, sembravano decisamente “spenti” e quasi annoiati, mentre lo stile musicale da loro proposto non presenta alcuna particolarità che li possa distinguere dalla massa enorme di bands presenti in questo filone (il classico stile Theatre of Tragedy vecchio stampo, per intenderci, appena sporcato da qualche influenza prog). Buona comunque la prova della sezione ritmica e la presenza del cantante Andràs, decisamente più coinvolto della sua partner Julie; per un giudizio definitivo del gruppo rimando all’ascolto del loro debut album Astronomicon, uscito lo scorso anno.

    

Liberato il palco e posizionata la successiva strumentazione assistiamo all’irrompere in scena degli storici Cathedral: la band inglese è attesa da gran parte dei presenti, che lo dimostrano a pieno facendo partire un boato quando il leader Lee Dorrian raggiunge i compagni prendendo posizione dietro al microfono. Sembra davvero che 12 anni di carriera non pesino su di lui: il carisma con cui coinvolge l’audience è notevole, come da vedere sono le sue espressioni facciali e le movenze molleggiate mentre vaga qua e là sul palco.
La scaletta del concerto ripercorre tutta la discografia del gruppo, privilegiando ovviamente l’ultimo The VIIth Coming ma ripescando anche i momenti più autenticamente doom di inizio carriera, momenti in cui la pesantezza dei riff proposti dalla coppia Gary Jennings/Paul Hodginson (che sostituisce lo storico bassista Leo Smee) raggiunge un livello a stento sopportabile per chi, come me, non riesce a farsi coinvolgere del tutto dalla proposta dei Cathedral. Detto questo bisogna comunque tenere presente la bravura dei musicisti, la grande esperienza dimostrata ed ottimi sprazzi musicali con l’esecuzione di pezzi come Whores to oblivion, Skullflower e la conclusiva, acclamatissima Hopkins, con Dorrian a mimare l’impiccagione della strega da parte del “witchfinder” protagonista della canzone.

 

Il cambio di palco che segue lo spettacolo degli inglesi è il più lungo della serata: da dietro il sipario chiuso possiamo assistere ad un grande lavoro intorno all’impianto luci, davvero imponente e superiore agli standard proposti dal Transilvania. Nel frattempo, pur tra qualche problema tecnico, i diffusori del locale ci permettono di ascoltare in anteprima quello che sarà il nuovo progetto di Vorph e Xy, leaders dei Samael: Era One, così si chiamerà, consiste in un dark elettronico gelido ed estremamente robotico, come se ai pezzi più “freddi” di Eternal fossero state tolte le chitarre ed aggiunti arrangiamenti tra Coil ed Aphex Twin. Questa è naturalmente solo una prima impressione, influenzata anche dalla brevità degli spezzoni proposti e sicuramente da rivedere con un ascolto completo!

E l’ingresso della band è degno dell’attesa dei fans: tra giochi di luce ed applausi della gente la band prende posizione sul palco e si appresta ad iniziare il concerto. Ma subito c’è una sorpresa: il cantante/chitarrista Vorph si presenta infatti con delle stampelle e dovrà suonare per tutto il tempo da seduto a causa della rottura di una gamba una decina di giorni prima dell’inizio del tour; l’effetto sarà particolare e toglierà molto alla fisicità del live, ma senza penalizzare più di tanto l’ottima resa della band.
Parte l’intro e ciò che colpisce subito è la grande apparecchiatura di cui è dotato il gruppo: oltre al già citato impianto luci, infatti, il tastierista/batterista Xy si destreggia dietro ad un insieme di pad elettronici, sintetizzatori e campionatori, dietro ai quali si staglia un telone su cui verranno proiettate immagini astratte in sincronia con la musica. Uno spettacolo, decisamente, che non si vedeva dai tempi dei Tiamat di “Wildhoney”.

   

La band attacca subito con l’opener dell’ultimo Eternal (ormai vecchio di 4 anni), Year Zero, e mostra immediatamente di essere affiatata e carica al punto giusto. Il nuovo chitarrista Makro sembra essersi integrato alla perfezione nel gruppo ed il bassista Masmiseim è sempre la solita molla sulla sinistra del palco, non sta fermo un secondo e nonostante ciò non sbaglia nulla.
A seguire vengono proposti quasi per intero i due ultimi dischi della band, l’acclamatissimo Passage e, appunto, Eternal, con solo qualche breve excursus nel passato “black” dei Samael: tra i pezzi riusciti meglio sicuramente The Cross, Jupiterian Vibe e la terremotante Rain. Vorph canta col suo solito timbro sporco e malvagio, ma molto espressivo, e riesce a tenere in pugno il pubblico accorso per la sua band anche standosene seduto su uno sgabello; tuttavia la sensazione è che comunque vorrebbe esprimersi in tutt’altre condizioni, come ad un certo punto accenna anche esplicitamente.
Canzoni come Liquid Soul Dimension, Infra Galaxia (con effetti luce suggestivi, sembrava di “vedere” le atmosfere evocate dal pezzo) e The ones who came before colpiscono nel segno, accompagnandoci tra visioni apocalittiche e fantascientifiche, tra violenza e pura atmosfera; non sempre poi il messaggio comunicato dalla band è negativo, e lo dimostra ad esempio la bellissima Together, cantata in coro dal pubblico.

  

In sostanza un concerto che ripaga in gran parte l’attesa dei Samael-fans dal lontano 1997, quando il gruppo aveva supportato i Moonspell di “Wolfheart” in una data milanese risultando però penalizzati da una serie incredibile di problemi tecnici agli strumenti elettronici e destando quindi un’impressione abbastanza negativa in chi non li conosceva precedentemente; qui il gruppo ha potuto invece disporre di tutti i mezzi necessari all’ottima riuscita del concerto e ha saputo sfruttare benissimo l’occasione, nonostante la sfortuna che sembra comunque perseguitare la band nelle sue tournèe. Complimenti quindi davvero a tutti, speriamo di non dover aspettare altri 6 anni per un loro concerto in Italia!

Alberto “Hellbound” Fittarelli