Recensione: A Closer Look

Di Roberto Gelmi - 19 Aprile 2017 - 10:00
A Closer Look
Band: Dark Ages
Etichetta:
Genere: Progressive 
Anno: 2017
Nazione:
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75

I Dark Ages sono stati fondati nel 1982 da Simone Calciolari , unico membro rimasto della prima e storica formazione. La band ha all’attivo quattro studio album (incluso il disco che stiamo per recensire) e un’esperienza teatrale alle spalle basata sul concept Teumman. Alla fine del 2016, dopo l’ennesimo cambio in formazione (subentrano Roberto Roversellì alla voce e Gaetano Celotti al basso), annunciano l’uscita del loro nuovo album A Closer Look. I nostri si affidano all’etichetta Andromeda Relix di Gianni Della Cioppa e per la distribuzione alla Pick Up e alla GT Music. Il disco è stato registrato presso il Mago Studio (Avio, TN) e mixato da Maurizio Fracchetti, da sempre definito sesto membro del gruppo. Il mastering è stato curato da Tom Waltz, mentre l’artwork si presenta raffinato e curato nei dettagli (opera di Angela Busato – Kraken Promotion). Non mancano, inoltre, alcuni special guest: il recitato in “Fading Through the sky” è di Paul Crespel, esponente di Street Photography in Italia; le voci in “Against the Tides” sono di Claudio Brembati (Anticlockwise), Ilaria L’Abbate e Tiziano Taffuri, cantanti che già hanno collaborato con la band durante le rappresentazioni teatrali di “Teumman Opera Rock”; infine il sax, sempre in quest’ultimo brano, è magistralmente suonato da Enrico Bentivoglio, artista veronese di fama internazionale.

Con simili premesse non vediamo l’ora d’immergerci nei labirinti sonori di A Closer Look. L’opener e title-track, nei suoi otto minuti abbondanti, può dirsi il manifesto di quanto di buono sanno proporre i Dark Ages a oggi. S’inizia con una parte prog. strumentale pirotecnica e spicca il pianoforte di Angela Busato (che ricorda le note fatate degli Shadow Gallery). L’ingresso della voce di Roberto Roverselli non è dei più memorabili, manca d’incisività e risulta un filo anodina. Il comparto strumentale, tuttavia, continua imperterrito a macinare tempi articolati e trovate gustose (su tutti il drumwork). A metà brano non manca un assolo di tastiera, seguito dalle pennate imbizzarrite della 6-corde. In definitiva siamo di fronte a un prog. metal non troppo aggressivo, ma comunque compatto e raffinato (per intenderci, non manca un po’ di doppio pedale, ma centellinato).
Cadenze e hammond all’inizio di “Till the Last Man Stands”, brano più corto in scaletta, arzigogolato, con testi intrisi di fiele. Con una voce più graffiante (Russell Allen, Titta Tani? sognare non costa nulla…) poteva essere una hit. Avvio da ballad canonica per “Yours” con attimi di pura suggestione sognante. La song nel prosieguo si arricchisce del sound variegato dei Dark Ages e a brillare sono sempre i tasti d’avorio e i synth, oltre alle finezze della batteria. Nasce spontaneo un confronto con le dinamiche di “To live forever” dei Dream Theater. La suite “At the Edge of Darkness” è collocata a metà full-length e presenta un incipit epico e mesto. Compaiono venature heavy metal, paradossalmente vengono in mente i già citati DT di When day and dream unite. La sezione acustica, che si ritaglia un doveroso spazio a partire dal quarto minuto, regala emozioni, il crescendo che riporta il pezzo su ritmi sostenuti risulta, invece, prevedibile ma comunque rinfrancante.
Il sassofono è uno strumento magnetico, dovrebbe sempre comparire in un album, anche solo per pochi secondi. I Dark Ages conoscono l’antifona e gli ospiti in “Against the Tides” donano un tocco di spessore in più al platter, poco importa se la voglia di strafare penalizza in definitiva la riuscita dal brano. Più hard rock e divertimento in “The Anthem”, solo i due minuti conclusivi valgono l’ascolto. Da segnalare la presenza di una citazione del Deuteronomio nelle liriche e un verso quanto mai originale: «Chickens show respect for my dirty etiquette». L’album si chiude con “Fading Through the Sky”. L’avvio è teatrale, con una lunga citazione di Stephen Crane (che ricorda il lato più intellettuale degli ultimi Nightwish). Il lungo fade-out fa tutt’uno con i testi («Fading in time/we are all the same/fading in the time/our screams, fading through the sky») e lo spazio interstellare raffigurato nel booklet.

A Closer Look è un disco ricco di sorprese, quasi fuori del tempo. Siamo di fronte a un prog. metal d’altri tempi sempre suggestivo. Peccato per la produzione non ottimale e la prova limitata del cantante, per il resto promuoviamo l’album con entusiasmo.

 

Roberto Gelmi (sc. Rhadamanthys)

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