Recensione: An Epiphany Of Hate

Di Giuseppe Casafina - 6 Marzo 2016 - 17:24
An Epiphany Of Hate
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2016
Nazione:
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78

Nel segno della crudezza di stampo marziale che da sempre li contraddistingue, l’ennesimo capitolo discografico di casa Master giunge ai nostri padiglioni: la proposta rimane immutata, idem dicasi per la coerenza.

In fondo, i Master li ho sempre visti un po’ come i Motòrhead del death metal: hanno sempre difeso uno stile minimale all’eccesso, crudo e fiero all’insegna dell’attitudine underground che hanno sempre mantenuto intatta negli anni.

La coerenza di Mr. Speckmann & Friends è sempre stata inattaccabile e il servizio alla causa del death metal è quanto di più onorevole possa esistere oggidì: “An Epiphany of Hate” non si discosta da una virgola dal tipico stile Master, l’ugola di Speckmann forgia il tipico stile ‘vomitato’ che da sempre è vero asso nella manica della proposta dello storico ensemble americano, i riff puzzano di death metal da lontano un miglio e, sebbene l’originalità non sia mai stata il loro forte (e chi chiederebbe diversamente, in fondo?), questo disco ha tutte le carte in regola per piacere ai deathsters più puri ed intransigenti senza troppi giri di parole.

Il primo singolo estratto, che è anche il pezzo di apertura dell’album,  è “Subdue the Politician”: già dal titolo si comprende come sia il brano che tutto il disco (basta dare un’occhiata ai titoli dei pezzi che lo compongono) sia orientato su tematiche sociali, sebbene viste in un’ottica decisamente ‘death-oriented’ , mentre le sferzate hardcore di batteria non deludono neanche in questa occasione; si tratta del tipico pezzo alla Master, ottimo apripista che ci conduce verso vere e proprie manifestazioni di coerenza quali “Face of Fear”, “Just Take My Right Arm” oppure “Senses All Will Be Controlled”, autentiche rasoiate di violenza vecchia scuola.

Davvero credo che sia superfluo avanzare una dettagliata analisi ‘track-by-track’ del disco, in quanto i brani (ad essere onesti) si assomigliano tutti sebbene a nessuna persona sana di mente sfiorerebbe l’idea di definirli fotocopie in successione: ci sono sempre dei momenti caratteristici dai singoli pezzi, come il riff ‘Slayeriano’ su cui si basano le battute principali “Fiction Soon Becomes Reality”, oppure l’assalto thrash di “Just Be Yourself”, senza dimenticare la minimale efficacia dei riff assolutamente vecchia scuola (con tanto di sferzate hardcore e soli di chitarra chiaramente ripresi dal punk, per uno dei brani migliori finora mai forgiati dal Master sound, secondo mia umile opinione) della conclusiva “Red Alert”.

La produzione è secca, diretta e senza fronzoli con  zero riverberi, nessun effetto capace di dare atmosfera, perché l’assalto dello ‘Speckmetal’  (gioco di parole voluto dlalo stesso Speckmann) è tutto basato sulla violenza dei riff di chitarra, sulla prestazione vocale massiccia e sulla percussività essenzialmente incisiva delle parti di batteria.

Crudo ed old school ancor più del loro solito quindi, proprio grazie al fattore produzione, il disco si rivela un ‘prevedibile’ ritorno, ma una prevedibilità fatta con classe, personalità da vendere e voglia di mostrare al Mondo tutt’oggi cosa è, davvero, il death metal nella sua forma più pura: non il migliore episodio della loro discografia in tutta onestà, ma d’altro canto è anche la loro stessa onestà che mi porta a definire questo “An Epiphany Of Hate” l’ennesimo urlo strisciante dell’arcaica, ma sempre valida, macchina spaccaossa nota come Master.

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