Recensione: Battle Cry

Di IlBarbaroEpico - 27 Agosto 2002 - 0:00
Battle Cry
Band: Omen
Etichetta:
Genere:
Anno: 1984
Nazione:
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92

Da un’epoca perduta in cui l’acciaio e il sangue la facevano da padroni nell’heavy metal, ecco giungere un disco manifesto di quell’epoca: “Battle Cry“, capolavoro dei misconosciuti Omen, è semplicemente uno dei dischi di vero epic metal più belli e potenti della storia del genere. Partorito in un periodo tardo (è il 1984 e l’epic si trova nel periodo del suo declino), questo piccolo capolavoro può contare sull’apporto di numerose influenze dell’heavy classico, oltre che della lezione di band americane quali Metal Church o anche i primissimi Savatage per quanto riguarda l’uso delle sapienti e raffinatissime chitarre, e in generale per l’approccio musicale, che risulta molto più immediato e diretto, e in generale meno cupo e claustrofobico di quanto potesse esserlo per bands storiche del genere come Manilla Road o Cirith Ungol.

L’impostazione del lavoro è totalmente chitarristica: l’axeman infatti macina montagne di riffs sempre azzecati ed efficaci (come non citare quello della potente e speedy opener “Death Rider”?) ma anche ragionati ed elaborati secondo quel gusto tipicamente statunitense per le melodie raffinate ma sempre un po’ stridenti e cattivelle. La sezione ritmica è decisamente massiccia, con una particolare predilezione per le cavalcate, com’è ovvio aspettarsi da un disco travolgente ed evocativo come questo, mentre la voce è tipicamente “interpretativa”, solitamente bassa e non esattamente melodica, decisamente narrativa e d’atmosfera. I brani sono sempre strutturati in maniera piuttosto lineare, i breaks e i cambi di tempo sono piuttosto rari, il disco insomma scorre senza difficoltà nella sua immediatezza, ma non è per questo meno profondo o evocativo dei suoi predecessori. L’atmosfera epica e sempre un po’ oscura peculiare del genere è infatti ben presente in questo disco (un pezzo come “the Axeman” parla chiaro), che è però decisamente più improntato a un classico epic d’impatto, glorioso e anthemico (la title-track è straordinaria in questo senso). I nostri dimostrano grandissima abilità nel songwriting, che nella sua linearità piuttosto spartana è sempre essenziale quanto perfetto.

Sicuramente “Battle Cry” è un disco per i veri amanti dell’epic metal, delle atmosfere antiche e leggendarie, dal sapore barbarico ma mai favolistiche o fiabesche come nel moderno power metal. I cultori delle sonorità sanguinolente dello stile troveranno in “Battle Cry” una vera gemma, un lavoro a dir poco fondamentale, ma la semplcità e l’immediatezza geniale di questo disco fanno sì che possa essere apprezzato anche da chi dell’epic metal conosce poco. Un disco di vero heavy, che non può mancare nella collezione di chi del vecchio heavy metal potente e senza compromessi ha fatto una ragione di vita!

Tracklist:

1. Death Rider
Opener granitica, che subito travolge con un riff indimenticabile e la potenza di una carica di cavalleria. Uno degli highlight del disco, e uno dei pezzi più epici e micidiali

2. The Axeman
Guidato da un riff sabbathiano, il pezzo si trascina su tonalità sempre cupe e oscure, risultando complessivamente uno dei più pesanti e tetri del disco.

3. Last Rites
Quasi maideniano nel suo incedere continuo e melodico, il brano in questione è certamente uno dei più coinvolgenti e grintosi, anche se non particolarmente originale.

4. Dragon’s Breathe
Altro classico di puro epic metal, canzone piuttosto elaborata con un ritmo spezzato a sostenere il glorioso ritornello.

5. Be My Wench
Scheggia impazzita di fullspeed all’americana, di argomento dichiaratamente sessuale, può ricordare i grandi classici dell’heavy americano d’annata, ma non è certo un pezzo particolarmente ispirato.

6. Battle Cry
Sicuramente la miglior canzone del disco. Il riff iniziale è semplicemente splendido, epico, travolgente, scardina ogni difesa con una potenza senza paragoni, e anche il resto della canzone è un’incessante cavalcata dai fortissimi connotati guerreschi. Fondamentale.

7. Die by the Blade
Pezzo sensibilmente più banale e scontato, che comunque presenta linee melodiche molto efficaci e coinvolgenti.

8. Prince of Darkness
Altro brano cupo ed evocativo, è forse il pezzo più atipico dell’album col suo feeling cupo ma allo stesso tempo melodico.

9. Bring Out the Beast
Altro rimando del classico heavy americano e dall’argomento che vi lascio immaginare, è un classico brano orecchiabile e potente.

10. In the Arena
Insieme a Battle Cry e Death Rider, forse la canzone più bella del disco. L’evocativa intro arpeggiata ci introduce a un potentissimo e cadenzato riff che ci guida insieme ai glaidatori, verso una morte gloriosa nell’Arena e chiude questo piccolo capolavoro.

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