Recensione: Behold Almighty Doctrine

Di Daniele D'Adamo - 30 Marzo 2013 - 7:00
Behold Almighty Doctrine
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Anno: 2013
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75

Forti dell’esperienza di quasi tre lustri di carriera, due demo (“Demo 2001”, 2001; “Promo 2002”, 2002), un EP (“Lecherous Nocturne”, 2003) e due full-length (“Adoration Of The Blade”, 2006; “The Age Of Miracles Has Passed”, 2008), gli americani Lecherous Nocturne raggiungono – sempre con la fedele Unique Leader – il traguardo del terzo album di lunga durata, “Behold Almighty Doctrine”.

“Adoration Of The Blade” e “The Age Of Miracles Has Passed” non sono stati sicuramente due lavori che abbiano segnato profondamente il mondo del death metal, ma i cinque anni di silenzio da quest’ultimo hanno sicuramente portato consiglio all’ensemble statunitense. Poiché “Behold Almighty Doctrine”, sin dai primi secondi, lascia intravedere una formazione finalmente matura, capace di sviluppare il proprio sound in maniera personale, consistente e, soprattutto, adulta.    

La definitiva dipartita dall’età adolescenziale si manifesta, per i Nostri, con la messa a giorno di un technical death metal se non originalissimo, perlomeno tipico nell’interpretazione non esasperata del medesimo. Certo, Ethan Lane e Kreishloff sono due chitarristi dalla tecnica esagerata, capaci di alimentare un muro di suono terrificante, dimensionalmente indefinito in virtù di un riffing complicato, arzigogolato, caleidoscopico. Ma mai astruso. Al contrario, i due axe-man riescono, con la loro sterminata ragnatela di riff, a intrappolare qualsiasi cosa si metta fra loro e l’obiettivo finale; mantenendo tuttavia ben saldo nelle menti e nelle mani il concetto di canzone. Evitando accuratamente, quindi, di rendere “Behold Almighty Doctrine” un mero spazio ove fare accademia a sé e per sé.

A un primo approccio, questo occorre evidenziarlo, la pletora di accordi eiettati dai manici delle due asce potrebbe intimorire chiunque, talmente è elevata la sua densità musicale. Piano piano, ascolto dopo ascolto, però, l’orecchio inizia ad assuefarsi a tale intrico diabolico, traendone piacere – almeno negli aficionado del genere – per un rovente viaggio nei vertiginosi meandri della mente umana. La tremenda spinta della sezione ritmica alimentata dalle scudisciate del basso di James O’Neal e dai fulminanti blast-beats di Alex Lancia, trasporta quindi il sound del quintetto nei reami della trance da iper-velocità. Un limbo in cui lo stordimento provocato dall’immensa carica dell’impatto sonoro provoca visioni apocalittiche, fosche, foriere di un futuro senza speranza per il genere umano. Una visionarietà, insomma, che non tutti gli act di technical death metal possiedono; al contrario intrappolati nelle sabbie mobili di un sound spesso freddo e immutevole.

Chris Lollis, seppur non sia un maestro da annali del metal estremo, si dimostra la scelta giusta per lo stile dei Lecherous Nocturne; lasciando perdere certi inutili eccessi del growling e/o dell’inhale per concentrarsi su un’interpretazione possente e stentorea, quasi più da thrash che da death. Con ciò, timbrando a fuoco un marchio di fabbrica che fa di una mostruosa ma controllata esplosione di energia la propria peculiarità da tramandare ai posteri.  
    
Anche l’idea di frammentare la durata del disco in segmenti divisi da brevi intermezzi horror/ambient non è nuova ma, in un contesto segnato dall’esasperazione musicale come questo, si rivela indispensabile per non far crollare l’ascoltatore a seguito dei micidiali colpi inferti da Lollis e soci. “Intro”, “Prelude No. 2” e “Outro”, allora, sono come una sorta di airbag necessari per resistere alle lancinanti mazzate sulla schiena che rispondono al nome di “Ouroboros Chains”, “Archeopteryx”, “Judgments And Curses”, “Caustic Vertigo”. Ove, peraltro, il combo di Greenville ama aumentare la pressione sino all’inverosimile con dei micidiali rallentamenti che, come se non bastasse, rendono ancora più traumatiche le ripartenze alla velocità della luce.  

Niente di nuovo sotto il sole, quindi, ma un lavoro assolutamente godibile per coloro che sono attratti dalle emozioni forti a tinte scure. “Behold Almighty Doctrine” è una buona rivisitazione di come dovrebbe essere impersonato, a parere di chi scrive, il technical death metal. I Lecherous Nocturne, pur essendo dotati di una tecnica sopraffina, non ne abusano per scivolare nel compiacimento delle proprie abilità ma per dare alla luce un’opera in cui sia tangibile, sempre e comunque, l’asserto che – in primis – il metal deve essere intelligibile e fruibile da tutti, o quasi.   
 
Daniele “dani66” D’Adamo

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