Recensione: Black Cascade

Di Riccardo Angelini - 16 Aprile 2009 - 0:00
Black Cascade
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Anno: 2009
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75

Dopo l’EP ‘Malevolent Grain‘ qualcuno avrebbe potuto ipotizzare un’imminente muta da parte dei Wolves In The Throne Room. L’atmosferica ‘A Looming Resonance’ e la cruda ‘Hate Crystal’ non stravolgevano certo il sound degli statunitensi, ma aprivano due potenziali linee evolutive, ben distinte l’una dall’altra. In realtà le cose sono andate diversamente. I Lupi di Olympia non sono cambiati. I due brani in questione hanno segnato piuttosto gli estremi entro i quali si muove ‘Black Cascade’, attestato di fedeltà al sound che ha portato la band all’attenzione del pubblico black.

Nulla di nuovo dunque, o quasi. In realtà i quattro brani in scaletta propongono variazioni sul tema forse non evidentissime ma ben calibrate, che distaccano parzialmente il sound di ‘Black Cascade’ da quello di ‘Two Hunters’. Le prime differenze emergono nella produzione, essenziale ma non sommaria, un po’ meno zanzarosa che in passato, più nitida, sempre attenta a enfatizzare la profondità delle chitarre. Le dinamiche del songwriting restano ligie agli stilemi della band, con un camaleontico susseguirsi di sfuriate in stile raw-black, rallentamenti cadenzati e aperture atmosferiche. Non mancano tuttavia piccoli assestamenti. Da un lato, fin dalle prime battute di ‘Wanderer Above The Sea Of Fog’ il sound slitta sempre più verso un black metal notturno e decadente, che riporta a tratti alla mente l’epica asciutta dei primi Drudkh. Dall’altro lato, le chitarre accolgono a tratti elementi proclivi al post-rock (Isis, Pelican, Red Sparowes…), accostandosi in questo a strade già battute dai connazionali Agalloch: così ampie sezioni di ‘Ahrimanic Trance’. Rispetto alla band di Portland, i Wolves mostrano di prediligere arrangiamenti più scarni e spigolosi. Il minimalismo dei singoli riff resta comunque inserito all’interno di strutture elaborate, mai lineari. Valgano a titolo di esempio gli ultimi minuti di ‘Ex-Cathedra’, dove a partire da un giro di pochi, semplici accordi si snoda un puntuale cambio di ritmi e atmosfere grazie al quale marzialità, furore selvaggio e melanconia si passano il testimone sino al conclusivo fading-out. Ne esce parzialmente ridimensionata l’incidenza delle componenti acustiche, psichedeliche e ambient, che tornano a farsi sentire solo nella seconda metà del disco – probabilmente la migliore, sebbene di non facile assimilazione.

Conferma e assestamento dunque per il combo di Olympia, che rifinisce un sound apparentemente impermeabile a profondi stravolgimenti, ostile ai modernismi, devoto a un ideale di natura incontaminata. Per i critici più severi, il limite di ‘Black Cascade’ può essere quello non sorprendere più come accadeva appena due o tre anni fa con i vari ‘Diadem Of 12 Stars’ e ‘Two Hunters’. D’altro canto, si può ormai affermare che i Wolves In The Throne Room siano riusciti a scavare una nicchia su misura per il proprio black metal di vocazione ambientalista, compensando con opere di indiscutibile qualità la fiducia di un pubblico forse non numerosissimo ma fedele. E di questi tempi – e in tempi così stretti – non è cosa da tutti.

Riccardo Angelini

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Tracklist:
1. Wanderer Above the Sea of Fog (10:33)
2. Ahrimanic Trance (14:05)
3. Ex Cathedra (10:58)
4. Crystal Ammunition (14:20)

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