Recensione: Born Of Fire

Di Alberto Biffi - 3 Giugno 2010 - 0:00
Born Of Fire
Band: Firecracker
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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60

Annichilenti e lobotomizzanti.

Disorientanti al punto tale che il desiderio di gettare via il cd al primo ascolto, è davvero molto. Disorientanti al punto tale che in questa recensione leggerete prima il giudizio musicale e poi, forse, una breve bio del gruppo. O forse no. Totalmente disorientanti.

I Firecracker, questo il nome dei “colpevoli”, pagano il dazio di avere come leader maximo, un “guitar hero”.
Stefan Lindholm, il guitar player incriminato, è affetto da una gravissima malattia chiamata “sindrome compulsiva malmsteeniana”.
Questo “serial killer” di altrui neuroni, nota dopo nota riuscirà, nel corso dell’ascolto, a coprire ed oscurare quanto di buono (e non è poco) la band tutta ci propone.
Una cascata indiscriminata di note suonate ad una velocità a dir poco sovrumana, ci investirà con un freddo e spietato cinismo strumentale, alieno da feeling, passione e dal significato stesso della musica.

Se musica è comunicazione e conseguentemente suonare è comunicare, Lindholm ci annoierà con lunghi ed estenuanti monologhi.

“Blind Date”, il brano che ci battezza come ascoltatori di questo “Born of Fire”, ci trova impreparati. Una linea vocale improponibile e impegnativa da seguire e da comprendere, cascate di note e un arrangiamento complesso che, posto in apertura di un disco, ci preoccupa non poco.
Il singer Tommy Kerevik, si rivela e conferma (dopo averlo sentito con i Seventh Wonder ) un ottimo cantante, ponendosi timbricamente a metà strada tra LaBrie e il Falaschi meno aggressivo.
“Second Self”, il secondo pezzo, ci risolleva l’umore, tornando ad incuriosirci e infondendoci fiducia nel combo svedese.
Il brano è decisamente bello, ottimo arrangiamento di chitarra e un drumming potente e vario ci guidano minuto dopo minuto verso il temuto solo di Lindholm e del suo “partner in crime” alle tastiere: Pontus Larsson.
“Gamekeepers Song” ci rilassa, una linea vocale bella e coinvolgente con bridge strumentali in cui, probabilmente sotto effetto di bromuro, il nostro guitar hero sembra mettersi a disposizione del brano e non viceversa.
Ovviamente (è più forte di lui ) sul finale della traccia tornano scale neoclassiche e licks estrapolati direttamente dalle vecchie VHS didattiche di Yngwie.

Con preoccupante tempismo, proprio quando stavamo per ricrederci su di loro, i Firecracker piazzano nella tracklist un brano strumentale. Non ci voleva.
Oltre cinque minuti di assoli senza melodia, in cui la coppia Lindholm-Larsson amoreggia in preda ad orgasmi virtuosistici. Un continuo e noioso inseguirsi a suon di scale suonate a velocità warp. Alla fine del brano, non ci resta nulla.
“Back Broken” apre le ostilità con…un assolo! Letteralmente devastati da una quantità di note che probabilmente supera in numero quelle suonate dai Candlemass in un intera carriera (live compresi!), prendiamo una boccata d’aria con l’arrivo del ritornello, ben costruito e necessario quanto il riemergere dopo una lunga apnea.
“The Refrain” è un bel brano, solare ed inaspettato. Decisamente progressive e ben arrangiato sia nei cori sia nella partitura prettamente strumentale, la traccia non annoia nonostante i suoi sette minuti.

“A Place Called Behind” ci dimostra ancora una volta (ed inutilmente) la perizia tecnica di un gruppo davvero preparato. Kerevik canta bene per tutto il brano e quando ci sembra, finalmente, di aver compreso la complessa linea vocale al punto di apprezzarla, arriva impietoso il solo di chitarra.
Come se ne sentissimo il bisogno, a concludere questo “Born Of Fire”, troviamo un altro brano strumentale.

Nota tecnica per i chitarristi: non troverete bending, vibrati, pentatoniche e fraseggi melodici e memorizzabili. Ogni solo del disco è potenzialmente intercambiabile da un brano all’altro.
Ciò che rattrista e lascia perplessi, è il percepire le potenzialità davvero enormi di una band che purtroppo, pubblica un album non brutto, ma semplicemente inutile.

Superfluo citare la bio. Se a questo punto vi dicessi che nascono dall’incontro tra Lindholm e Larsson vi stupireste?

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Tracklist:

1-Blind Date
2-Second Self
3-Gamekeepers song
4-Instru (metal)
5-Back Broken
6-The Refrain
7-A place called behind
8-Speed Devil
 
Line-up

Stefan Lindholm – Chitarre / Arrangiamenti
Pontus Larsson – Tastiere
Tommy Kerevik – Voce
Hasse Wazzel – Batteria
Fredrik Folkare – Basso
 

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