Recensione: Bushido

Di Roberto Gelmi - 24 Luglio 2014 - 13:39
Bushido
Band: Hammerfall
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2014
Nazione:
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70

Bushido (武士道): “Via del guerriero”, codice non scritto per la condotta etica del samurai, e idealizzato nell’omonimo testo di Inaz? Nitobe pubblicato nel 1900.

Dopo un breve iato tra 2012 e 2013, dopo il live-dvd Gates of Dalhalla che ha rappresentato, per certi versi, una vera e propria consacrazione del combo svedese, gli Hammerfall, immancabili alfieri del roaster Nuclear Blast, tornano sulle scene con un singolo, in attesa di (r)Evolution, nono album in studio schedulato per la fine di agosto.

Già dall’artwork è palese la volontà di ritorno al passato, dopo l’umbratile tentativo di rinnovamento/sfrondamento del sound di Infected. Il solito Samwise Didier realizza una copertina come sempre pacchiana, ma accattivante, con il templare simbolo degli scandinavi, questa volta nelle vesti di un agguerrito samurai. Niente di allarmante, gli svedesi non hanno cambiato identità, basti il profetico martello impugnato al posto di una ben più efficace katana.

Non ci si aspetta nulla di eclatante, dunque ci approcciamo alla title-track “Bushido” che attacca heavy con un ostinato di chitarra sapientemente modulato. Cans canta con la sua voce squillante accompagnato da accordi epici, poi subentra un rullante di batteria e una doppia cassa moderata. Il sound degli svedesi verte sulla riuscita ibridazione di heavy e power metal, e sfodera nuovamente la carta delle seconde voci di stampo Stormwitch e Warlord. A metà del terzo minuto gli assoli di chitarra sono goduriosi, il main-theme ossessivo graffia, di meno una breve parte corale (min. 3:14-3:27). Prima del finale, non manca un breve e mesto break che dà senso a una ripresa conclusiva non proprio trascinante, ma da headbanging assicurato.

Ottimo il tapping in coda di brano, che viene ripreso nell’incipit di “The Way of the Warrior”: gli Hammerfall suonano power, ma la tecnica non manca! Sembra di essere tornati ai tempi di Glory To The Brave, con i cori di templari, devoti al culto del gambrinismo più sincero. Il ritornello è cadenzato e orecchiabile, ancora un centro in ottica live. A metà del pezzo un veloce assolo, con scale a mille, qualche cadenza supponente; in seguito Cans interpreta strofe dai testi inneggianti le solite crociate “adolescenziali” («The metal crusade will conquer all»). Tra tappeto di doppia cassa, e l’ennesima riproposizione del refrain, il brano termina senza infamia e senza lode.

In definitiva un singolo onesto, con una produzione adeguata e la voglia evidente da parte degli Hammerfall di giocare sul sicuro, rivangando il glorioso passato anni Novanta. Non so quanto questa scelta possa giovare al gruppo scandinavo, che, però, pare intenzionato a puntare tutto su una coerenza indefettibile. Questo aspetto sembra accostare la band di Dronjak ai connazionali Sabaton, con la differenza che questi ultimi hanno, però, un lustro di carriera in meno sulle spalle…
 

Roberto Gelmi (sc. Rhadamanthys)

 

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