Recensione: By The Rays Of His Golden Light

Di Gianluca Fontanesi - 25 Luglio 2016 - 0:01
By The Rays Of His Golden Light
Band: Draugur
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2016
Nazione:
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75

Esiste un preciso spartiacque nella musica moderna di oggi; una linea di demarcazione in grado di orientare pesantemente il pubblico e dividerlo in maniera pressoché irreversibile. Questa linea si chiama tecnica e, se da una parte ha alzato in maniera esponenziale la bravura generica dei musicisti metal, dall’altra ha frantumato gli attributi a ben più di un affezionato, con l’ovvio risultato della riscoperta di sonorità retrò sotto tutti gli aspetti. Oltre al vinile, stiamo persino assistendo al ritorno della musicassetta; chi l’avrebbe mai detto? Gli olandesi Draugur, che debuttano sotto l’egida di quella grande fucina di talenti di nome Naturmacht Productions, soddisferanno tutti gli amanti della cara, vecchia e sincera ferocia come si faceva una volta.

 

By The Rays Of His Golden Light offre sette pezzi di un black metal essenziale, spogliato di ogni orpello e dall’incedere ferocissimo e sulfureo. Basso, batteria, chitarra e voce, altro non serve e non vi sono nemmeno miliardi di sovraincisioni. La prima cosa che balza all’orecchio è appunto la produzione: sporca, grezza, cattiva e totalmente lontana dagli standard odierni e dalle norme del buon galateo in grado di farti sentire anche il sudore del musicista che sta registrando per poi chiamarlo prog. Questo è un disco concepito, scritto e nato per fare male, con una sezione ritmica sempre sugli scudi, chitarra serrata e tagliente e con una giusta infarinatura di melodia che mai male non fa. Ogni elemento è ben dosato e al servizio del pezzo, il tutto agisce senza strafare e senza annoiare l’ascoltatore; l’album dura il giusto, quaranta minuti scarsi e intensi, senza respiro o inutili riempitivi. I Draugur non si sono risparmiati e si sente; una menzione particolare va fatta all’ottima prestazione di Dagon al microfono che sembra posseduto da una presenza demoniaca e, tra un cambio di voce e l’altro, risulta il vero e proprio valore aggiunto della band.

 

L’assalto frontale di Constructing The Void ed Entities Of The Third Dimension, le melodie di I, Death, Descend, l’intensa ed epica Behold The Third Eye Vision; ce n’è davvero per ogni patito di musica estrema con la E maiuscola e ce n’è anche per chi è in cerca di un ottimo disco di sano e vecchio black metal. L’unica cosa sulla quale bisognerà lavorare un pochino è la personalità, che ancora risulta grezza e da svezzare, ma in questa sede ci interessa relativamente: spesso la bellezza di un disco sta anche nell’ingenuità e nell’essere spontaneo, cosa che caratterizza i primi lavori di tutte le band black diventate poi grandissime. Non c’è altro qui da sviscerare; date un ascolto ai Draugur perché lo meritano, e meritano anche un eventuale acquisto; l’underground non finisce mai di regalare ottime scoperte e oggi abbiamo più bisogno di sincerità che di grandi involucri. Buona la prima ragazzi, davvero buona.

 

Human life is worthless,

Rulers command,

But never see the horror-battle

A soldier’s lonely Death…

Bloodbath never ending

Bloodbath never ending

This pestilent mankind

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