Recensione: Closing The Circle

Di Simone Volponi - 24 Novembre 2016 - 0:00
Closing the Circle
Band: Assignment
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2016
Nazione:
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70

Gli Assignment sono una piccola perla nascosta nella movimentata scena metal tedesca, anche a causa di una evoluzione lenta e di una discografia contraddistinta da troppi tempi morti tra un disco e l’altro.
Fondati dal chitarrista Goran Panić nel lontano 1994 come act melodic death, debuttano praticamente dieci anni dopo con “Progressive Change” prendendo la direzione di un progressive power di ottimo livello, i cui due successori arrivano sul mercato con un intervallo di quattro anni l’uno dall’altro. Questo ritmo lento non ha di certo agevolato la possibile affermazione degli Assignment, in un mercato sempre più veloce dove chi non tiene il passo resta confinato nelle retrovie. Detta la loro sul fronte metal opera con il terzo e ottimo album Inside The Machine, concept distopico nel quale prendevano parte vocalist d’eccezione quali Mats Levén (Candlemass, Krux, exTherion), Michael Bormann (Silent Force, ex-Jaded Heart, ex-Bonfire) e Robin Beck, i tedeschi non se la sono sentita di proseguire su tale format, magari cercando di inserirsi nella scia di Ayreon viste le tematiche spaziali e pur avendone le possibilità compositive, ma ritornano a essere una formazione “classica” a una sola voce. Scelgono così di puntare sul vocalist argentino Diego Valdez (Helker) per dare alle stampe il nuovo “Closing The Circle”.
Si tratta forse dell’album più sofisticato della loro carriera, che segue il mantra di creare un metal senza confini, un mix di generi senza tuttavia perdere il focus sulla forma canzone.
Rispetto ai precedenti album, “Closing The Circle” appare più riff-oriented con melodie epiche e grandi cori. Diego Valdez si presenta al microfono con una voce davvero potente, un crocevia tra Ronnie James Dio (di cui spesso sembra un perfetto emulo) e Ripper Owens, dando così un tocco classic metal al tutto.

L’introduzione di “Evolution” è un insieme di trasmissioni via radio e cori gregoriani, per poi deflagrare in un prog power sinfonico aggressivo, dove Valdez sembra davvero (e paurosamente) R.J.Dio! La struttura è quella promessa: complessità e melodia. Troviamo anche, nel finale, un passaggio growl ad accentuare la cattiveria di fondo che pervade il pezzo. Si fa il bis con la titletrack, a suon di riff granitici alternati ad armonizzazioni melodiche delle chitarre, e che nel chorus ricorda gli Iced Earth del periodo Ripper Owens.
Gli Assignment non scelgono strade facili e mostrano una perizia tecnica di livello, con le tracce imbevute sapientemente nella sinfonia delle tastiere, e uno dei punti di riferimento maggiori sembrano essere i Symphony X, come dimostrano “Presence Of Death” e “Genetic Slavery”.
Diego Valdez, che credo bisognerà tenere d’occhio in futuro, man mano che la tracklist procede si avvicina di più allo stile di Owens, scrollandoci di dosso la strana sensazione di ascoltare solo un imitatore di Dio – sempre Ronnie, fantasma comunque aleggiante nell’arco della sua intera performance, che torna prepotente ad esempio in “Taste For Sin”.
Closing The Circle” non presenta cali di qualità né incertezze, e alza il tiro con “Variaxis” aperta dall’ospite Maria José Pot, voce femminile intensa che si lega a quella graffiante di Valdez in un tango metal tutto argentino, toccando il vertice del disco con il refrain drammatico e bei stacchi di pianoforte.
Le due tracce poste in chiusura sono anche le più lunghe. 9 e 38 per “Entering The Universe”, che si apre con una parentesi strumentale all’insegna della sinfonia, per poi cambiare ritmo abbinando il growl alla solita grinta di Valdez, saliscendi d’intensità, stacchi soft, e dove ritroviamo (come nella suite finale) la brava Maria Josè Pot a variare ulteriormente la composizione, che ricorda la struttura metal opera del predecessore.
La conclusiva “Between Parallel Worlds” si distende oltre i dieci minuti, aperta da una corposa sezione strumentale barocca, proseguita da una cavalcata gestita tra strofe robuste, stacchi acustici e accelerazioni ficcanti, la voce femminile ben inserita e l’ennesima prova maiuscola a livello tecnico.

Closing The Circle” si mostra a noi come un lavoro volutamente complesso, ma ben strutturato e composto, dalla produzione quadrata che fa risplendere ogni passaggio. Diego Valdez è un singer di razza, derivativo quanto si vuole, ma è un piacere ascoltarlo nelle sue tonalità epiche, e il resto della band è all’altezza della situazione. È probabile che passino altri quattro anni prima di rivedere un nuovo album degli Assignment, quindi ci sarà tutto il tempo di assimilare Closing The Circle, e i palati fini nonché amanti del power-prog gradiranno di certo.

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