Recensione: Coney Hatch (reissue)

Di Mauro Gelsomini - 29 Novembre 2005 - 0:00
Coney Hatch (reissue)
Band: Coney Hatch
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
79

Ancora un classico, rimasterizzato dalla Rock Candy Records di Dante Bonutto e Derek Oliver. Si tratta del primo ed omonimo album dei canadesi Coney Hatch, prodotto nel 1982 da Kim Mitchell per quella Anthem Records che verrà acquistata dai Rush di lì a poco.

I Coney Hatch proposero fin dagli inizi della carriera un classicissimo hard rock melodico misto a NWOBHM, molto acclamato in patria, ma che non riuscì mai ad affermarsi anche oltreoceano. I fondatori della band, il bassista/cantante di origini irlandesi Andy Curran (che scelse il monicker dopo una folgorante visita al quasi omonimo manicomio londinese di Colney Hatch) e il batterista Dave Ketchum, rinunciarono al progetto nel 1986, dopo che il terzo e bellissimo album, “Friction” – orientato su sonorità più AOR, e, per questo, il migliore per chi scrive – fece segnare ancora un flop. Soltanto nel 1992 la line up, completata dall’ex Firefly Carl Dixon alla chitarra/voce e Steve Shelski alla chitarra solista, si riunì per un breve tour commemorativo, in occasione del quale fu pubblicato un “greatest hits” intitolato “Best Of Three”, un’ennesima meteora.

Probabilmente i motivi per cui i Coney Hatch rimasero solo una cult band sono da ricercare nella situazione del music business dell’epoca, padroneggiata superbamente da nomi del calibro di Boston, Journey e Foreigner, talmente ingombranti da non lasciare neanche le briciole alle band “minori”. Aggiungiamo anche che la proposta dei nostri non si distaccava troppo dal trend imperversante nelle radio, e il paragone tra Carl Dixon e lo stesso Lou Gramm era quasi obbligato; non solo: essendo la voce di Dixon (che si alterna a Curran dietro il microfono) più ruvida e heavy rispetto a quella del suo collega dei Foreigner, i Coney Hatch perdevano ulteriore strada nel mainstream che premiava al tempo le voci suadenti e cristalline. Infatti le vere hit della band, come “Devil’s Deck”, “You Ain’t Got Me” o “Victim Of Rock” non furono mai incluse, eccezion fatta per il Canada, nei palinsesti dei programmi di maggior grido, proprio per il loro carattere più energico. Risultava comunque un’impresa ardua distinguere i Coney Hatch dalle altre proposte, mancanti com’erano di quella personalità a livello di sound che da sempre sancisce successi ed insuccessi nel music business.
Per tutti questi motivi, i Coney Hatch sono ricordati, piuttosto che per i brani sopra citati, per i loro pezzi più smielati e commerciali, come la ruffiana “Where I Draw The Line” e il singolo “Hey Operator”, picco commerciale della band canadese, che le valse il rispettabilissimo disco d’oro in patria.

Una gemma per collezionisti, ma anche una grande opportunità per scoprire questa cult-band, grazie al package curatissimo con un booklet di sedici pagine a colori, contenente foto e tante curiosità, oltre alle tre interessanti registrazioni demo incluse come bonus track. E anche per tutti coloro che aspettavano il mantenimento della promessa di un comeback album, che, ahime, non credo arriverà mai…

Tracklist:

  1. Devil’s Deck
  2. You Ain’t Got Me
  3. Stand Up
  4. No Sleep Tonight
  5. Love Poison
  6. We Got The Night
  7. Hey Operator
  8. I’ll Do The Talkin
  9. Victim Of Rock
  10. Monkey Bars
  11. Dreamland (Bonus Track)
  12. Where I Draw The Line (Bonus Track)
  13. Sin After Sin (demo) (Bonus Track)

Ultimi album di Coney Hatch

Band: Coney Hatch
Genere: Hard Rock 
Anno: 2013
81