Recensione: Darkness In The Light

Di Daniele D'Adamo - 1 Luglio 2011 - 0:00
Darkness In The Light
Band: Unearth
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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60

Presenti all’appello dei primi gruppi che, alla fine degli anni ’90, al metal e all’hardcore aggiunsero la melodia, gli statunitensi Unearth proseguono imperterriti nel loro cammino segnato da furia scatenata e improvvise aperture melodiche.

Una carriera lunga (iniziata nel 1998) e feconda per il Nostri che, partendo da uno anonimo split con gli Undying datato 1999, contano nel loro palmarès numerose produzioni discografiche fra cui spiccano sei full-length di cui “Darkness In The Light” è l’ultimo in ordine di tempo, in uscita proprio in questi giorni sotto l’ala protettiva della Metal Blade Records.

Di tempo per affinare il loro stile gli Unearth ne hanno avuto e, infatti, cioè si sente in ogni passaggio di “Darkness In The Light”. La fortuna di essere stati fra i primi a farsi strada nel metalcore, e la cospicua dose d’esperienza acquisita sia in studio di registrazione, sia in sede live, ne hanno fatto un gruppo nel pieno della maturità artistica. Maturità artistica che si mostra nella completa stabilità dello stile e del sound, completamente scevro, cioè, d’indecisioni o battute a vuoto. Ciascuna nota del platter è marchiata a fuoco – ma, come si verà poi, questo non basterà alla bisogna – con un solo nome: Unearth.  
Oltre a ciò, non può non evidenziarsi l’alto livello tecnico raggiunto dai musicisti. Se le harsh vocals di Trevor Phipps non prestano il fianco ad alcuna critica, altrettanto può scriversi per gli altri membri del combo di Boston. Fedeli alla linea, Buz McGrath e Ken Susi innalzano con grande abbondanza di riff il famigerato e, in questo caso, immane ‘wall of sound’; mentre la coppia addetta alla sezione ritmica, John “Slo” Maggard e Justin Foley, spinge il tutto con gran veemenza e alto numero di variazioni ritmiche.

Sfortunatamente per i loro, però, nel corso degli anni si sono moltiplicati a dismisura gli act dediti al metalcore, e siccome tale sottogenere non presenta molti margini di sviluppo e/o ampliamento rispetto agli stilemi di basse, assai ferrei, la proposta degli Unearth non suona più fresca come una decina d’anni fa. Certo, il suono che mette su il gruppo americano è potente come un’eruzione vulcanica, massiccio come le Montagne Rocciose; tuttavia a essere in siffatto modo sono ormai in parecchie, le intonazioni in giro per il globo. Con che, viene inevitabilmente meno una delle peculiarità principali che deve possedere chi vuole davvero lasciare un segno sulla Terra: l’originalità.

Fatto, questo, ben più grave per chi, come gli Unearth, sono stati fra i primi a proporre certe sonorità; giacché è proprio dagli ensemble che hanno posto per primi le basi di certi modi di suonare che ci si aspetta – nel corso della carriera – un’evoluzione o una progressione che li allontani, seppur di poco, anche, dalle rigide coordinate di partenza. Invece, pur mantenendo visibile il proprio personale carattere, l’insieme del Massachusetts, alla fine dei conti, si sorregge su un sound simile a quello espresso da centinaia di altri complessi.

Scritto della ‘non-evoluzione’ del quintetto americano, la sensazione che “Darkness In The Light” sia un’opera scritta e suonata solo per onorare un impegno contrattuale, seppure importante, aumenta concentrando l’ascolto sulle canzoni. “Watch It Burn” è una rutilante randellata sui denti dalla potenza esorbitante grazie all’aggressione vocale di Phipps e al drumming (doppia cassa, blast-beats e stop’n’go a profusione) di Foley, aggraziata dal sempiterno ritornello dalla facile presa. Un tono piacevolmente struggente alimenta l’incipit di “Ruination Of The Lost” che, poi, si getta nella calca con l’incontenibile furia di furibondi blast-beats. Copia/incolla dell’opener per quanto concerne il refrain. “Shadows In The Light” pone un dubbio, anche, sulla riuscita riconoscibilità fra un brano e l’altro poiché non c’è soluzione di continuità, come songwriting, dal pezzo precedente se non per un chorus leggermente più catchy.
“Eyes Of Black” non cambia registro di granché se non per una maggiore decisione nel forzare le battute della batteria. “Last Wish” incattivisce un po’ l’umore del CD, senza tuttavia esagerare in estremismi sonori dalla difficile comprensione. “Arise The War Cry” riprende l’ahimè scontato trend brutalità/melodia tipica del metalcore, per una composizione anonima che, facilmente, difficilmente qualcuno si ricorderà già sin da domani.
“Equinox” è un piacevole momento di diversità connotato da inserti ambient e campionature, nel quale si accenna a un vago senso di melanconia che fa da ponte a “Coming Of The Dark”, nella quale si sente forte l’odore di heavy a significare la presenza di un background culturale di tutto rispetto, alle spalle dei nordamericani. “The Fallen” è chiaramente l’hit del disco, evidentemente pensata – seppur nel suo poderoso incedere – per il mainstream. “Overcome” (buono il coro in occasione del chorus) e “Disillusion” terminano “Darkness In The Light” iterando i cliché già abbondantemente utilizzati durante la stesura della realizzazione; insinuando nelle pieghe del cervello di chi ascolta il nemico mortale di ogni opera d’arte musicale: la noia.

“Darkness In The Light” è un lavoro sufficiente sotto tutti i punti di vista. Gli Unearth sono, però gli Unearth e da loro era legittimo aspettarsi ben di più di uno scontato compitino, seppur ben fatto. Solo per i fan-boy e per gli appassionati del genere.

Daniele “dani66” D’Adamo

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Track-list:
1. Watch It Burn 4:06
2. Ruination Of The Lost 3:35
3. Shadows In The Light 3:45
4. Eyes Of Black 3:53
5. Last Wish 3:06
6. Arise The War Cry 3:55
7. Equinox 2:58
8. Coming Of The Dark 3:07
9. The Fallen 3:35
10. Overcome 3:11
11. Disillusion 3:37

All tracks 38 min. ca.

Line-up:
Trevor Phipps – Vocals
Buz McGrath – Guitar
Ken Susi – Guitar
John “Slo” Maggard – Bass
Justin Foley – Studio Drummer
 

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