Recensione: Das Kapital

Di Matteo Bovio - 23 Aprile 2004 - 0:00
Das Kapital
Band: Node
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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62

Niente da fare, proprio non mi convincono. Giunti al terzo album mi trovo ancora una volta senza troppe parole davanti al lavoro dei nostrani Node. Musicisti ben preparati, capaci di tirar fuori un suono accattivante al primo impatto ma non di metter su una struttura che regga l’ardua sfida della longevità… Dopo qualche ascolto interessato mi sono dovuto arrendere ed ammettere che anche per questa volta non ci siamo: il proseguire degli ascolti non fa che mettere in luce la banalità di tanti passaggi che all’inizio potevano sembrare curiosi, e bastano poche settimane per ritrovarsi tra le mani un album come tanti altri, anonimo.

La scelta stilistica non li avvantaggia certo: difficile poter scrivere a caratteri ben visibili il proprio nome nella lunga lista dei gruppi che si cimentano oggi in questo ibrido di Thrash e Death. Non bastano i cori in pulito, non bastano i fraseggi chitarristici accattivanti, non bastano nemmeno una produzione e una tecnica perfette. Ci vogliono canzoni che scrivano qualcosa nella mente e nel cuore dell’ascoltatore, ed è ciò che qui è venuto meno. Non che i nostri non sappiano scrivere buoni pezzi, ben elaborati, anche intelligenti nelle strutture: ma sono note che se ne vanno così come sono arrivate, senza lasciare particolari sensazioni. Dando a volte l’impressione di esser troppo… calcolate.

L’iniziale “War Goes On” si snoda su uno schema lungo e articolato, ben scritto, con continui riallacciamenti allo stesso tema principale e un ritornello caratteristico. A furia di ascolti entra in testa, su questo non ci piove, ma in modo molto distaccato e asettico.
Discorso diverso per “Outpost” e “The East-Ghost“, che partono in maniera banale (e pure fin troppo simile) e giocano su quelli che potrei definire degli stereotipi del genere. La prima poggiando continuamente su melodie già sentite, quasi in una versione molto easy e scadente degli In Flames; la seconda su una ritmica di chitarre granitiche ma ripetitive.

Più in là troviamo una “One Way Media” che tira in ballo una sorta di incrocio tra l’approccio incazzato dei Carnal Forge e lavori chitarristici vagamente alla The Haunted: un buon episodio all’interno della tracklist, che ancora una volta si apre su un ritornello ultra-melodico che vuole essere il punto di presa dell’ascoltatore, ma questa volta in maniera decisamente più azzeccata.
E come penultimo atto di questo Das Kapital ci tirano fuori una cover: “Empire” dei Queenstyche. Niente di che: una traccia carina che in fondo non esce troppo dal coro.

So che sto suscitando l’ira di molti fan, come sempre succede quando si va a toccare un gruppo della nostra bella penisola. Tuttavia non trovo veramente altre parole per questo lavoro dei Node, che, vorrei ripetere, in un primo momento mi aveva lasciato abbastanza soddisfatto. Non rimpiango di aver aspettato il giusto tempo prima di mettermi a scrivere perchè, come ho già fatto notare in apertura, è proprio la prova del tempo quella che il lavoro fatica a superare. Non è un brutto album, ma è assolutamente anonimo e privo di consistenza: una serie di luoghi comuni del metal, che stentano a trovare il loro spazio in questa affollatissima scena. Destinato ai fan del gruppo.
Matteo Bovio

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