Recensione: Demiurge of Shadow

Di Stefano Usardi - 24 Novembre 2017 - 9:36
Demiurge of Shadow
Band: ShadowThrone
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2017
Nazione:
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70

Esordio discografico per gli ShadowThrone, nati dopo l’uscita del chitarrista Steph dai Theatre des Vampires per dedicarsi a qualcosa di “più vicino al suo stile e alle sue radici”. E cosa significa tutto ciò? Semplice: un ibrido tra black, thrash e colonne sonore accostabile da un lato ai primi Emperor e Bathory (ma un po’ meno malvagi) e dall’altro ai Dimmu Brogir di fine millennio (ma un po’ meno sinfonici). Chitarre fredde e taglienti la fanno da padrone, tessendo melodie maligne, arroganti e a tratti epiche, egregiamente supportate da tastiere atmosferiche e non invadenti e un batterismo agguerrito ma tutt’altro che cacofonico. A coronare il tutto la voce arcigna e lacerante di Serj, che dispensa vigorose frustate per tutto l’ascolto di questo “Demiurge of Shadow”. Dieci brani per trentotto minuti, in cui i nostri snocciolano tutto il loro campionario senza per questo risultare dispersivi: ecco quindi che ai classici blast beat del black si affiancano martellate solide e rotonde di chitarra, a loro volta inframezzate a fugaci pause narrative dall’atmosfera placida e quasi romantica; canti gregoriani che aprono a sfuriate nerissime per poi cedere terreno a passaggi solenni e luciferini, prima di sprofondare di nuovo in un abisso di riff rabbiosi e circolari; una melodia di fondo non manca quasi mai, e sebbene spesso sia marcata stretta dalla furia esecutiva del gruppo non ci si abbandona mai alla cacofonia pura e semplice, ma si cerca sempre di trattare la materia musicale col rispetto che merita (vedasi ad esempio “Theories behind Chaos” e i suoi saltelli tra riff coatti e melodie solenni o l’ottima “Total Darkness”). Il risultato è un album che, pur non aggiungendo nulla alla scena attuale e penalizzato da una produzione in più punti non all’altezza, si lascia apprezzare per il suo equilibrio tra le varie anime che lo compongono, epica, nera e guerriera, e per una certa omogeneità che permette a questo “Demiurge of Shadow” di fluire organicamente, passando da una traccia all’altra senza scossoni e creando un unicum feroce ma sfaccettato, ammaliante il giusto e capace di sopperire a una certa carenza di personalità con la giusta dose di mazzate. Ebbene, sì, ho proprio scritto scarsa personalità, perché se è vero che l’album è, almeno ufficialmente, un esordio, è altresì vero che da una vecchia volpe come Steph mi sarei aspettato qualcosa di…diverso. Adesso lo ripeto, a scanso di equivoci e per prevenire raffiche di insulti nei commenti: l’album è tutt’altro che brutto, e il voto qua sotto lo conferma, ma a mio avviso il suo eccessivo guardarsi alle spalle per tributare onori ai nomi grossi della scena black sinfonica (un esempio su tutti “Daemonius”) sminuisce un po’ le potenzialità degli ShadowThrone, che per fortuna trapelano comunque a più riprese durante l’ascolto. Se amate il black melodico ma non sopportate le eccessive ampollosità sinfoniche o le derive punkeggianti a cui molti gruppi si sono votati nel corso del tempo, allora dovreste dare una possibilità a “Demiurge of Shadow”: potreste rimanerne piacevolmente soddisfatti.

Le premesse per una bella carriera ci sono tutte, staremo a vedere come i nostri le svilupperanno!

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