Recensione: Demo

Di Damiano Fiamin - 12 Gennaio 2015 - 16:08
Demo
Band: Atlas Pain
Etichetta:
Genere: Folk - Viking 
Anno: 2014
Nazione:
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70

Prima prova in studio per il giovane combo degli Atlas Pain. Nome non certo famoso, ma che ha già avuto modo di farsi notare, sia grazie alle esibizioni dal vivo, specialmente nel milanese, sia grazie all’inserimento di uno dei propri pezzi all’interno dell’UMA Compilation 2014.

Il gruppo lombardo, fondato nel 2013 a seguito dell’impulso generativo del cantante, ha deciso di non perdere tempo e di mettersi subito alla prova dando alle stampe questo demo. Stampe figurate, in effetti, visto che il prodotto che abbiamo tra le mani esiste solo nel mondo digitale. In compenso, il quartetto mette gratuitamente a disposizione i suoi sforzi sul proprio sito ufficiale; pertanto, solo un click separa chiunque fosse interessato dalla possibilità di accompagnare la lettura di questa recensione con un’adeguata componente musicale.

Componente musicale che, non dubitate, andremo tosto ad analizzare: un rapido sguardo alla scaletta permette di intuire che il biglietto da visita di questi ragazzi è solamente un piccolo assaggio delle loro capacità, una panoramica generale per permetterci di farci un’idea dello stile della loro proposta musicale. Solamente quattro brani compongono questo demo, infatti: dopo l’introduzione strumentale, i nostri ci intrattengono con tre pezzi piuttosto apprezzabili, discretamente realizzati e caratterizzati da un certo brio. Oltre a “Once Upon A Time”, singolo già proposto nella già citata compilation, esempio di folk metal solido e potente, con melodie vivaci che fanno da contrappunto a un ritmo serrato, troviamo la massiccia “Annwn’s Gate”, contraddistinta da sonorità molto più pesanti e ruvide, più vicine a quelle dei Finntroll che a quelle degli Otyg. A fungere da spartiacque tra le due tracce, il divertente medley di “Foreign Lands”, un omaggio alle colonne sonore di alcuni famosi film, un intreccio che spazia dal Signore degli Anelli a Jurassic Park, passando per i Pirati dei Caraibi.

Prova interessante questa degli Atlas Pain. Sebbene una qualità di registrazione non proprio eccelsa penalizzi notevolmente alcuni aspetti della produzione (basti pensare alle parti vocali del mastermind e alla batteria di Contini), il risultato complessivo è più che apprezzabile; del resto, questo genere di opere non si può certo valutare per la purezza dei suoni. Tra le quattro tracce non è difficile cogliere degli spunti piuttosto interessanti, dei semi promettenti che, se ben coltivati, potrebbero facilmente permettere alla giovane band quel salto di qualità in grado di separarla dalla marmaglia indistinta dei mille progetti simili che affollano le sale prove del nostro paese. I punti di forza di questo esperimento sono l’energia e la varietà della proposta. Sicuramente, un eventuale ulteriore disco che riuscisse a conservare questi elementi e, nel contempo si distaccasse in maniera più netta da quei Numi ispiratori sul cui solco, esplicitamente, si collocano i lombardi, sarebbe davvero molto intrigante.

Le incognite sono tante, ma non mi pare che ci siano ostacoli insormontabili. Se i nostri ragazzi hanno almeno metà della passione che traspare dalle quattro tracce che abbiamo appena analizzato, le possibilità di ascoltare presto qualcosa di interessante sono veramente molto elevate. Aspettiamo pazienti.

Damiano “kewlar” Fiamin

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70