Recensione: Down To Timavo

Di Tiziano Marasco - 16 Maggio 2014 - 1:57
Down To Timavo
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Anno: 2014
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72

…e superare la fonte del Timavo,
che con nove bocche in un gran mormorio erompe dai monti  
e sonante attraverso i campi al pelago giunge.

(Verg., En., Lib. I, VV 244-246)
 

Il Timavo è indubbiamente uno dei film più fantastici d’Italia, sebbene vi scorra per soli due chilometri. Oltre ad attraversare ben tre stati a dispetto di 80 kilometri di corso infatti  (Croazia e Slovenia oltre all’Italia), per oltre metà della sua lunghezza il fiume scorre sotto terra, dando origine a una serie spettacolare di grotte, risorgive e fenomeni carsici vari. Il fiume infatti attraversa sottoterraneo tutto il Carso, prima di sfociare nell’Adriatico vicino a Trieste.  Il fiume è fonte di ispirazione artistica fin dall’antichità. Virgilio lo cita per ben tre volte, ma non è l’unico.

Ora voi capirete, dato il sito su cui ci troviamo, che il fiume in tal sede ha ispirato un gruppo metal. Trattasi dei veronesi Moto Armonico, autori di questo interessante concept dal titolo Down to Timavo. Da quanto scritto nel booklet, “Le grotte del fiume Timavo rappresentano il punto più buio, la radice del male e al contempo la soluzione per emanciparsi.”

A prescindere, urge dire che si tratta quasi di un autoprodotto (la Andromeda Relix è diretta da uccio Grezzar, mastermind dei Moto Armonico), ma di un autoprodotto di gran spessore, a cominciare dal meraviglioso, coloratissimo artwork di Martina Campoli. Ricordo che quando ero a scuola e ci portavano in gita al Timavo, tutto potevano sembrare quelle grotte, ma non qualcosa di così sfavillante di luce – a guardare l’artwork par d’essere ad Aglarond.

Ma venendo al disco, che cosa abbiamo tra le mani? Si tratta di un progressive metal decisamente moderno e vivace, che ha nei Dream Theater il principale fulcro di ispirazione. Down To Timavo risulta infatti essere un curioso miscuglio tra la produzione novantiana dei Newyorkesi e quella estremamente recente, da A dramatic Turn of The events in qua.  In particolare, una canzone come The Shadow, sembra davvero uscita dall’incontro tra l’epicità di Metropolis Part II e l’oscurità di Awake.

Differenze ad ogni modo ve ne sono, poiché i nostri, nel complesso, si fanno portatori di un sound meno leggero e non si avventurano in lunghi passaggi strumentali. Ne consegue che le dodici tracce sono di durata piuttosto contenuta, salvo un paio di episodi, e di assimilazione relativamente più semplice. Arcana, Ipnotic Snake e Revolution si arricchiscono ad esempio di vari elementi ottantiani e non arrivano ai quattro minuti, risultando decisamente coinvolgenti.

Oltre a ciò è da segnalarsi il passaggio al cantato in inglese, affidato a Luca Adami, anch’egli molto simile a James La Brie, sebbene si muova sulunghezze d’onda meno fastidiose (se siete tra i detrattori del canadese amerete quest’uomo). I testi in inglese, ad ogni modo, si fondono assai bene alla musica e al concept dell’album, che adatta il corso del Timavo all’animo umano. Lungo l’arco del disco l’ascoltatore viene infatti guidato in un viaggio nell’animo umano, in cui le emozioni più cupe sono trasposte nella title track, meravigliosa nei suoi nove minuti, che corrispondono proprio al corso sotterraneo del fiume.

In sostanza un disco estremamente ben fatto e godibile. Se da un lato l’unico neo è quello di assomigliare troppo ai Theater, dall’altro non si può che elogiare l’aria internazionale che si respira lungo tutto il consept. I Moto Armonico danno forma alla loro musica con incredibile sapienza. Non di meno, in questa musica riescono davvero ad infondere le proprie emozioni. Ce ne capitassero di più di band così.

Tiziano “Vlkodlak” Marasco

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