Recensione: Dragged

Di Nicola Furlan - 11 Ottobre 2010 - 0:00
Dragged
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Anno: 2010
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87

Ricordo quanto rimasi piacevolmente colpito quando, nel 2006, uscì sul mercato “Insanity”, esordio discografico della thrash metal band scaligera Ground Control.

Non che quell’album fosse un capolavoro, né tantomeno che aprisse nuovi scenari alla rinascente scena thrash metal internazionale, ma qualcosa bolliva in pentola. Se ne percepiva il calore. Sarà stata (senza presunzione!) l’esperienza di tantissimi anni a macinar vinili e CD thrash, sarà che ho iniziato ad ascoltare questa musica a fine anni ottanta e fu subito colpo di fulmine. Fatto sta che qualcosa di accattivante, di vero ed endemico colpì nel segno i miei istinti emotivi. E non nascondo che un po’ di sconforto cominciò a germogliarmi dentro quando, anno dopo anno, non vedevo il tanto agognato seguito di una band nostrana su cui avevo davvero puntato gli occhi e nutrito curiosità.

Immaginerete il piacere che ho provato nel sentire che Punishment 18 Records, ancora una volta, ha deciso di scommettere su questo brillante quintetto. Scommessa vinta, anzi stravinta! Chi mi conosce sa che raramente mi permetto di elargire valutazioni troppo larghe. Un po’ perché sono oggettivamente in difficoltà nella critica di dischi di cui non ho seguito neanche uno step compositivo e produttivo; un po’ perché il voto è pur sempre un numero, ma anche una incombenza che mi tocca. Bene, vi garantisco che avrei voluto calcare ancora un po’ di più la mano in quanto, arrivati a fine settembre, “Dragged”, a parer mio, si colloca sul podio delle più valide pubblicazioni thrash del 2010 e più precisamente sul terzo scalino, subito dietro Heathen e  Overkill che, rispettivamente con “Evolution of Chaos” e “Ironbound”, hanno certificato la rinascita del thrash metal puro dopo il collasso di inizio anni novanta.

Così come i Maestri citati, anche i Ground Control sono riusciti nel difficile compito di elevare la qualità compositiva a livelli davvero alti senza scadere nella patetica ripresa degli stilemi che hanno reso splendente il glorioso decennio 1982/1992.
“Dragged” dura solo 37 minuti e in esso concentrano dieci brani (“Intro” e “Outro” compresi) di thrash innovativo, oscuro, profondo e ispirato. Non scorre suono gogliardico, né tantomeno ascolterete ridondanti autocitazioni filler. No, nulla di tutto questo. Ascoltare “Dragged” significa partire per un viaggio ossessivo in cui rassegnazione e tensione s’alternano inesorabilmente stancando, emotivamente, chi ascolta.
Le ritmiche sono varie e curate, tolgono il fiato nei momenti in cui si deve enfatizzare un accento. Le copiose iniezioni di post thrash si sposano alla perfezione alle cavalcate collimanti in sezioni soliste eleganti. La sofisticata voce di Marco Vighini interpreta con piglio infervorato il martellante drumming e s’uniforma con esemplarità alle dinamiche armoniche che contraddistinguono un riffing esclusivo e diretto. Per dirla in due parole, il complessivo messo in opera da questi ragazzi costituisce una vera quintessenza per l’intero movimento thrash contemporaneo grazie al mood impenetrabile che prende vita da brani come “Lost”, “Wasted”, “Days in Rage”, “Leave Me Alone”, vere chicche meritevoli di citazione. A notar bene, sono proprio i brani finali a coinvolgere: segno che non è stato necessario ricercare un pezzo d’impatto in apertura quanto il comporre semplicemente un lotto di canzoni vincenti, una più dell’altra.

Certo, a sentir qualche parere stimato, ci si lamenta dell’artwork sempre così indecifrabile ed enigmatico, qui come sul primo disco ma, per mio conto, anche la scelta grafica è degna di rispetto in quanto denota temperamento oltre che un’ottima integrazione al climax colto dall’ascolto.

La produzione è un altro fiore all’occhiello di “Dragged” in quanto corposa e compatta, pesante nelle distorsioni e per tal motivo in grado di impattare contro l’ascoltatore fin dai primissimi accordi.

Punti deboli ben pochi. A voler cercar il pelo nell’uovo (mi perdoneranno i positivisti) un po’ di spinta progressiva in certi passaggi non avrebbe guastato; laddove alcuni refrain si ripetono con insistenza si sarebbe potuto indovinare qualche inaspettato cambiamento ritmico/melodico più ricercato. Ma, alla luce dei fatti, stiamo raschiando il fondo del barile. Trascinamento a lungo termine garantito.

Nicola Furlan

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Track-list:
01. Intro        
02. Pray & Die    
03. Lost        
04. Breath        
05. Final Solution    
06. For What?        
07. Wasted    
08. Days in Rage        
09. Leave Me Alone        
10. Outro    

Line-up:
Marco Vighini: Voce
Fabio Cavallaro: Chitarra, Backing Vocals
Giovanni ‘Yngwie’ Scardoni: Chitarra
Giovanni Raddi: Basso, Backing Vocals
Fabio Perini: Batteria
 

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