Recensione: Ego Dominus Tuus

Di Yuri Fronteddu - 28 Dicembre 2014 - 9:30
Ego Dominus Tuus
Band: Nightbringer
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2014
Nazione:
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58

Quarto full-length per gli esoterici Nightbringer, black metal statunitense proveniente da Green Mountains Fall, una delle mete più lussureggianti della Contea di El Paso, in Colorado. Questa release è sottoscritta da una strabiliante Season of Mist, in grado di aver individuato un notevole rovescio della medaglia da parte del gruppo.

L’album è un buon compendio fra il primo filone atmospheric black di “Death and the Black Work” (2008) – ulteriormente esplorato dalla traccia “To Will”, presente nello split “On the Power of the Sphynx” (2010) – e il secondo filone doom black di “Hierophany of the Open Grave” (2011). Per fornire al lettore qualche ulteriore coordinata musicale, potremmo aggiungere che, anche se lontanamente, “Ego Dominus Tuus” assomiglia a una sorta di fusione fra gli storici norreni Emperor e i greci Acrimonious.
L’album si compone sia di pezzi black, dominati da atmosfere morbide e cattive, che da brani dark ambient, completamente immersi in sfere di influenza più funebri e ritualistiche. In questo decagono musicale prevale una giustapposizione fra violenza forastica ed un’armonia misteriosa. La prima è simboleggiata dallo scream di Ophis ed il growl di ar Ra’d al Iblis uniti al doppio pedale dietro le pelli di un timido Menthor (che in questa release poco si sbilancia, al contrario del secondo full, “Apocalypse Sun” (2010), in cui era anche troppo presente questa tecnica). La seconda, invece, è tatticamente inserita da Naas Alcameth, in modo da regalare all’ascoltatore dei pezzi uno sporadico suono di tastiera all’interno di una circonferenza black/death in chitarra, basso e batteria.

Questo nuovo intento evolutivo, però, è riuscito solo in parte ai Nightbringer, poiché non si sono probabilmente resi conto che la composizione e la produzione dei lunghi pezzi risulta troppo artificiosa e, in un certo senso, elitaria. Ridondanze e monotonia colpiscono gran parte dei pezzi, privi di un’estensione ideale dal punto di vista del variare un po’ la distinta capacità tecnica. Per questo soffermarsi su ogni singola traccia equivarrebbe a dare un po’ la stessa descrizione. Non si può negare, tutto sommato, che sia un buon disco, orecchiabile e ottimo sotto il profilo prettamente tecnico, ma i Nightbringer hanno decisamente ancora qualcosa da sistemare.

Yuri Fronteddu

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