Recensione: Enigma: Intermission II

Di Vladimir Sajin - 1 Novembre 2018 - 0:01
Enigma: Intermission II
Band: Stratovarius
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2018
Nazione:
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55

Dopo quasi trent’anni di carriera siamo giunti al secondo intermezzo degli Stratovarius, intitolato ”Enigma: Intermission II”. Trascorsi tutti questi anni gli Stratovarius si sono guadagnati un ruolo di istituzione a livello mondiale nell’ambito Power Metal e Metal in generale. Hanno guidato la schiera di fan in continuo aumento dalla notte dei tempi, dopo un antico crepuscolo ci hanno fatto immergere nel loro Spazio dei Sogni, trasportandoci nella Quarta Dimensione attraverso un esotico ed enigmatico Episodio, provocando molte Visioni misteriose e premonitrici che hanno forgiato il nostro Destino, rivelando l’essenza effimera e Infinita della nostra anima e del nostro pianeta, governato da più Elementi che generano vita, ma che potrebbero anche volgersi contro di noi spazzando via tutto ciò che è stato creato finora. Rimasti privi della linfa vitale che li caratterizzava fino a quel momento, hanno lasciato intatto il loro nome ma cambiato la sostanza stessa degli Stratovarius. Orfani quindi del loro padre fondatore, i nostri eroi non mollano, e rinascono dalle ceneri come una fenice, inseguendo la loro Stella Polare, che li porterà finalmente verso una ritrovata beatitudine nei Campi Elisi personali, dove finalmente ritroveranno loro stessi e la pace dei sensi. Ma proprio quando riusciamo a guardare nella profondità della nostra essenza, scopriamo i nostri demoni interiori, la nostra Nemesi, che ci stravolge, ci fa riflettere su ciò che siamo veramente, scoprendo nuovi aspetti della nostra natura, fino ad allora sconosciuta. Dopo un viaggio così lungo, durato decine e decine di anni, che sembrano secoli, la nostra epopea si conclude con un’ultima saga perduta dei guerrieri senza tempo, che hanno inciso il loro nome nell’antica sala della fama per l’Eternità.

 

Abbiamo così percorso un fantastico viaggio di trent’anni sotto lo stendardo degli Stratovarius, che ci hanno regalato alcuni dei capitoli più belli della storia del metal e dalla musica in generale. Questo lunghissimo viaggio era già stato interrotto da un intermezzo, “Intermission”, nel 2001, a cavallo traInfinity” ed “Elements”. Un prodotto pensato soprattutto per i fan, con il gruppo che si prendeva una meritata pausa dopo anni e anni di uscite discografiche ed estenuanti tour in tutto il globo. All’epoca la pausa ebbe un effetto benefico, considerando che i due “Elements” che ne seguirono sono probabilmente gli album più maturi e completi di tutta la loro discografia. Quel primo “Intermission” è stato un lavoro ben fatto, gradito sia dai fan che dalla critica, che ha raccolto diverse cover e brani mai pubblicati prima, ed è riuscito a convogliare in sé la vera anima della band di quegli anni. In questo secondo tentativo, invece, in ”Enigma: Intermission II”, non troviamo nulla di tutto ciò, tanto che può essere considerato un autentico passo falso dei nostri beniamini. Da quando è stato annunciato, questo secondo intermezzo ha avuto tutte le carte in regola per essere un bellissimo passaggio musicale. Le attese erano tante e molto positive in vista dei tre brani assolutamente inediti, quattro brani in versione orchestrale, e molti pezzi rari o mai pubblicati prima su CD. Purtroppo, il risultato finale non è assolutamente all’altezza di tali aspettative. Ma andiamo con ordine, e partiamo dai tre brani inediti. Il brano d’apertura, che porta il nome di questa uscita discografica, ‘Enigma’, è una canzone che contiene tutti gli elementi tipici degli Stratovarius, ma che risulta costruita a tavolino, come se fosse stata creata in “laboratorio”, risultando poco ispirata e con la sensazione di “già sentito” che ci perseguita dalla prima all’ultima nota del brano. Per fortuna con il secondo inedito ‘Burn Me Down’ viene leggermente rialzata l’asticella. Una traccia dal sapore decisamente più fresco, con una struttura più progressiva ed elaborata, che rispecchia in parte l’attitudine del gruppo degli ultimi anni. Il terzo e ultimo inedito risulta essere il più riuscito del lotto, si tratta di ‘Oblivion’, un lavoro più curato e ricercato, dove finalmente riusciamo a intravedere l’anima degli Stratovarius. Una canzone ricca di atmosfere, ottime melodie, e un Kotipelto ispirato e sul pezzo. Ottima iniezione di fiducia per i prossimi lavori della band.

 

Dopo aver trattato le tre tracce inedite, ci apprestiamo ora ad affrontare la parte più dolente di questo disco: le quattro canzoni in versione orchestrale. Credetemi, qui siamo ben oltre i “pezzi poco riusciti”, perché ad essere inspiegabile è soprattutto lo spirito e l’intenzione di questa rilettura, che toglie ogni fascino alle bellissime canzoni di cui portano i nomi. Parliamo di ottimi brani nella loro versione originale come ‘Fantasy’, ‘Shine in the Dark’, ‘Unbreakable’ e ‘Winter Skies’, che vengono completamente snaturate a causa di una semplificazione eccessiva e la rimozione di moltissimi elementi originali che componevano i vari brani, il tutto per nulla compensato dal suono dell’orchestra, decisamente non all’altezza. Lo stile scelto, poi, è decisamente pop, nulla a che vedere con l’intensità e la corposità che può regalare un brano metal. Sembra di sentire la colonna sonora di una scarsa fiction della Rai, oppure un arrangiamento che s’addice più a X Factor che a un ensemble come gli Stratovarius. La rabbia cresce maggiormente considerando soprattutto il fatto che in passato i Nostri sono riusciti a creare pezzi orchestrali da brividi e di tutto rispetto come ‘Mother Gaia’, ‘Infinity’, ‘Elements’ e i più recenti ‘If the Story Is Over’ ed ‘Eternal’, giusto per citarne alcuni. A questo punto, interdetti e increduli, passiamo ad analizzare la restante parte di questa uscita discografica. La porzione più corposa di questo disco è composta da tracce bonus, rarità e pezzi mai pubblicati in precedenza. La fascia temporale che raccoglie questi brani va dall’era post Tolkki ad oggi, cioè da ”Polaris” a ”Eternal”, dal 2009 al 2015. La media dei pezzi si attesta su un buon livello, con alcuni picchi sia in positivo che in negativo. Il tutto rispecchia l’appartenenza ai lavori da cui sono estratti e il rispettivo periodo storico. Degne di nota sono composizioni come la cupa e ispiratissima ‘Last Shore’ del periodo di ”Elysium”, la neoclassica e risoluta ‘Kill it with Fire’ estratta dalla versione giapponese di ”Nemesis”, e una bella cavalcata Speed Power Metal di vecchia scuola che troviamo in ‘Giants’. Infine, una bella sorpresa e un sussulto saranno garantiti ai vecchi fan della band da ‘Castaway’, che richiama alla mente ‘Black Diamond’. In chiusura troviamo una evocativa ballata acustica, ‘Old Man and the Sea’, traccia bonus dell’edizione limitata in vinile di ”Nemesis”.

 

Difficile valutare questo ”Enigma: Intermission II”. Proprio gli aspetti che avrebbero dovuto distinguere e rappresentare un punto di forza per questo lavoro, risultano essere invece il suo maggiore difetto. Tolti i tre inediti appena sufficienti e i quattro brani orchestrali da dimenticare, ci rimane solamente una compilation di canzoni scritte per gli album precedenti. Quindi, quello che c’è di meglio in questo platter è il materiale fatto negli anni passati, aspetto che fa trapelare la poca lucidità e l’approccio forse superficiale avuto dai Nostri nei confronti di questo lavoro. Elementi che non sono assolutamente degni del nome a cui fanno riferimento: Stratovarius. Un nome da difendere per il rispetto che si è meritato negli anni, e per il rispetto dei suoi innumerevoli fan sparsi su tutto il pianeta. Consci del fatto che questo capitolo ha un compito riempitivo, ed è sicuramente dettato più dai meccanismi del music business che dal volere della band. Un lavoro quindi pensato più per i suoi fan che per un vasto pubblico, ma proprio per il rispetto verso i fan questa prova avrebbe dovuto essere molto più curata. Ciò che critichiamo maggiormente è soprattutto la mentalità che risiede alla base di una tale pubblicazione. Ci auguriamo che questo intermezzo rispecchi il meno possibile il futuro degli Stratovarius e incrociamo le dita nella speranza che ”Intermission II” possa portarci un altro ”Elements” come fece all’epoca il primo ”Intermission”.

 

Vladimir Sajin

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