Recensione: Execration Diatribes

Di Daniele D'Adamo - 17 Febbraio 2017 - 0:00
Execration Diatribes
Band: Pestifer
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2017
Nazione:
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75

nomen omen locuz. lat. (propr. «il nome [è] augurio»; anche al plur., nomina omina o nomina sunt omina). – Frase latina con cui si esprime il concetto del valore augurale attribuito al nome. Si ripete scherz. per persone la cui sorte sembra conforme al significato del nome.

[http://www.treccani.it, Vocabolario on line, 2017]

Nel caso dei portoghesi Pestifer, il concetto di nomen omen – applicato però al contrario – calza a pennello: se esiste un limite per suonare death metal alla massima violenza e velocità umanamente possibili, il terzetto di Oporto c’è andato vicino. Molto vicino. Pestiferamente, vicino.

Il death metal dei tre indemoniati – altrimenti sarebbe difficile trovare un aggettivo che renda sì bene l’idea – è semplicemente mostruoso. Una grandinata di piombo fuso sulle gengive scoperte. Una mazzata sulla schiena da togliere il fiato. “Execration Diatribes” è l’arma nelle loro mani per compiere sfracelli. Death metal che trae origine dal thrash, soprattutto per ciò che concerne i micidiali riff di chitarra, poiché il drumming, tranne che in rare occasioni, è un continuo, spaventoso susseguirsi di blast-beats.

Praticamente un approccio contrario alla norma, che vede l’inoltro in campi così rarefatti della velocità solo in occasioni ben definite. 

Diogo Pereira, quindi, non deve pensarla certo così, ma deve essere parimenti supportato da un fisico adatto giacché, tranne che in occasioni che si contano sulla punta delle dita di una mano (incipit di ‘Awaken by Death’), la sua batteria è costantemente torturata onde superare sempre e comunque la velocità del suono. E, è bene sottolinearlo, senza che il suono stesso perda un’oncia di potenza. Davvero bravo.

Bravo anche Pedro Silva a cantare con un tono di voce che è… il suo. Niente growling, né screaming, o inhale. Semplicemente la sua voce, roca, brutale, urlata. Un po’ old school, anche se la band tira senza soluzione di continuità in direzione di un death abbastanza moderno. Ortodosso, certamente, ma non vecchia scuola.

Però, le parole sono davvero insufficienti, in questo caso, per riuscire a descrivere lo sfascio assoluto di song ultra-violente come l’impossibile ‘Riding the Storms of Hate MMXVI’, pazzesca randellata sui denti, capace di volare oltre la sfera del suono alla massima potenza possibile per oltre sette minuti di autentico massacro sonoro. Estasi da hyper-speed. Una delizia, resa possibile dall’indubbia competenza tecnica dei Pestifer, capaci di sondare le lande desolate dell’alta velocità senza perdere il filo del discorso.

È altresì evidente che una tale capacità di resistenza alla foga scarificatrice di brani quali la mostruosa ‘Confront Death’, disegna in modo piuttosto semplice l’andazzo di “Execration Diatribes”. L’obiettivo è chiaro e semplice: mietere più vittime possibili, musicalmente parlando, ovviamente. Del resto, poco importa. niente digressioni, niente sperimentazioni, niente evoluzioni.

Ferocia totale, e basta.

Che non è poco, quando tramutata in note con così tanta perizia e abilità: il che, per un album come “Execration Diatribes”, è comunque, come si suol dire, tanta roba.

Bravi (tutti)!

Daniele D’Adamo

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