Recensione: ExtermiNation

Di Eric Nicodemo - 22 Aprile 2015 - 8:00
ExtermiNation
Band: Raven
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2015
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
78

Alcuni complessi sono nati per la fama, altri invece rimangono leggende.

A metà anni Ottanta, i Raven mancarono l’appuntamento con il successo e la loro ascesa venne frenata da una major miope, che non seppe capire e puntare sulla vera forza dei Nostri. Una forza riconoscibile fin dall’esordio discografico: un heavy metal frenetico, abrasivo, imbastardito con il punk ed anabolizzato con una dose di aggressività straripante, messa in luce dal cantato nevrotico ed imprevedibile di John Gallagher.

Il tutto era completato dall’abbigliamento, che spaziava da semplici tute da ginnastica a maschere e protezioni da football e rugby, che, assieme alle infuocate esibizioni, portò la stampa ad indicarli come fautori dell’athletic rock (autocelebrato nella canzone omonima, inserita in “All For One”).

Ancora oggi la foga e il dinamismo del gruppo è un monito per molte band e, consci del loro status, il trio, dopo l’ottimo “Walk Through Fire” (2009), non vuole saperne di andare in pensione, sferrando questo “ExtermiNation”. Non c’è dubbio, si tratta di metallo vecchia maniera che, senza proporre nuove soluzioni, mostra un heavy atletico e muscolare, ma ancora in grado di dare un calcio alla noia e ai nostri pigri posteriori.

E lo fa alla grande con il rifferema attaccabrighe di “Destroy All Monsters”, dopato dalla chitarra pazza di Mark. Immancabile (ed irrinunciabile) l’interpretazione stralunata di John, che trasmette quella scossa idrofoba e sguaiata al Raven sound.

Rimane inalterato l’impatto del combo nell’incalzante “Tomorrow”, senza perdere terreno nelle parti più sincopate, piazzando il touchdown finale con l’assolo deragliante.

Il refrain di “It’s Not What You Got” si muove nervoso ed impetuoso come morso dalla tarantola, facendo la felicità di chi va pazzo per sonorità dirette e contagiose, a metà strada tra inni classici quali “Break The Chain” e il pirotecnico “On And On”. Di certo il brano over the top del platter!

Fight” riapre le ostilità sui campi rodati della NWOBHM, sparando un missile inarrestabile drumming/basso. L’arma segreta è però celata nelle incursioni soliste che Mark manda letteralmente in orbita, assieme ai nostri sensi.

Ancora atmosfere da panorama post-bellico in “Battle March/Tank Treads (The Blood Runs Red)”, dove la marcia dei corazzati avanza al suono di minacciosi vocals. Non meno battagliero il basso di John, la cui voce sprezzante è sempre a proprio agio nel costruire un suono crudo, viscerale, che delizierà i thrashers. Che dire? La miscela è ancora dannatamente efficace.

Se i Raven sanno fare bene una cosa è rendere il proprio inferno musicale: facile immaginarsi catastrofi e isteria distruttiva quando si ascolta “Feeding The Monster”, mentre le percosse di Hasselvander sembrano riecheggiare la frenetica voracità di Godzilla.

In “Fire Burns Within” batte un potente coro hard’n’roll. A dire il vero, tra le pieghe dei riff, si avvertono chiari rimandi al passato… chi ha detto “Rock Until You Drop”?

Il cantato acido e schizzatissimo si accentua in “Scream”, dove le bacchette martellano senza freni facendo franare il palcoscenico virtuale. Mai titolo parve più appropriato, laddove il ritornello urla e strepita acutissimo, aspetto che si dimostrerà deflagrante in veste live.

Per chi li ha visti dal vivo (come il sottoscritto) saprà cosa intendo: i Raven sono un’esperienza da vivere in loco, perché se i Motorhead erano e sono uno dei terzetti più devastanti, questi rapaci si piazzano subito dopo Lemmy & soci nella competizione. Lo stesso discorso vale per “One More Day”, che sa unire fustigate thrash (sentite i grugniti arcigni del trio) ad un refrain meno forsennato, con un pizzico di melodia stralunata.

Tutte cose che mi hanno sempre fatto apprezzare i Raven, capaci di mescolare sgraziata teatralità ed energia sguaiata. Guarda caso, “Thunder Down Under” possiede entrambe, come nella migliore tradizione del Corvo Imperiale. Il ritornello è spiccio e seminale, rifiuta il coro avvolgente mentre preferisce un boogie woogie alterato e ingigantito da chitarre pesanti e ritmica sconquassante, una sorta di hard rock suonato da giganti e dinosauri preistorici.

No Surrender” non riserva particolari sorprese mantenendo il ritmo su una serratissima caccia all’uomo.

E dopo questa corsa ci prendiamo un attimo di pausa con lo stacco acustico di “Golden Dawn”, anche questo un dettaglio tipico per chi ha ascoltato “39-40” o “20/21” (rispettivamente da “Rock Until You Drop” e “Wiped Out”).

In realtà, “Golden Dawn” è solo l’interludio alla guerra sonica di “Silver Bullet”. Cadenzata e battagliera, il vero cerimoniere qui è Joe, autore di un drumming instancabile, una vera e propria pioggia di proiettili d’acciaio.

Valicato il limite delle tredici tracce, si potrebbe avvertire un po’ di stanchezza e questo motivo giustifica l’inserimento dell’atipica “River Of No Return”, song dal fluire lento e lancinante. Come aggiunta, potrebbe risultare inusuale per gli affezionati ma tutto sommato non guasta. Piuttosto, manca qualcosa nel refrain per creare quel tocco di melodia avvolgente che avrebbe elevato il brano.

D’altronde, si tratta solo del finale di un album che ha dimostrato di saper offrire molto di più: il motto “rock until you drop” risuona ancora forte e stridente in “ExtermiNation”, un modus vivendi che non si è mai affievolito ed è sopravvissuto alle alterne fortune dei fratelli Gallagher. Questo è il senso dell’album, che non pretende di superare la sacra trilogia ma solo di perpetuare il mito con la stessa inossidabile carica.

Forse, non tutti i brani entreranno negli annali e si sente il peso di una tracklist corposa e di qualche ripetizione di fondo, ma vi assicuro che sentire dal vivo “Destroy All Monsters” o “It’s Not What You Got” sarà un’esperienza travolgente, non sfigurando accanto ai classici e nemmeno davanti alla concorrenza. Insomma, potete tranquillamente soprassedere su “River Of No Return”, visto e considerato che i Raven non sono bardi della melodia ma rissosi geni del blitzkrieg rock.

E a noi piacciono così.

 

Eric Nicodemo

MROS6215

 

 

P.S.: “Malice In Geordieland” è la bonus track dell’album ed esemplifica in musica il concetto di overdose da caffeina…

 

Ultimi album di Raven

Band: Raven
Genere: Heavy 
Anno: 2020
73
Band: Raven
Genere: Heavy 
Anno: 2015
78
Band: Raven
Genere:
Anno: 2010
78
Band: Raven
Genere:
Anno: 1991
78
Band: Raven
Genere:
Anno: 1982
90
Band: Raven
Genere:
Anno: 1981
85