Recensione: Free Land Of Zirconia

Di Damiano Fiamin - 6 Novembre 2012 - 0:00
Free Land Of Zirconia
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Anno: 2012
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Ma che…? Ok, magari tra di voi ci sono coloro abituati a sentire cose che gli altri non sentono e vedere quanto gli altri non vedono, magari vi divertite anche durante le lunghe discussioni con interlocutori che, cortesemente, non si palesano mai fuori dalla vostra testa. Nonostante tutto, non penso che riuscireste a mantenere la vostra faccia da giocatori di poker consumati una volta preso in mano il nuovo disco degli Avant-Gardener.
Già la copertina, che pare disegnata da un redivivo Hieronymus Bosch sotto acido, riesce sicuramente a catturare l’attenzione, in un florilegio di tacchini regali, uomini foglia e ornitorincosauri feroci che si danno battaglia su uno sfondo a tinte cremisi. Degno accompagnamento alla grafica, il testo che, a partire dai titoli dei brani, riesce a creare una trama d’insensatezza talmente ben orchestrata da farci tentennare. Forse, abbiamo già seguito le orme di Alice e ci siamo spinti dall’altro lato dello specchio. Forse, siamo solo impazziti; sarebbe di certo un sollievo, perché darebbe senso a molto di quello che ci apprestiamo ad ascoltare.
Ma chi sono questi novelli Lewis Carroll che vogliono condurci nel loro delirante Paese delle Meraviglie? Il quartetto di Parma è attivo dal 2005 e, nel corso degli anni, ha già pubblicato qualche demo ed EP. A quanto mi risulta, però, questa è la loro prima prova sulla lunga distanza. Con un nome del genere e un concentrato di follia così evidente nella parte visibile del disco, cosa pensate possano suonare questi ragazzi? Avant-garde? Folli…sarebbe tutto troppo coerente, non credete? Progressive? Psichedelia? Quanti cliché…No, cari miei: a dare ispirazione al gruppo sono artisti come Kyuss e Queens Of The Stone Age. Stupiti? Sebbene nel metal sia spesso lecito giudicare un libro (e un CD) dalla copertina, non è questo il caso: preparatevi pertanto a chitarre distorte e sporche che graffiano riff veloci e si impastano su linee vocali potenti e catarrose, siamo pronti ad avventurarci a Zirconia!

Nonostante le premesse di incredibile follia e delirio, l’esecuzione tecnica dell’album è abbastanza canonica: mentre le chitarre macinano rapidamente accordi ruvidi su una base ritmica convulsa, la voce ruggisce feroce, srotolando testi cinici e privi di ritegno in cui risplende nuovamente tutta la vena allucinata del gruppo. I quaranta e rotti minuti di esecuzione scorrono veloci, il CD è coinvolgente e ci si trova in più di un’occasione a scapocciare ossessivamente per accompagnare le cavalcate più energiche della produzione. Sebbene non ci siano soluzioni particolarmente innovative per quanto riguarda i fraseggi o i riff di base, il risultato complessivo non è sgradevole; al contrario, si ha quasi l’impressione che venga spesso ricercata la trovata a effetto sicuro, la certezza di mettere piede su un terreno fertile e trovare un ascoltatore compiacente. Nulla di male, per carità, ma forse la band avrebbe potuto osare qualcosa di più, soprattutto perché in alcune occasioni dimostra di avere le carte in regola per tirare fuori qualche coniglio dal cilindro.

Prendiamo per esempio Shit On You Crazy Zirconian, in cui acide dissonanze sonore si mischiano a fraseggi duri e massicci, che fanno da ponte a un coro dal sapore epico, in un crogiuolo variegato che riesce a coordinare momenti rapidi a rallentamenti ritmici senza perdere un colpo. Come esempio negativo, vorrei citare Horse Sweet Horse; non per sue particolari pecche a livello tecnico ma perché, arrivati a metà del disco, si para innanzi come un concentrato di quanto già ascoltato fino a quel momento, una specie di specchietto riepilogativo che quasi infastidisce per la sua ripetitività. Poco cambia fino alle ultime due canzoni, in cui i nostri decidono di stupirci ancora una volta. La nona traccia senza nome, è una morbida ballata, onirica e ovattata, basata su un racconto di Jorge Luis Borges, un brano che si pone in antitesi completa a quanto ascoltato fino a questo momento. A chiudere il CD, Helter Skelter. Ovviamente, a meno di non aver vissuto sotto un sasso di Zirconia, conoscerete già il classico dei Beatles e, probabilmente, almeno una delle sue innumerevoli cover. Accodandosi ad artisti come Mötley Crüe e Aerosmith, gli Avant-Gardener omaggiano il quartetto di Liverpool reinterpretando il brano secondo il loro stile. Ancora una volta, un risultato che non porta niente di nuovo alla Musica con l’iniziale maiuscola, ma che, di certo, rimane divertente e strappa un sorriso.

Qual è il responso finale? Se avete letto fin qui, probabilmente vi sarete già fatti un’idea. Free Land Of Zirconia è un disco con alti e bassi, un’idea felice che, purtroppo, viene zavorrata da una struttura spesso farraginosa o scontata. La veloce e sfrontata sbruffoneria dei pezzi e la divertente demenza dei testi fanno da contrappeso a soluzioni ritmiche troppo frequentemente reiterate e a riff non propriamente innovativi. Nonostante le ombre, però, sono gli aspetti positivi a prevalere e il prodotto finale risulta convincente e coinvolgente. Per il futuro, però, i quattro di Parma dovranno sedersi a riflettere: fare qualcosa di più e riuscire a distinguersi non solo per le atmosfere surreali dei propri album o, piuttosto, finire nel grigio amalgama dei milioni di gruppi esordienti che ci vengono portati all’orecchio dall’enorme cassa di risonanza della Rete?

Damiano “kewlar” Fiamin

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Tracce:
1. The Hornet
2. Scroll-Bee-Low
3. Shit On You Crazy Zirconian
4. Sgt. Peacock And The Crow
5. Horse Sweet Horse
6. Bear-Belly
7. Sheep, Ostrich
8. Little Mice (I Don’t Want No God)
9. – senza titolo –
10. Helter Skelter

Formazione:
Nelson Melodico (chitarra – voce)
Zircone Merda (chitarra – voce)
Vanga Scrofa Meccanica (basso)
Neruda Piovani (batteria)
 

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