Recensione: Furor Gallico

Di Damiano Fiamin - 16 Agosto 2011 - 0:00
Furor Gallico
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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75

Un’importante premessa: quest’album è la ristampa dell’omonima autoproduzione che il gruppo aveva pubblicato solo un anno fa. In un così breve lasso di tempo, questi ragazzi sono riusciti ad attirare l’attenzione di una grande etichetta e si sono preparati per dare l’assalto al mondo della musica. Italianissimi, si sono fatti le ossa sul palco, con un numero di esibizioni davvero cospicuo, concerti in cui hanno fatto conoscere all’ambiente del folk metal il loro manifesto musicale, caratterizzato da sonorità piuttosto varie, più vicine a quelle degli Eluveitie che a quelle dei cugini Folkstone. Come in ogni gruppo folk che si rispetti, sono molti gli strumentisti che contribuiscono con la loro fatica alla realizzazione del disco; in questo caso, ben otto persone si uniscono per portare le loro energie al progetto, otto musicisti a cristallizzare una formazione che, nel tempo, ha visto numerosi rimaneggiamenti. Oltre al canonico affiancamento di strumenti elettrici e medievali, i Furor Gallico portano in dote un cantante versatile, in grado di alternare senza problemi parti pulite a cupi growl, passando per lo scream più tagliente. Fin qui, la storia; com’è, in effetti, questo biglietto da visita per la scena internazionale? 

Dopo l’allegro strumentale di apertura, l’ascoltatore viene trasportato nel bel mezzo di una festa celtica: Venti Di Imbolc è caratterizzata dall’alternanza stilistica del cantato di Pagan, sapiente mescolatore di inflessioni vocali, e da un passaggio continuo tra strumenti musicali più pesanti e i loro fratelli acustici. Cambio di idioma per Ancient Rites ma la sostanza rimane la stessa: un bel pezzo folk metal, tirato al punto giusto, dalle vaghe reminiscenze eluveitiane, in cui vengono riproposti gli stessi elementi della canzone precedente ma con sonorità decisamente più aggressive e pompanti. Decisamente celticheggiante anche Cathubodva, arpe, violini e chitarre distorte martellano con possanza l’ascoltatore, fino al piacevole interludio rilassato, un bell’arpeggio armonioso che ci rilancia verso la parte conclusiva del pezzo, un ritorno graduale alle più pompante parte iniziale. Bella l’introduzione di The Gods Have Returned, farà contento più di un fan delle sonorità più medievaleggianti, giusto punto di lancio per un pezzo dal sapore più epico, tematiche battagliere e ritmo più solenne, si avverte l’influenza dei Falkenbach nella costruzione dell’intelaiatura del brano. Apertura eterea e trasognata per Golden Spiral, strumentale rilassato, una boccata d’aria dopo la veemenza che ha caratterizzato la prima parte del disco. Avete goduto del momento di rilassamento? Bene, di nuovo sul campo di battaglia con Curmisagios, brano in dialetto caratterizzato da un ritmo velocissimo e ballabile, un’altra festa pagana intorno al fuoco, levate i calici e lanciatevi! Miracolous Child è un pezzo più simile ai brani d’apertura: voce che si destreggia tra growl roboanti e scream affilati, sezione ritmica pulsante; mentre gli strumentisti elettrici si esibiscono in fraseggi aggressivi, i loro compagni acustici si dedicano a piacevoli inserti medievali, con una parte mediana più lenta seguita da una ripresa più sostenuta. Medhelan è un altro tributo al folklore nostrano; sebbene non si possa evincere dal titolo, è cantato da Pagan in lingua madre. Tutto sommato, è uno dei brani meno interessanti dell’intero disco, i riff tendono a ripetersi troppo a lungo con troppe poche variazioni sul tema; se fosse stato più breve non sarebbe stato un problema, ma il pezzo si protrae per oltre sei minuti. Bright Eyes è un altro strumentale che ci trasporta direttamente nelle verdi pianure irlandesi (padane?), flauti e strumenti a corda regnano incontrastati per quest’omaggio agli dei del folk. La traccia successiva è sicuramente uno dei punti più elevati dell’intero album: La Caccia Morta potrebbe essere un pezzo scritto da Branduardi durante un ipotetico periodo metal, melodie medievali e accattivante fanno da contraltare a riff decisi che premono con insistenza sui padiglioni auricolari, in un crescendo inarrestabile che lascia esausto l’ascoltatore. E’ ancora la contrapposizione tra flauti e chitarre, arpa e batteria, voce pulita e più cupa a delineare le caratteristiche salienti di Banshee, brano che non aggiunge nulla a questo disco ma non sminuisce certo quanto già ascoltato. Chiude il disco The Glorious Dawn, brano dai ritmi più ripetitivi rispetto ai suoi fratelli, di più difficile digestione ma in grado di rivelare le sue potenzialità dopo qualche ascolto; probabilmente penalizzato dalla sua posizione in scaletta, sarebbe stato più godibile nella parte mediana del disco.

Questo debutto ufficiale è una conferma della bontà della proposta musicale dei Furor Gallico; certamente capaci, hanno realizzato un disco di buon livello, in cui le luci superano sicuramente le ombre. Pezzi come Ancient Rites e La Caccia Morta sono ottimi indizi del livello che questi ragazzi potrebbero raggiungere; la firma con una grande etichetta è un’ottima base di partenza, ma non è questo il momento di adagiarsi sugli allori. Alcuni brani del disco sono troppo ripetitivi e banali; visto che il gruppo di Monza ha dimostrato di saper scrivere anche pezzi dalla struttura originale e personalissima, non vedo perché non sia possibile sperare in un’ulteriore crescita a livello compositivo. Se vi piacciono le sonorità folk metal, consiglio caldamente di fare vostro quest’album! Se, invece, non siete dei fan di amalgama celtiche in terra nostrana, lasciate stare, Pagan e soci si occupano di questo e lo fanno anche piuttosto bene!

Damiano “kewlar” Fiamin

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Tracklist:

  1. Intro
  2. Venti Di Imbolc
  3. Ancient Rites
  4. Cathubodva
  5. The Gods Have Returned
  6. Golden Spiral
  7. Curmisagios
  8. Miracolous Child
  9. Medhelan
  10. Bright Eyes
  11. La Caccia Morta
  12. Banshee
  13. The Glorious Dawn

Formazione:

  • Pagan: Voce
  • Ste: Chitarra, cori
  • Oldhan: Chitarra, cori
  • Fabio: Basso
  • Paolo: Flauti, Bouzouki
  • Becky: Arpa, Voce
  • Laura: Violino
  • Simo: Batteria

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